2019-07-02
L’ultima del Pd: «Privacy per la Capitana»
Alessia Morani, deputata del Pd, è una nota collezionista di gaffe. In genere ne infila una a settimana e quella appena iniziata l'ha inaugurata con un bel tweet dedicato a Carola Rackete. Attingendo alla sua nota esperienza giuridica, l'onorevole piddina si è scagliata contro la diffusione della foto segnaletica della Capitana. «Abbiamo presentato una interrogazione parlamentare e un esposto ai garanti dei detenuti e della privacy», ha esordito di prima mattina. «Questo "spettacolo" schifoso (...)(...) deve finire. Ora basta». Seguiva ovviamente l'immagine della comandante della Sea Watch 3 accanto a un agente con divisa della polizia. Cosa ci sia di schifoso nella foto segnaletica dell'arrestata non è dato sapere: la donna non aveva le manette, né appariva maltrattata. Forse, a forza di frequentare le aule parlamentari invece di quelle dei tribunali, la Morani si è dimenticata che ogni giorno chi viene fermato dalla polizia o dai carabinieri viene fotosegnalato e spesso le immagini sono pubblicate sui giornali e sui siti online. Basta digitare due parole - ossia «foto» e «arrestati» - per rendersene conto. Dunque, quale trattamento particolare sarebbe stato riservato alla Capitana? A noi risulta che nonostante abbia quasi speronato una motovedetta della Guardia di finanza disattendendone gli ordini sia stata trattata con i guanti bianchi. Nessuno le ha messo gli schiavettoni, come invece capita a chi viene arrestato, né è stata sbattuta in una lurida cella, come al contrario succede a molte persone. I magistrati le hanno permesso di trascorrere la giornata ai domiciliari in una casa di Lampedusa, con un'anziana signora che siamo certi l'avrà accudita nel migliore dei modi. Perciò su che cosa interroga Alessia Morani i garanti dei detenuti e della privacy? Sull'applicazione delle disposizioni che vengono normalmente impiegate nei confronti degli italiani in stato di fermo? Ci faccia capire la nota giureconsulta del Pd: con Carola Rackete i magistrati e le forze dell'ordine avrebbero dovuto usare un trattamento speciale tipo, che so, invitarla a cena, pagarle una notte in un hotel a cinque stelle affinché si rilassasse? Capisco che per l'agitata parlamentare del partito che fu di Renzi sia difficile affrontare le cose senza farsi dominare dalla fretta di twittare, ma una qualche riflessione in più probabilmente le eviterebbe la collezione di gaffe.Tornando al merito, e cioè a quello che è successo con la nave della Ong tedesca, abbiamo letto in questi giorni molte sciocchezze, la prima delle quali riguarda l'obbligo che l'Italia avrebbe di accogliere uno scafo carico di migranti. Alcuni improvvisati esperti di diritto, pur di dare torto a Salvini, si sono messi infatti ad accusare il proprio Paese di aver violato le leggi internazionali. Stupidaggini spacciate per oro colato. L'Italia non ha alcun obbligo di aprire i porti alle navi dei clandestini. Le varie convenzioni citate in questi giorni non obbligano uno Stato a permettere alle navi che battono bandiera di altri Stati a fare ingresso nelle proprie acque territoriali o nei propri porti. Solo in casi di pericolo o in presenza di cause di forza maggiore, lo Stato è chiamato a consentire l'ingresso. Ma per ragioni di sicurezza o per interessi nazionali lo Stato può impedire l'ingresso e anche l'attracco. Per il diritto del mare, a un'imbarcazione che svolga attività di «carico e scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero» può essere interdetto l'accesso alle proprie acque territoriali. Per rivendicare il diritto ad attraccare, in base ai trattati internazionali, ci deve essere un pericolo reale e tangibile. E dov'era il pericolo reale e tangibile nel caso della Sea Watch 3? Non c'era, tant'è che la Capitana, per giustificare il proprio comportamento, ha dovuto inventarsi il rischio che qualche immigrato si buttasse in mare senza sapere nuotare. La verità pura e semplice è che un capitano è obbligato a soccorrere una persona in mezzo al mare se questa rischia di annegare e non se è a bordo di un'imbarcazione che non sta andando a fondo. E allo stesso tempo non è il comandante della nave che decide dove trasportare il «naufrago», ma le autorità che coordinano i soccorsi. Il «porto sicuro» indicato nei trattati non è il porto di gradimento dell'immigrato e neppure dell'equipaggio. Non è Carola Rackete a poter decidere se sia meglio andare in Libia, Tunisia, Malta o Italia. Perché ogni Stato ha diritto di autorizzare o vietare l'ingresso nei propri porti a una nave, soprattutto se la vita delle persone che si trovano a bordo non è concretamente in serio pericolo. Del resto, la Capitana non è stata arrestata per aver soccorso i migranti (a differenza di ciò che danno a intendere i tedeschi), ma per aver violato gli ordini che le erano stati impartiti e per aver quasi speronato la motonave della Finanza, mettendo in pericolo la vita dei militari. Quindi, a ben vedere, quando Matteo Salvini la chiamò «sbruffoncella», usò un diminutivo gentile. Forse avrebbe dovuto dire altro, anche a costo di suscitare le reazioni di Alessia Morani.