2019-09-17
Il Papa dei ponti odia i muri, ma crede nelle gallerie: «Viva l’Alta velocità»
Bergoglio incontra lavoratori e dirigenti Fs e benedice la Tav: «Opera strategica». Nel 1979 invece Wojtyla parlò loro di Gesù.Dopo i ponti, gli snodi ferroviari. È questa l'ultima metafora coniata da papa Francesco per leggere i nostri tempi. Lo ha fatto ieri parlando ai dirigenti e dipendenti del gruppo Ferrovie dello Stato nella Sala Clementina. Dopo i costruttori di ponti ecco appunto la necessità degli uomini-snodo perché, ha detto Francesco, «lo snodo pone in collegamento, permette il passaggio da una strada all'altra, da una rotaia all'altra; chi fa da snodo non ragiona solo per sé, ma moltiplica le relazioni e i progetti condivisi». C'è da sperare che poi qualcuno li controlli questi benedetti snodi perché, lo sappiamo, se deviano male il traffico possono fare danni e causare perfino catastrofi. Così come i costruttori di ponti non sempre pontificano con successo. Ma al di là delle questioni metaforiche, quello di ieri è un discorso papale che avrà fatto arrabbiare l'amministratore delegato delle Ferrovie o qualche sindacalista. Perché lo spot del Papa ai dieci anni dell'Alta velocità batte in breccia tutte le campagne orchestrate dall'azienda. Si tratta, ha scandito Francesco, di «un'opera pubblica di importanza strategica, che realizza un collegamento essenziale lungo gli assi principali del Paese e ogni giorno offre a migliaia di passeggeri un servizio di notevole qualità». Dal punto di vista dei passeggeri forse è mancato un piccolo cenno ai costi non proprio popolari del servizio, ma dal lato sindacale qualcosa il Papa lo ha detto.Le Ferrovie, ha consigliato Francesco, «favoriscano le famiglie e agevolino chi è più in difficoltà per l'età avanzata, i limiti fisici, o un reddito poco elevato. Siano solidali però anche per la loro effettiva diffusione e per una uguale qualità dei servizi che offrono nelle varie zone e sulle diverse tipologie di treno. La rete ferroviaria, infatti, si incarica di collegare e in qualche modo di tenere vive le diverse zone del Paese, anche le più periferiche». E così anche i pendolari dei regionali hanno il loro aggancio al Papa per le battaglie sul binario, comprese le questioni del «sovraffollamento» e delle «difficili condizioni ambientali delle carrozze». Infine non poteva mancare l'accento ambientale: «Le emissioni di anidride carbonica, così insidiose per l'ecosistema e per i suoi equilibri, siano ridotte al massimo». Tornando sul lato aziendale, Francesco ha poi ricordato che le Ferrovie devono essere «capaci di richiamare investimenti, di migliorare la qualità, di favorire gli scambi commerciali e generare nuove realtà imprenditoriali». Su altre questioni, come dire più strettamente evangeliche, Francesco non ha proferito parola, ma forse perché ieri non voleva ripetere le cose sociali che ha detto Giovanni Paolo II. Già, perché durante la conferenza stampa sull'aereo di ritorno dal recente viaggio apostolico in Africa, Francesco, rispondendo a una domanda, aveva infatti sottolineato che «le cose sociali che dico sono le stesse che ha detto Giovanni Paolo II, io copio lui». In realtà ieri parlando ai ferrovieri Francesco ha deragliato un po' dal predecessore, perché quando il Papa polacco parlò alla stessa categoria nel 1979 osò perfino dire che «in coloro che sono in viaggio, si rispecchia un aspetto della vita di Gesù, il quale durante la vita pubblica, nei tre anni della predicazione messianica, viaggiò costantemente da una regione all'altra»; inoltre papa Wojtyla auspicò che si sapesse dare ai «viaggi anche una dimensione spirituale […], un senso biblico di ideale pellegrinaggio verso la terra promessa». Insomma, ieri Francesco ha preferito rimandare l'azione del copiare da Giovanni Paolo II ad altre occasioni, preferendo i toni dell'aziendalismo e del sindacalismo da lotta sul binario. Il papato, potremmo dire, si fa prossimo e si cala nel ruolo di capotreno.Ieri il Papa ha anche incontrato i giornalisti del Tgr Rai, nella Sala dei Papi. Qui ha spiegato che c'è un globalismo «buono», ha detto, quello che «cerca di unire tutti rispettando le persone, i gruppi sociali, i popoli nelle loro ricchezze e peculiarità», per questo «sono convinto che l'informazione locale non è da considerare “minore" rispetto a quella nazionale. Anzi, direi che è la più genuina e la più autentica del mondo mass mediale, in quanto non risponde alle esigenze di profitto o di messaggi da comunicare, ma è chiamata a trasmettere unicamente la voce della gente». Così il Vicario di Cristo si fa vicinissimo, ora ferroviere, ora giornalista di cronaca locale. A volte però si sente quasi la nostalgia di quella distanza che aiuta noi, poveri uomini, ad alzare un po', anche solo un po', lo sguardo da questa povera terra.
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
Continua a leggereRiduci