2019-10-04
Il pastore che svilisce la dottrina cristiana ha scelto di indossare la maschera di Giuda
Pubblichiamo un'anticipazione dell'ultimo libro del cardinale Robert Sarah. Al centro il relativismo e i rischi che corre oggi la Chiesa.Permettetemi di meditare con voi sulla figura di Giuda. Come tutti gli apostoli lo aveva chiamato Gesù. Egli lo amava! Lo aveva inviato ad annunciare la buona novella. Ma a poco a poco il dubbio si è impadronito del suo cuore. Senza rendersene conto, ha iniziato a giudicare l'insegnamento di Gesù. Si è detto: questo Gesù è troppo esigente, poco efficace. Giuda ha preteso di realizzare il regno di Dio sulla terra, all'istante, con strumenti umani e secondo il proprio personale disegno. Eppure, aveva udito Gesù rivolgersi anche a lui in questi termini: «I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» (Is 55,8).Nonostante tutto, Giuda si è allontanato. Non ha più voluto ascoltare Cristo. Non lo ha più accompagnato in quelle lunghe notti di silenzio e preghiera. Si è rifugiato nelle preoccupazioni mondane. Si è occupato della borsa, del denaro e del commercio. L'impostore continuava a seguire Cristo, ma non gli credeva più. Mormorava. La sera del giovedì santo, il Maestro gli ha lavato i piedi. Il suo cuore doveva essere così indurito da non lasciarsi toccare. Il Signore era davanti a lui, in ginocchio, come un umile servo che lava i piedi a colui che poi l'avrebbe tradito. Gesù ha posato su di lui un'ultima volta il suo sguardo pieno di dolcezza e di misericordia. Ma il diavolo si era già introdotto nel cuore di Giuda. Egli non ha abbassato lo sguardo. Avrà pronunciato interiormente l'antica espressione di rivolta: non serviam, «non servirò». Durante la cena si è comunicato quando ormai il suo progetto era già compiuto. Fu la prima comunione sacrilega della storia. E ha tradito.Giuda è per l'eternità il nome del traditore e oggi la sua ombra incombe su di noi. Sì, come lui, anche noi abbiamo tradito! Abbiamo abbandonato la preghiera. Il male di un efficiente attivismo si è infiltrato dappertutto. Cerchiamo di imitare l'organizzazione delle grandi imprese. Ma dimentichiamo che solo la preghiera è il sangue che può irrorare il cuore della Chiesa. Diciamo di non avere tempo da perdere. Vogliamo utilizzare questo tempo per opere socialmente utili. Chi non prega più, però, ha già tradito. È ormai disposto a ogni compromesso con il mondo. Si è avviato sulla strada di Giuda.Sopportiamo ogni contestazione. La dottrina cattolica viene messa in dubbio. In nome di sedicenti posizioni intellettuali certi teologi si divertono a decostruire i dogmi, a svuotare la morale del suo significato profondo. Il relativismo è la maschera di Giuda travestito da intellettuale. Come meravigliarsi se poi veniamo a sapere che tanti sacerdoti infrangono le loro promesse? Relativizziamo il senso del celibato, rivendichiamo il diritto a una vita privata, tutte cose in contrasto con la missione del sacerdote. Alcuni arrivano persino a rivendicare il diritto di esercitare comportamenti omosessuali. Tra i sacerdoti e tra i vescovi si susseguono scandali.Il mistero di Giuda si dilata. A tutti i sacerdoti voglio dire: siate forti e retti. Certo, per colpa di qualche ministro sarete tutti etichettati come omosessuali. La Chiesa cattolica verrà infangata. Sarà presentata come composta tutta da preti ipocriti e avidi di potere. Non sia turbato il vostro cuore. Il venerdì santo, Gesù si è caricato di tutti i peccati del mondo, mentre Gerusalemme gridava: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!». Nonostante le inchieste tendenziose che vi presentano la situazione disastrosa di ecclesiastici irresponsabili dall'anemica vita interiore, che sono posti addirittura al comando della Chiesa, siate sereni e fiduciosi come la Vergine e san Giovanni ai piedi della croce. I sacerdoti, i vescovi e i cardinali privi di morale non riusciranno mai a screditare la luminosa testimonianza di più di 400.000 sacerdoti sparsi per il mondo, che, con quotidiana fedeltà, servono il Signore in santità e letizia. Nonostante la violenza degli attacchi che potrà subire, la Chiesa non verrà meno. È la promessa del Signore, e la sua parola è infallibile.[…] Spesso mi viene chiesto: che cosa dobbiamo fare? Quando la divisione incalza bisogna rafforzare l'unità. Essa non ha niente a che vedere con lo spirito corporativo di cui è pieno il mondo. […] Non dobbiamo inventare e costruire noi l'unità della Chiesa. La fonte della nostra unità ci precede e ci viene offerta. È la rivelazione che abbiamo ricevuto. Se ciascuno difende la propria opinione, la propria novità, si diffonderà dappertutto la divisione.Mi addolora vedere tanti pastori svendere la dottrina cattolica e seminare la divisione tra i fedeli. Al popolo cristiano dobbiamo un insegnamento chiaro, fermo e sicuro. Come possiamo accettare che le conferenze episcopali si contraddicano? Dio non può abitare là dove regna la confusione!L'unità della fede implica l'unità del magistero nello spazio e nel tempo. Quando ci viene trasmesso un insegnamento nuovo, esso deve sempre venire interpretato coerentemente con quello che l'ha preceduto. Se introduciamo rotture e rivoluzioni spezziamo l'unità che regge la Santa Chiesa attraverso i secoli. Ciò non significa essere condannati al fissismo. Ma ogni evoluzione deve essere una migliore comprensione e un approfondimento del passato. L'ermeneutica di riforma nella continuità, che Benedetto XVI ha insegnato con tanta chiarezza, è una condizione sine qua non dell'unità. Coloro che annunciano con tanto clamore il cambiamento e la rottura sono falsi profeti. Essi non cercano il bene del gregge. Sono mercenari introdottisi con l'inganno nell'ovile. La nostra unità sarà forgiata attorno alla verità della dottrina cattolica. Non vi sono altri mezzi. Voler guadagnare la popolarità mediatica al prezzo della verità significa di nuovo agire come Giuda.Non dobbiamo aver paura! Quale dono più meraviglioso da offrire all'umanità della verità del Vangelo? Certo, Gesù è esigente. Sì, seguirlo implica il portare la sua croce ogni giorno! La tentazione della vigliaccheria si annida dappertutto. Insidia in particolare i pastori. L'insegnamento di Gesù sembra troppo duro. Quanti tra noi sono tentati di pensare: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?» (Gv 6,60). Il Signore si rivolge a coloro che ha scelto, a noi sacerdoti e vescovi, e di nuovo ci domanda: «Volete andarvene anche voi?» (Gv 6,67). Fissa il suo sguardo nel nostro e chiede a ciascuno: vuoi abbandonarmi? Vuoi rinunciare a insegnare la fede in tutta la sua pienezza? Avrai il coraggio di predicare la mia presenza reale nell'eucaristia? Avrai il coraggio di chiamare i giovani alla vita consacrata? Avrai la forza di affermare che senza la confessione frequente la comunione sacramentale rischia di perdere il proprio significato? Avrai l'audacia di richiamare la verità dell'indissolubilità del matrimonio? Avrai la carità di farlo anche con coloro che forse te ne faranno una colpa? Avrai il coraggio di invitare con dolcezza i divorziati, impegnati in una nuova unione, a cambiare vita? Preferisci il successo o mi vuoi seguire? Voglia Dio che, come San Pietro, possiamo rispondergli, colmi di amore e di umiltà: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!» (Gv 6,68).
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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