
Il dolce del Natale per eccellenza è rito e mito, meneghino, tricolore e identitario. Negli anni è stato stravolto: chi lo fa con fagioli azuki, chi lo farcisce con cioccolato e pistacchio, chi lo ama vegano. Ma quello «vero» è solo uno (con uvetta e canditi).Forse non è un caso che il panettone sia nato proprio a Milano, laddove il «piccolo grande» pare essere norma. La cattedrale è la chiesa più importante di una diocesi, solitamente è di misure gigantesche. Il famoso Duomo, cattedrale della diocesi milanese, è un eccellente caso di «piccolo grande»: le navate della cattedrale di Santa Maria nascente sono lunghe 57 metri, meno della metà di quelle della basilica di San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma. Queste ultime misurano ben 130 metri, eppure chiunque al mondo conosce il «Domm de Milan», molto meno la cattedrale romana. Gli hashtag di Instagram dedicati al Duomo ad oggi contano 4.880.600 post, quelli di San Giovanni in Laterano 13.500. La città, coi suoi 181,67 km², è piccola rispetto alla vastità territoriale della capitale (1.285 km²). Ciò nonostante dal punto di vista produttivo, culturale e anche turistico la petite Milano ha un rilievo eccezionale e unico nel panorama italiano, che surclassa pesantemente la stessa Roma e la trasforma di fatto, come infatti si dice, in on grand Milan.A questa stessa dialettica tutta milanese tra piccolo e grande appartiene il panettone. Dal punto di vista grammaticale il nostro è, letteralmente, l'accrescitivo di un diminutivo, un grande piccolo pane (panetto vuol dire piccolo pane). Questo piccolo pane è poi diventato grande non solo in senso letterale, lievitando. Ma anche e soprattutto in senso figurato. Pur essendo poco dolce - ancora un elemento di piccolezza - rispetto, ad esempio, a una cassata siciliana, il panettone è diventato il dolce italico natalizio per eccellenza. Negli ultimi decenni, è diventato tradizione per tutti gli italiani come per tanti stranieri che sovente ignorano la cassata siciliana e qualsiasi altro dolce italiano, ma non il «piccolmente dolce» panettone. «Ha stupito tutti nel 2019 l'inserimento del panettone nella lista delle “100 cose preferite" per la stagione delle feste di Oprah Winfrey. La famosissima star e giornalista televisiva ha una vera passione per il nostro dolce natalizio e l'inserimento nell'elenco dei suoi must have ha fatto decollare le richieste di panettone negli States», spiega il bel libro Panettone. I segreti di un dolce per tutte le feste di Carla Icardi e Andrea Tortora. Il panettone milanese è rito e mito, meneghino e tricolore, è - se ne faccia una ragione chi odia il nord in toto e chi lo odia quando non è amministrato dalla sinistra - identitario. Nessun altro cibo incarna il Natale come il panettone, anche nella lingua: «Arrivare a mangiare il panettone» vuol dire «arrivare al Natale». Il panettone è il Natale e fa il Natale. E come succede per tutto ciò che diventa massima icona, le rielaborazioni, che sono una conferma dell'originale ma al contempo la sua negazione, sono infinite.Il panificatore brianzolo con sede a Milano Davide Longoni, giustamente definito «capostipite di tutti i panifici di qualità milanesi» per la sua retroinnovazione di ricominciare a fare il pane come una volta, ha appena ideato il panettone alla giapponese per il locale di cucina tradizionale nipponica che ha sede a Milano, Gastronomia Yamamoto, nipponizzando in primo luogo il nome: «panettone», con la «o» lunga, perché i giapponesi pronunciano la parola così. Poi il gusto: nell'impasto ci sono fagioli azuki, yuzu candito e tè sencha. Infine, la confezione: via la scatola, c'è il tessuto in stile furoshiki, il quadrato di stoffa usato per incartare doni. È una versione cosmopolita e multiculturale, che concilia le due culture delle proprietarie della Gastronomia, Aya Yamamoto e mamma Shih Chy Yamamoto, giunta in Italia 29 anni fa col marito impiegato nella sede milanese di una ditta giapponese. In un'intervista Aya ha dichiarato: «Sono cresciuta col panettone, e ho sempre desiderato produrne uno per i nostri clienti», tanto italiani quanto giapponesi. Nel novero di quello che potremmo definire neopanettone c'è, ancora gourmet, cioè di ricerca, il Knamettone, il panettone limited edition del pasticciere tedesco star del cook show Bake off Italia, Ernst Knam: la versione 2020 è con cioccolato Frau Knam señorita, caramello salato e albicocche semicandite.Ci sono poi le rivisitazioni regionali, come il panettone alla crema di limoncello che coniuga il liquore dopo pasto tipico della Costiera amalfitana trasformato in crema col pandolce della Madunìna, realizzato sia in modalità artigianale da maestri pasticcieri campani, sia industriale per la grande distribuzione organizzata. Qui trionfano anche molti altri irrituali come il panettone senza canditi e solo con uvetta, quello senza neanche uvetta, quello ripieno al cioccolato. Eataly, oltre al panettone di Milano, vende il panettone Gianduione, quello all'amarena Fabbri, quello alla crema di pistacchio di Bronte e quello con mascarpone e frutti rossi. Per molti questi gusti sono l'orrore, il ridicolo o entrambi, per alcuni lo sono solo se acquistati al supermercato ma non se pagati a peso d'oro nelle varie mecche del food contemporaneo: va ammesso che quelli che li mangiano sono più dei primi e dei secondi messi assieme, come succede per l'ormai immancabile panettone vegano con «latti di semi oleosi e margarine di grassi vegetali al posto del burro vaccino. C'è il panettone che nasce da un marchio famoso, come quello de «Il milanese imbruttito», celeberrima parodia del milanese lauratùr, ossessionato dal fatturare e insofferente alle festività che impongono il fermo produttivo. Il panettone è normale, sulla scatola spicca il motto noto ai follower che l'imbruttito applica a ogni festa: «E anche 'sto Natale ce lo siam tolti dai cogl…». C'è il panettone transpecista, cioè il Canettone per cani ideato dalla pasticceria canina di Brescia Doggyebag, senza lo zucchero inviso ai nostri amici a quattro zampe, anche in versione gourmet con carne d'anatra e arancia... Il panettone è ormai oggetto a metà tra food e pop, come la pizza soggetto al consumo alimentare di massa, ma anche alla rielaborazione culturale di massa, sia del contenuto che del contenitore. Un tempo, altro che furoshiki e imbruttiti, si cercava il panettone artigianale di pasticceria - un esempio su tutti, Cova in via Montenapoleone - e bastava quel nome sul contenitore a garantire preparazione professionale di qualità. Adesso si braccheggia anche quello brandizzato che marchia il panettone con un nome che col cibo nulla c'entra. Al contempo il contenuto, cioè il panettone, si fa esso contenitore: il Dolce presepe della pasticceria (che realizza anche i panettoni di Dolce & Gabbana con ingredienti tipici siciliani) Fiasconaro a Castelbuono (Palermo) è «un panettone unico con uvetta e freschi canditi di arancia che racchiude in sé un presepe composto con personaggi in cioccolato bianco». Ci sono le candele a forma di panettone e il profumo (per ambienti) Panettone milanese, inventato dal pasticciere Salvatore De Riso per sprigionare in casa una «fragranza all'arancia, vaniglia, cedro e uvetta». Mentre attendiamo il panettone extraterrestre, siccome non vogliamo assecondare più di tanto il tripudio delle varianti che rischia di cancellare la norma, riteniamo doveroso - e piacevole - ricordare la regola del panettone. Quelli che potremmo definire panettoni falsi sono tanti, vero è solo quello prodotto seguendo le istruzioni e gli ingredienti indicati nel disciplinare di produzione del «panettone tipico della tradizione artigiana milanese», approvato dal comitato tecnico dei Maestri pasticcieri milanesi nel 2003. Esso stabilisce che «per la produzione del panettone artigianale si utilizzano esclusivamente acqua, farina (proveniente da produttori riconosciuti dal comitato), zucchero, uova fresche e/o tuorli pastorizzati, latte pastorizzato e/o latte Uht e/o latte condensato e/o latti fermentati e/o yogurt, burro di cacao, burro e/o burro anidro, uvetta sultanina, scorze di arancia candite, cedro candito (calibro minimo 8 x 8), lievito naturale, sale. Si possono utilizzare in aggiunta: miele, malto ed estratto di malto, vaniglia, aromi naturali e/o naturali identici. Non è consentito l'uso di alcun altro ingrediente, ed in particolare di: lievito di birra, amido, grassi vegetali (ad esclusione del burro di cacao), siero di latte e derivati, lecitina di soia, coloranti, conservanti. Infine, non è consentito l'uso di ingredienti provenienti da ogm e si può usare solo farina proveniente da produttori riconosciuti dal comitato».Siccome i decreti opinabili non sono stati inventati oggi da Giuseppe Conte, il disciplinare fu recepito dal decreto del ministero delle Attività produttive del 22 luglio 2005, che però eliminava la provenienza della farina approvata dal comitato e introduceva pesanti deroghe all'impasto, stabilendo che «può essere caratterizzato dall'assenza di uvetta o scorze di agrumi canditi o di entrambi». Si legittimava anche la facoltà del produttore di aggiungere al 60% minimo di impasto canonico «farciture, bagne, coperture, glassature, decorazioni, nonché altri ingredienti caratterizzanti», l'1% di lievito di birra, i conservanti. Col che si autorizzava a chiamare panettone anche qualcosa di assai diverso dal panettone tipico della tradizione artigiana milanese. Ulteriori modifiche sono state introdotte in seguito, ma non minano granché una norma già assai squassata dal precedente. Il vero panettone è quello del disciplinare milanese: no conservanti, cedro e arancia canditi e uvetta non sono opinione ma dogma, in cima non ha glassa, perché si possa godere della spaccatura, risultato della scarpatura, cioè il taglio a croce in cima alla cupola (i lembi ottenuti vanno tagliati anche al di sotto, perché la parte sottostante del lievitato sia libera di crescere ulteriormente in cottura). Farciture alternative? Vade retro. Per trovarlo, basta recarsi (o comprare online) presso uno dei pasticcieri o panettieri di Milano e dintorni riconosciuti dalla Camera di commercio di Milano, poiché rigorosamente fedeli al disciplinare del 2003. Si riconoscono perché possono esporre in vetrina la vetrofania col logo ufficiale del panettone tipico della tradizione artigiana milanese (un panettone sullo sfondo di forme che ricordano quelle dell'Uomo vitruviano colorate nei toni delle vetrate del Duomo di Milano), presente anche nella confezione del dolce.Che lo mangiate tipico, artigianale ma yéyé, industriale o fatto con le vostre mani, una fetta da 100 grammi di panettone fornisce 334 calorie. Non sono eccessive paragonate a quelle, per esempio, di 100 grammi di cornetto alla crema (circa 2) che sono 424, motivo per cui si può fare colazione col panettone anziché il cornetto nei giorni dopo Natale. Anche rispetto ad altri dolci tipici del giorno nel quale nasce Gesù, il panettone vince: 100 grammi di pandoro hanno 430 calorie, di panforte 473 calorie. Un piccolo trucco per non appesantire troppo il pranzo di Natale? Non mangiare il pane durante il pasto e gustare il panettone alla fine.
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)
La Procura di Roma ipotizza a carico del capo di gabinetto del ministro il reato di false dichiarazioni ai pm, mai contestato ai componenti dell’esecutivo nel caso Almasri. Una mossa che rende più difficile estendere lo scudo dell’immunità alla dirigente.
Pedro Sánchez (Ansa)
Le aziende iberiche dell’energia: la rete elettrica è satura. La colpa è degli investimenti «verdi» che hanno provocato un netto taglio della spesa in sicurezza e infrastrutture.
Roberto Vavassori (Imagoeconomica)
Il presidente dell’Anfia (fornitori): «Dal vertice di venerdì ci aspettiamo risposte sui tempi del Green deal da allungare e difesa del made in Europe. Byd è un pericolo? Abbiamo incontrato 170 volte i funzionari asiatici».