
Nominati i nuovi vertici: come presidente è stato scelto Carlo Rossi, vicesindaco di Siena ai tempi di Giuseppe Mussari, responsabile dell'acquisto disastroso di Antonveneta. Nella deputazione amministratrice entra Gian Bruno Ravenni, vicino a Luca Lotti.La commissione d'inchiesta sulle banche si è chiusa lasciando ai risparmiatori una serie di chicche. Niente che possa essere utilizzato per recuperare gli investimenti perduti, ma le frasi, una volta messe nel cassetto, potranno servire per ritrovare il sorriso sulle labbra. Perché molti attori della commissione potranno vincere il premio Guancia di bronzo vista la capacità di affermare l'esatto contrario della realtà. In testa, in quanto ex partito di maggioranza e quindi di governo ci sono ovviamente i rappresentanti del Pd. E alla guida del plotone Matteo Renzi, ex premier ed ex segretario dei dem. Lo scorso dicembre, dopo una deposizione a Palazzo San Macuto del procuratore di Arezzo, Roberto Rossi (la deposizione si è tra l'altro rivelata un vero boomerang per Pier Luigi Boschi), Renzi prende la palla al balzo e dichiara: «Il problema delle banche non era il Pd». Volendo fare intendere agli italiani che né il suo partito né la sua pupilla Maria Elena Boschi si erano mai interessati di istituti di credito. Poco importa che dai documenti e dalle testimonianze è emerso che il fedelissimo Marco Carrai mandava mail all'ex ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, per informarsi sul salvataggio di banca Etruria, e poco importa che siano emerse molte altre testimonianze sul peso e le colpe della sinistra. «La crisi di Mps non è legata alle operazioni sui derivati Alexandria e Santorini», ha sostenuto il pm Stefano Civardi, ma piuttosto alla crisi economica e alla crisi del sistema. Nei fatti è stata la banca che più ha subito nel corso degli anni infiltrazioni politiche e le colpe arrivano dal partito contiguo geograficamente con Siena. Così, proprio perché la realtà dei fatti spingeva in una direzione, lo storytelling di Renzi ha alzato il tiro nella direzione opposta. Il postulato di Renzi è che il Pd non si occupava di banche e non si sarebbe occupato in futuro di istituti di credito. «C'è stato un momento in cui ho temuto che Montepaschi non avesse più un futuro. Oggi si può fare polemiche su quello che è accaduto, ma è certo che la banca ha un futuro», ha detto lo scorso febbraio Renzi. «C'è stata gente, Pier Carlo Padoan in testa, che anziché stare a strillare ha pensato a risolvere il problema». Il problema in realtà non è ancora stato risolto. Perché a Siena nulla è cambiato. Lo scorso venerdì sono stati nominati i nuovi vertici della deputazione generale della fondazione Mps e della deputazione amministratrice. Praticamente i manager che dovranno gestire la fondazione della banca anche se ormai sono rimaste solo le ossa di quel grande patrimonio che fino a pochi anni fa valeva più di 5,5 miliardi. Adesso si tratta 400 e rotti milioni e una partecipazione nell'istituto ormai semipubblico irrilevante. Nonostante questo Il Pd si è mosso esattamente come ha fatto negli ultimi 40 anni. Innanzitutto, ha accelerato sulle nomine temendo alle prossimi elezioni di giugno di perdere la guida della città. Così la deputazione, dopo aver vagliato il nome di Donatella Cinelli Colombrini, già assessore a Siena, e quello di Marco Turchi, ex sindaco revisore di Mps, ha trovato l'accordo su Carlo Rossi. Si tratta del vicesindaco del capoluogo toscano (2001-2006) ai tempi di Maurizio Cenni, storico rappresentante dei Ds e soprattutto sostenitore di Giuseppe Mussari e di conseguenza della sciagurata acquisizione di Antonveneta. Rossi è anche vicino all'ambiente di Gabriello Mancini, presidente della fondazione Mps nel 2011. Entrambi sono di Azione cattolica e quindi non invisi alla curia locale. Sul nome di Rossi è arrivata la benedizione anche dell'università di Siena che si è «accontentata» di garantirsi la presenza di un ex rettore, Angelo Riccaboni, direttamente nel cda della banca. Insomma, le nomine realizzate l'altro giorno sono esattamente un salto nel tempo: a dieci anni fa. Come se non fosse accaduto nulla. Come se le responsabilità della politica non siano da collegare alla distruzione di una banca e alla necessità di fare un decreto d'urgenza per destinare più di 8 miliardi di denaro pubblico al salvataggio. L'esperienza non è servita a nulla, salvo ad aggiungere pedine. Perché ad assegnare le poltrone a Siena non sono stati l'altro giorno solo i vecchi Ds ma anche i nuovi Pd 100% a etichetta renziana. Nella deputazione amministratrice si registra infatti il nome di Gian Bruno Ravenni, segretario del Pd di Bagno a Ripoli, piccolo Comune a Sud di Firenze. Vi chiederete che c'azzecca Ravenni con Siena? Nulla, però è stato sostenuto dal renziano Dario Parrini, segretario regionale, e soprattutto vanta familiarità con Luca Lotti braccio destro di Renzi. A novembre del 2016 il comune di Bagno a Ripoli organizzò un convegno a favore del Sì al referendum. Oltre al sindaco, seduto al fianco di Lotti c'era proprio Ravenni , che nel suo curriculum vanta una laurea in storia moderna cosicché potrà ricordare i fasti dei Paschi di Siena nel 1600. Al di là della cultura, si capisce ora perché i manager (soprattutto la presidente della banca Stefania Bariatti) abbiano diffuso i dati dei prestiti concessi ai partiti e mai restituiti. Un messaggio al Pd per dire di stare lontano? Vedremo.
Ansa
Centinaia di tank israeliani pronti a invadere la Striscia. Paesi islamici coesi contro il raid ebraico in Qatar. Oggi Marco Rubio a Doha.
iStock
Considerato un superfood, questo seme (e l’olio che se ne ricava) combatte trigliceridi, colesterolo e ipertensione. E in menopausa aiuta a contrastare l’osteoporosi. Accertatevi però di non essere allergici.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Parla Roberto Catalucci, il maestro di generazioni di atleti: «Jannik è un fenomeno che esula da logiche federali, Alcaraz è l’unico al suo livello. Il passaggio dall’estetica all’efficienza ha segnato la svolta per il movimento».
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci