
Hakim El Karoui, consulente dell'Eliseo, invita il presidente a tornare protagonista nelle ex colonie: «Facciamo al Sud quello che la Germania ha fatto all'Est». Cioè moneta unica e dominio economico. Niger e Tunisia dicono di non volere i nostri soldati.Quest'inverno Emmanuel Macron ha fatto la sua comparsa inaspettata in Medioriente. Ha cercato di guadagnarsi il titolo di mediatore in Libano e pure in Arabia Saudita. Dopo pochi mesi è arrivato anche il cambio improvviso di linea nel Magreb e nell'area subsahariana. Più che un cambio, un ritorno alle vecchie tradizioni coloniali. I primi sentori si sono avuti quando il governo di Niamey, in Niger, ha ripetutamente definito inopportuna la presenza dei 400 militari italiani. Ieri ad alzare la tensione è stata la Tunisia, la quale ha fatto sapere che l'invio di 60 uomini italiani, nell'ambito della missione Nato, non sono né necessari né graditi.Il supporto italiano nella costituzione di un comando di brigata (richiesto dal governo tunisino) e il rafforzamento delle capacità interforze nel controllo delle frontiere e nella lotta al terrorismo in Tunisia, dunque, rischiano di essere annullati. Nonostante i cinque milioni di euro con cui la missione era già stata finanziata. La nostra Difesa ha prontamente smentito. Basta però unire i puntini per capire che l'Italia è costretta settimana dopo settimana a battere in ritirata con il rischio che presto debba lasciare il continente africano. La strategia francese in atto è chiaramente sintetizzata in un documento da poco reso pubblico dall'Institut Montaigne a firma di Hakim El Karoui, consulente tecnico di Emmanuel Macron sui temi dell'islam. In sette pagine il filosofo economista (a lungo inquadrato in banca Rothschild) traccia la linea di crescita della Francia verso il Sud. La premessa spiega che negli ultimi anni Parigi ha perso smalto, influenza e di conseguenza lucidità nella propria strategia. Di conseguenza El Karoui suggerisce di attivare tre linee operative. La prima prevede lo sviluppo economico di teritori come il Niger e il Mali con i quali sarebbe bene chiudere un accordo simile a quello che l'Ue ha stipulato con la Turchia. Denaro in cambio di gestione dei migranti. In sostanza, la Francia in rappresentanza dell'Ue, dovrebbe fornire sostegno economico ai governi del Sahel per trattenere i flussi di immigrati. Il secondo pilastro è di lungo respiro e prettamente economico. Dopo aver smantellato l'Ufm, unione per il Mediterraneo, la Francia mira a creare organizzazioni bilaterali che stringano rapporti su singole tematiche industriali (turismo, automotive, aerospazio) fino a raggiungere ipotesi di unificare gli scambi commerciali con una valuta simile al franco Cfa. Infine c'è il tema della sicurezza. Il terzo pilastro è anche il primo obiettivo da raggiungere in un arco temporale che non deve superare il 2018. Il consigliere franco-tunisino mette nero su bianco la necessità di rafforzare il rapporto tra intelligence francesi e magrebine e soprattutto ricostruire la struttura di quella di Tunisi che dopo la primavera araba è andata distruggendosi progressivamente. «L'Algeria deve essere ancora convinta ad approcciare la cooperazione geografica e servono altri sforzi per unificare l'intelligence libica». Appare dunque patente che lo spazio per il nostro Paese si riduce. L'attivismo aggressivo di Parigi ostacola lo spazio vitale di Roma. Anche quando El Karoui cita un altro Paese europeo, non fa mai alcun cenno all'Italia. Si limita a vergare un farse che vale più di mille tomi. «La Francia dovrà fare con il Sud, quello che la Germania ha fatto con l'Est», si legge.A questo punto si spiega anche perché i nostri militari non sono più benvenuti né in Niger, né in Tunisia. Finirebbe con il minare la nuova grandeur d'Oltralpe. La politica «dell'hinterland», come la chiama il consulente dell'Eliseo. Un condominio che si chiamerà Mediterraneo ma solo con la pronuncia francese. Sarebbe il caso che il Parlamento che si è appena insediato cominci a discutere di tale strategia, altrimenti finirà che gli italiani scopriranno delle ulteriori mire di Macron quando sarà troppo tardi. Come stava per accadere con il trattato di Caen, firmato da Paolo Gentiloni nel 2015, che prevede la cessione di mare pescoso e di concessioni petrolifere nei pressi della Sardegna.Leggi qui il documento A New Strategy for France in a New Arab World.pdf
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






