2018-06-22
Il Papa riapre il giallo dei dubia: «Li ho scoperti grazie ai giornali»
L'intervista alla Reuters fa emergere diverse contraddizioni. Carlo Caffarra infatti li portò a Bergoglio prima della pubblicazione.Il Santo Padre, in pellegrinaggio ecumenico a Ginevra, apre all'ipotesi di affidare la banca vaticana a una donna. È la direttrice del Fmi, Christine Lagarde, paladina del capitalismo.Lo speciale contiene due articoli.L'ennesima intervista del Papa ha scatenato tantissimi organi di stampa soprattutto sul tema dell'immigrazione contro l'amministrazione Trump, ma dal Vaticano filtrano commenti amari anche su altri temi affrontati da Francesco con il giornalista Philip Pullella dell'agenzia Reuters.Uno dei passaggi che desta maggiori perplessità è quello sui famosi dubia presentati nel 2016 da quattro cardinali - Raymond Burke, Walter Brandmüller, e gli oggi defunti Carlo Caffarra e Joachim Meisner - in merito ad alcune interpretazioni dell'esortazione Amoris laetitia, frutto del lungo cammino sinodale sulla famiglia. Secondo la ricostruzione dell'intervista pubblicata dalla Reuters, Francesco avrebbe dichiarato di aver «sentito parlare di questa lettera dai giornali… un modo di fare le cose che è, diciamo, non ecclesiale, ma facciamo tutti degli errori». Come ha rilevato il vaticanista statunitense Edward Pentin in un tweet, questa dichiarazione contrasta con il fatto che il Papa avrebbe ricevuto la lettera con i dubia personalmente e ben due mesi prima che i cardinali decidessero di rendere pubbliche le loro domande. Peraltro, aggiunge ancora Pentin, la pubblicazione dei dubia a mezzo stampa sarebbe avvenuta dopo che Francesco avrebbe istruito il cardinale Gerhard Müller, allora prefetto all'ex Sant'Ufficio, di non rispondere a queste domande, visto che per competenza erano state inviate anche alla congregazione per la Dottrina della fede. È «forse un caso di scarsa memoria», si chiede il vaticanista?La maliziosa domanda di Pentin genera qualche dubbio anche fra compassati monsignori, perché gli stessi quattro cardinali dei dubia, quando li resero pubblici, dichiararono apertamente di averli inviati al Papa due mesi prima, «ma non essendoci stata risposta, questo eccezionale documento viene reso pubblico così che possa continuare la riflessione sui problemi sollevati». Riflessione poi stoppata anche dal fatto che Francesco non ha mai ricevuto, nemmeno in udienza privata, le quattro porpore.Il cardinale statunitense Burke ha dichiarato ieri al sito americano Lifesitenews.com che «il defunto cardinale Carlo Caffarra consegnò di persona la lettera contenente i dubia alla residenza del Papa e, allo stesso tempo, alla Congregazione per la dottrina della fede, il 19 settembre 2016, così come consegnò anche la successiva corrispondenza dei quattro cardinali riguardante i dubia». Una testimonianza diretta che conferma le perplessità che serpeggiano sulle dichiarazioni del Papa rilasciate a Pullella. Per questo lo stesso Burke dice che «se la domanda del giornalista (della Reuters, nda) si riferisce alla presentazione formale dei dubia o alle domande riguardanti Amoris laetitia del cardinale Walter Brandmüller, i defunti cardinali Carlo Caffarra e Joachim Meisner, e me stesso, allora papa Francesco non deve averlo capito». Il resoconto di Pullella aggiunge che il Papa prende a prestito l'immagine del fiume che scorre per rappresentare la Chiesa, dove appunto si lascia spazio a visioni diverse. E avrebbe così sottolineato che «dobbiamo essere rispettosi e tolleranti, e se qualcuno è nel fiume, andiamo avanti», così da far pensare che in fondo tutto scorre e qualcuno potrebbe pensare, come dice un antico e conosciuto proverbio cinese, «siediti lungo la riva del fiume e aspetta, prima o poi vedrai passare il cadavere del tuo nemico». A proposito dei rapporti fra Cina e Vaticano, il cui accordo dato ormai per prossimo pare bloccato per volontà del governo cinese, il Papa ha detto alla Reuters che le preoccupazioni del cardinale Joseph Zen sono forse dovute alla paura e, ha aggiunto: «anche l'età forse influisce un po'. È un uomo buono. È venuto a parlare con me, l'ho ricevuto, ma è un po' spaventato. Il dialogo è un rischio, ma preferisco il rischio che non la sconfitta sicura di non dialogare». Il fatto che sull'accordo con la Cina, dice Francesco, «siamo a buon punto» è un'altra delle questioni sollevate nell'intervista che genera mugugni qua e là nella Chiesa, dove molti pensano che l'accordo sia un sostanziale cedimento sulla questione cruciale della nomina dei vescovi.D'altra parte Francesco è uomo per cui il dialogo è valore irrinunciabile, come ha dimostrato anche nel viaggio intrapreso ieri a Ginevra in occasione del settantesimo anniversario della fondazione del Consiglio ecumenico delle Chiese, organismo di cui la Chiesa cattolica non fa parte come membro, ma con il quale collabora da anni. Essere «del Signore prima che di destra o di sinistra, scegliere in nome del Vangelo il fratello anziché sé stessi», ha detto il Papa, «significa spesso, agli occhi del mondo, lavorare in perdita. Non abbiamo paura di lavorare in perdita. L'ecumenismo è una grande impresa in perdita. Ma si tratta di perdita evangelica». Il dialogo è la via tracciata per l'unità, la riconciliazione delle diversità secondo quell'idea poliedrica di Chiesa che Francesco ha ripetuto più volte. L'armonia superiore tra i diversi punti di vista delle chiese, ma anche nella Chiesa, come si vede nel caso dei dubia, secondo questo pensiero sarebbe garantita da una certa dialettica che dal vecchio conduce al nuovo e via di seguito. La dottrina non può arrestare questo processo, ciò che resta in mezzo al fiume non importa, «andiamo avanti», dice il Papa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-papa-riapre-il-giallo-dei-dubia-li-ho-scoperti-grazie-ai-giornali-2580097183.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-lagarde-vicina-a-prendersi-lo-ior" data-post-id="2580097183" data-published-at="1761262203" data-use-pagination="False"> La Lagarde vicina a prendersi lo Ior? Christine Lagarde ai vertici dello Ior? Papa Francesco non lo esclude affatto. Ieri, mentre si trovava sull'aereo per recarsi a Ginevra, ha difatti affermato che l'attuale responsabile del Fondo monetario internazionale potrebbe sedere nel nuovo board della Banca vaticana. «Siamo in trattative», ha detto ai giornalisti, sorridendo. L'idea si colloca nel più ampio discorso, molto caro all'attuale Pontefice, di una maggiore presenza femminile in seno alle istituzioni della Santa Sede. Intento in sé stesso anche lodevole. Se non fosse che Christine Lagarde risulti storicamente legata a quella destra neogollista che ha sempre fatto della difesa del capitalismo, del libero mercato e della finanza uno dei propri principali cavalli di battaglia (ricordiamo, del resto, che fu l'allora presidente francese, Nicolas Sarkozy, a sponsorizzarla per il Fondo monetario nel 2011). Un paradosso in effetti un po' stridente per un Pontefice che quel mondo finanziario ha sempre - talvolta anche giustamente - criticato. Come che sia, il viaggio ginevrino del Papa si è configurato come un «pellegrinaggio ecumenico», con l'obiettivo di incrementare il dialogo religioso. Il Pontefice si è infatti recato nella città svizzera per incontrare il Consiglio ecumenico delle chiese (Wcc, World council of churches): un organismo che riunisce oltre 300 chiese cristiane di oltre 110 Paesi, del quale la Chiesa cattolica non fa parte, ma con cui collabora dal 1965. Un incontro ancora più significativo alla luce del fatto che Ginevra sia stata storicamente la patria del riformatore Giovanni Calvino. I cristiani debbono camminare verso «una meta precisa: l'unità. La strada contraria, quella della divisione, porta a guerre e distruzioni». «Il Signore ci chiede di imboccare continuamente la via della comunione, che conduce alla pace. La divisione, infatti, si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo». «Il Signore ci chiede unità; il mondo, dilaniato da troppe divisioni che colpiscono soprattutto i più deboli, invoca unità». Questi, alcuni dei principali passaggi del discorso tenuto dal Pontefice nel corso della preghiera al World council of churches. «La credibilità del Vangelo è messa alla prova dal modo in cui i cristiani rispondono al grido di quanti, in ogni angolo della terra, sono ingiustamente vittime del tragico aumento di un'esclusione che, generando povertà, fomenta i conflitti», ha detto il Papa. «I deboli sono sempre più emarginati, senza pane, lavoro e futuro, mentre i ricchi sono sempre di meno e sempre più ricchi. Sentiamoci interpellati dal pianto di coloro che soffrono, e proviamo compassione, perché «il programma del cristiano», ha detto Francesco citando papa Benedetto XVI, «è un cuore che vede». «Vediamo ciò che è possibile fare concretamente, piuttosto che scoraggiarci per ciò che non lo è», ha inoltre aggiunto. «Ancora più triste è la convinzione di quanti ritengono i propri benefici puri segni di predilezione divina, anziché chiamata a servire responsabilmente la famiglia umana e a custodire il creato. Sull'amore per il prossimo, per ogni prossimo, il Signore, buon samaritano dell'umanità, ci interpellerà. Chiediamoci allora: che cosa possiamo fare insieme? Se un servizio è possibile, perché non progettarlo e compierlo insieme, cominciando a sperimentare una fraternità più intensa nell'esercizio della carità concreta?». Povertà, fraternità, ecumenismo, quindi. Temi che, da sempre, stanno molto a cuore all'attività pastorale dell'attuale Pontefice. Nulla di nuovo sotto il sole dunque. Che cosa c'entri Christine Lagarde con tutto questo resta però un mistero. Gianluca De Maio
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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