2022-08-25
Il Papa inserisce la figlia di Dugin tra le vittime innocenti della guerra
Papa Francesco (Franco Origlia/Getty Images)
Bergoglio ricorda «la povera ragazza volata in aria per una bomba». L’ambasciatore ucraino s’indispettisce. Ma Francesco tiene una posizione volta a fermare le armi e cercare di risolvere il conflitto con la diplomazia.A sei mesi dall’inizio del conflitto in Ucraina, papa Francesco dedica un appello al termine dell’udienza generale di ieri nell’Aula Paolo VI. Un grido contro «la pazzia della guerra» dentro cui cadono «tanti innocenti», fra cui Bergoglio ha inserito, a sorpresa, anche «quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca».Quella «povera ragazza» è Darya Dugina, figlia di Aleksandr Dugin, quello che molti in Occidente considerano il Rasputin di Vladimir Putin, l’ideologo della guerra. L’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, in un tweet ha raccolto in poche righe il cuore delle reazioni a questa preghiera del Papa. L’appello, ha scritto Yurash, è stato «deludente e mi ha fatto pensare che non si possono mettere assieme le categorie degli aggrediti con quelle degli aggressori, delle vittime e dei carnefici, degli stupratori e degli stuprati. Come è possibile citare l’ideologa dell’imperialismo russo come vittima innocente? E' stata uccisa dai russi come vittima sacrificale e ora è uno scudo di guerra».È dal 25 febbraio scorso, il giorno dopo l’inizio dell’aggressione russa, quando il Papa si recò a piedi in via della Conciliazione per parlare con l’ambasciatore russo presso la Santa sede, che lo sport di tirare il Papa per la talare per schierarlo nella guerra è in atto. Eppure, anche ieri, concludendo il suo appello, Francesco ha fatto capire qual è la sua posizione: «Oggi in modo speciale, a sei mesi dall’inizio della guerra, pensiamo all’Ucraina e alla Russia, ambedue i Paesi ho consacrato all’Immacolato Cuore di Maria, che Lei, come Madre, volga lo sguardo su questi due Paesi amati: veda l’Ucraina, veda la Russia e ci porti la pace!». Ma anche quando Francesco alla tredicesima stazione della Via Crucis al Colosseo invitò una donna ucraina e una russa, insieme a pregare, ci fu chi non lo comprese, tra cui lo stesso ambasciatore ucraino Yurash che reagì anche allora con un tweet.La preoccupazione del Papa, come ha ricordato nell’appello di ieri, va ai «prigionieri», ai «bambini», ai «rifugiati», «a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: «No, io non sono pazzo»». Fra queste vittime ha inserito anche la figlia di Dugin che è stata fatta saltare in aria nella sua auto a Mosca, un passaggio forte, un passaggio che indubbiamente rimarca la sua volontà di non escludere nessuno dal tavolo dei negoziati, ma innanzitutto, come sussurrano da oltre Tevere, è frutto della preoccupazione del Papa per il prezzo che si paga alla «pazzia della guerra».Il Papa, che ha una prospettiva religiosa, da subito si è posto in una posizione volta a fermare le armi e cercare di risolvere il conflitto con la diplomazia, sempre ha ricordato la necessità di sedersi subito intorno a un tavolo. Non ha mai nascosto l’aggressione russa, ma fa il mestiere del Papa, quello di Benedetto XV che nel 1917 ricordava «l’inutile strage» che avrebbe portato la Prima guerra mondiale, o quello di Giovanni Paolo II che tuonava contro la guerra in Iraq nel 2003, o Benedetto XVI che in un Angelus del 2007 diceva che «la guerra, con il suo strascico di lutti e di distruzioni, è da sempre giustamente considerata una calamità che contrasta con il progetto di Dio». Per questo nel suo appello di ieri Francesco ha ricordato non solo la situazione in Ucraina, ma ha tuonato ancora contro «coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi». E ha ricordato altre guerre: «Pensiamo ad altri Paesi che sono in guerra da tempo: più di 10 anni la Siria, pensiamo la guerra nello Yemen, dove tanti bambini patiscono la fame, pensiamo ai Rohingya che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati dalla loro terra».La posizione del Papa sulla situazione tra russi e ucraini, peraltro, è stata declinata da lui stesso parlando con i direttori delle riviste culturali europee dei gesuiti lo scorso maggio: «Sono semplicemente contrario a ridurre la complessità alla distinzione tra i buoni e i cattivi, senza ragionare su radici e interessi, che sono molto complessi. Mentre vediamo la ferocia, la crudeltà delle truppe russe, non dobbiamo dimenticare i problemi per provare a risolverli».«Il cliché di «cappellano dell’Occidente» non si addice al pastore della Chiesa universale», così ha detto il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, nell’intervista rilasciata al direttore di Limes, Lucio Caracciolo, all’inizio di agosto, ed è quello che ripetono a microfoni spenti dalle sacre stanze diplomatiche al di là del Tevere. Eppure, c’è un continuo tentativo di strattonare per la talare papa Francesco, ma nel campo della «politica estera» è molto più resistente di quanto si aspettassero certi suoi interessati supporter.In ballo non c’è un presunto «filoputinismo» del Papa, il quale in punta di dottrina non è nemmeno contrario alla legittima difesa, ma un serio e realistico impegno per la pace. Multilaterale nel campo diplomatico, a cui si aggiunge il rapporto ecumenico con il mondo ortodosso, e con il patriarca Kirill di Mosca in particolare, che il Papa però non incontrerà tra poche settimane durante il viaggio in Kazakhistan per il Congresso dei leader religiosi, dove Kirill ha deciso di non andare. Mentre il viaggio a Kiev, più volte ventilato, sembra per ora lontano dal realizzarsi. Allora Darya Dugina per il Papa prima di tutto è una ragazza di trent’anni, morta saltando in aria dentro la sua auto, dentro la follia della guerra. Perché Gesù ama tutti, ma non ama tutto.