
Bloomberg conferma: la Casa Bianca ha dato l'ok al bombardamento su Tripoli. Un modo per assecondare l'Arabia in manovra sui prezzi del greggio. Bengasi accusa i nostri soldati di prendere le parti di Misurata.In seguito allo stop totale all'import petrolifero dell'Iran, con tanto di mancato rinnovo delle esenzioni a otto paesi, Italia compresa, e alla crisi venezuelana, la Libia è una pedina centrale nello scacchiere geopolitico ed energetico nella mente di Donald Trump. L'instabilità nel Paese nordafricano, colpito dal conflitto tra le forze governative di Fayez Al Serraj e quelle dell'autoproclamato esercito nazionale libico di Khalifa Haftar, mina il piano del presidente degli Stati Uniti per portare a zero le esportazioni iraniane e venezuelano di greggio. Ieri l'oro nero in versione brent ha sfondato il muro dei 75 dollari al barile per la prima volta dall'ottobre scorso. Mercoledì era stato petrolio Wti ad arrivare ai massimi da sei mesi. L'obiettivo dell'Arabia Saudita e degli altri Paesi dell'Opec è arrivare a prezzi attorno agli 80 dollari al barile per raggiungere i loro obiettivi di budget. Lo stop di Washington al greggio iraniano è infatti un assist a Riad, che in questo modo potrà aumentare la sua produzione. Inoltre, grazie alla crescita dei prezzi del petrolio, avrà vita ancor più facile ad attrarre investitori internazionali per la maxi offerta pubblica iniziale di Saudi Aramco, la compagnia nazionale saudita di idrocarburi, che le autorità saudite continuano a rimandare proprio a causa dei corsi ribassisti del barile. Secondo gli analisti di Raymond James & Associates Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi «aumenteranno la produzione prima del previsto per il calo delle forniture iraniane».Il prezzo dell'oro nero, aumentato di oltre il 30% da inizio anno, potrebbe continuare a salire. Almeno fino a quando non raggiungerà quota 80. È in quel caso che anche la crisi libica, scatenata dall'attacco lanciato da Haftar sulla capitale Tripoli lo scorso 4 aprile, potrebbe rientrare. Gli alleati del generale potrebbero convincerlo a cessare il fuoco. In cambiò, però, il leader della Cirenaica chiede un ruolo di primo piano sia nella Noc, la compagna petrolifera di Stato, sia nella Banca centrale libica. È, infatti, da questi due snodi che passano i soldi del petrolio libico. Due snodi in cui Haftar vuole inserirsi dopo aver conquistato, con l'avanzata di febbraio e marzo nel Fezzan, il controllo su buona parte dei giacimenti della Libia.La corsa del barile non impressiona Eni, tantomeno ispira cambi di passo all'amministratore delegato, Claudio Descalzi, intervistato ieri da Milano Finanza. A differenza di quanto accaduto al governo italiano con la mossa Usa di sostenere Haftar, il Cane a sei zampe pare non essere rimasto spiazzato dall'annuncio di Trump di non rinnovare le esenzioni per l'import iraniano. Per Descalzi, infatti, si tratta di una decisione più che attesa: se le importazioni italiane di greggio dall'Iran si sono azzerate dal dicembre scorso, Eni ha smesso di acquistarlo addirittura da ottobre. Descalzi con Milano Finanza ha parlato anche di Libia, Paese che per Eni vive la stessa situazione da ormai dieci anni. «Stavolta i combattimenti sono vicino a Tripoli, come nel 2014, ma non toccano le attività operative», ha dichiarato Descalzi. «I nostri giacimenti sono in situazione di tranquillità, abbiamo evacuato solo il personale degli uffici commerciali di Tripoli, e lo abbiamo fatto in tutta sicurezza, due giorni prima che scattasse l'emergenza». L'attuale fase libica è segnata comunque dall'attivismo degli Stati Uniti. Il presidente Trump, come ricostruito da Bloomberg, ha garantito ad Haftar il sostegno Usa all'offensiva su Tripoli per deporre il governo appoggiato dalle Nazioni unite durante una telefonata della settimana scorsa, avvenuta dopo che l'inquilino della Casa Bianca aveva incontrato il presidente egiziano, Abdel Fattah Al Sisi, e parlato con il principe emiratino Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, cioè i principali sostenitori del generale.Inoltre, nei giorni scorsi si è mosso in chiave libica anche l'ambasciatore statunitense in Russia, Jon Huntsman, uno dei diplomatici più importanti degli Stati Uniti, uomo centrale negli ultimi vent'anni di Washington presso il Wto. Huntsman, come riportato dal sito Stars and Stripes, ha partecipato martedì insieme a James Gordon Foggo III, comandante delle forze navali statunitensi a Napoli, alle operazioni delle portaerei Uss Abraham Lincoln e Uss John C. Stennis nel Mar Mediterraneo. È stata l'occasione per mostrare i muscoli alla Russia anche in chiave libica. Visto che, come ammesso dal comandante Foggo, quelle forze sono fondamentali per le operazioni in Libia e Siria. Il messaggio di Washington a Mosca è chiaro: gli Usa si ritirano militarmente ma, con l'appoggio ad Haftar, non sono disposti a cedere ai rivali il pallino del gioco dei dossier più caldi.In tutto questo, l'Italia rimane al fianco di Serraj e con la sponda delle Nazioni unite cerca di far ripartire il dialogo. Per l'inviato Onu per la Libia, Ghassan Salamé, passato nei giorni scorsi da Roma, serve una tregua prima del mese del Ramadan, al via domenica 5 maggio. Oggi il premier, Giuseppe Conte, incontrerà a Pechino il presidente egiziano, Al Sisi: tema principale sarà proprio la Libia e il mancato sostegno italiano ad Haftar. Ma Roma deve fare ora i conti con Bengasi e Tobruk, dove oggi sono previste manifestazioni pro Haftar e contro il presunto ruolo dei militari italiani al fianco di Tripoli. Un ruolo che ieri lo Stato maggiore della Difesa ha smentito: la missione italiana «opera in armonia con le linee di intervento decise dalle Nazioni unite con compiti chiari e di carattere prettamente umanitario e di supporto tecnico manutentivo», si legge nella nota.
Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
Due anni fa il professor Giovanni Pitruzzella, già presidente dell’Autorià garante della concorrenza e del mercato e membro della Corte di giustizia dell’Unione europea, è stato designato giudice della Corte costituzionale dal presidente della Repubblica. Ha accettato questo lungo colloquio con La Verità a margine di una lezione tenuta al convegno annuale dell’Associazione italiana dei costituzionalisti, dal titolo «Il problema della democrazia europea».
Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.
Henry Winkler (Getty Images)
In onda dal 9 novembre su History Channel, la serie condotta da Henry Winkler riscopre con ironia le stranezze e gli errori del passato: giochi pericolosi, pubblicità assurde e invenzioni folli che mostrano quanto poco, in fondo, l’uomo sia cambiato.
Il tono è lontano da quello accademico che, di norma, definisce il documentario. Non perché manchi una parte di divulgazione o il tentativo di informare chi stia seduto a guardare, ma perché Una storia pericolosa (in onda dalle 21.30 di domenica 9 novembre su History Channel, ai canali 118 e 409 di Sky) riesce a trovare una sua leggerezza: un'ironia sottile, che permetta di guardare al passato senza eccessivo spirito critico, solo con lo sguardo e il disincanto di chi, oggi, abbia consapevolezze che all'epoca non potevano esistere.






