2020-04-05
Il pacco è pronto: un nuovo Salvastati che spalancherà le porte alla Troika
Il governo continua a fingere di dare battaglia su tutti i tavoli europei. E dice perentorio: «Il Mes così com'è è uno strumento inadatto». La versione rimodulata, malgrado le balle, sarà pericolosa come quella vecchia.Man mano che ci avviciniamo all'Eurogruppo del 7 aprile, da un lato si fa sempre più nitido il quadro del «pacchetto di ventaglio» che a Bruxelles stanno preparando per l'Italia. Dall'altro, si fanno sempre più arditi i contorsionismi verbali del nostro governo nel goffo e vano tentativo di mascherare la realtà.Menzione speciale merita il comunicato emesso nella tarda serata di venerdì dal ministero dell'Economia, al termine di una convulsa giornata in cui da Bruxelles trapelavano notizie sui lavori preparatori dell'Eurogruppo in netta contraddizione con la linea politica dell'esecutivo. Ma la toppa appare peggiore del buco. Il comunicato esordisce con le «dure battaglie su tutti i tavoli negoziali» che però non si capisce bene sulla base di quale mandato siano condotte, non avendo il Parlamento espresso alcun atto di indirizzo, obbligatorio per legge. Ci fanno inoltre sapere che il pacchetto comprende il fondo Sure, che viene spacciato «per schema di assicurazione contro la disoccupazione», quando invece si tratta di prestiti soggetti a precise condizioni di impiego e di rimborso, peraltro da affiancarsi a schemi nazionali, che presuppongono delle garanzie fornite dagli Stati membri. Un'«assicurazione» il cui premio rischia di essere pari, se non superiore, all'eventuale risarcimento. Un bluff che ci raccontano essere «da anni richiesto dal nostro Paese», quando, in tale forma, non risulta alcuna richiesta.Viene citato il fondo della Bei, che proprio venerdì ha deliberato in un consiglio straordinario la costituzione di un fondo di garanzia di 25 miliardi, il che significa un altro impegno per l'Italia azionista al 19%, capace di «mobilitare» 200 miliardi. Un altro inganno, poiché i prestiti della Bei, facendo leva su quel fondo di garanzia, saranno solo 75 miliardi che, affiancati ad altri finanziamenti bancari per 125 miliardi, faranno affluire 200 miliardi alle imprese di tutta la Ue, spacciati invece per 200 miliardi di aiuti. Sarebbe un aiuto per gli Stati troppo indebitati come il nostro, peccato che le garanzie irrevocabili ed esigibili a prima richiesta siano comunque un impegno.Il comunicato prosegue con la richiesta di «emissione comune di bond europei», proprio nello stesso giorno in cui il presidente del Mes, Klaus Regling dichiara al quotidiano Il Sole 24 Ore che «tempo non ne abbiamo» e che emettere bond comuni richiederebbe almeno 7 mesi. Regling ripete che l'unico veicolo pronto per questo compito è il Mes, che ha capacità immediata di emettere obbligazioni e prestare denaro, mentre la Bei dovrebbe comunque costituire un fondo. Menziona il prossimo bilancio pluriennale come occasione per veicolare ulteriori fondi verso l'Italia, ma dimentica che a febbraio, l'accordo per il bilancio Ue 2021-2027 che stanziava circa 140 miliardi all'anno per tutta la Ue (appena l'1% del Pil) saltò per pochi miliardi di differenza. Comunque sempre briciole. E siamo al Mes, che il comunicato definisce «strumento inadatto» nella sua attuale forma, valido solo «senza condizionalità, un Mes che conservi del vecchio meccanismo solo il nome». Dello stesso tenore le dichiarazioni del Commissario Ue, Paolo Gentiloni, al quotidiano Die Welt: «Il Mes senza condizioni può essere uno strumento utile, ma solo uno tra molti» e ripropone, come accettabili dal blocco tedesco «bond comuni emessi per uno specifico scopo e come misura one-off destinata a rispondere esclusivamente a queste circostanze eccezionali». Sorge a questo punto il dubbio che Gentiloni e Regling non si parlino. Ora però questo inganno verbale deve finire. Il Trattato istitutivo del Mes non lascia spazio a dubbi. L'intero testo è disseminato di plurimi riferimenti a «condizioni rigorose». Si dispone che la Commissione Ue, di concerto con la Bce e, laddove possibile, con l'Fmi, negozi col Paese finanziato un protocollo d'intesa «che precisi le condizioni» dell'assistenza finanziaria. La valutazione della sostenibilità finanziaria del debito pubblico diviene costante, divenendo una spada di Damocle pendente sul Paese beneficiario. Il debito pubblico dell'Italia non consentirebbe un'ammissione con condizionalità soft e, anche qualora accadesse, nulla esclude un inasprimento delle condizioni in un secondo momento. Infine, anche il successivo, eventuale intervento «illimitato» (Omt) della Bce presuppone condizioni rigorose. Come è pensabile smontare questa rigida costruzione senza che la Corte di giustizia europea e la Corte costituzionale tedesca battano ciglio? «E 'l modo ancor m'offende» disse il Poeta. Ecco, stiamo finendo nella tagliola e ci prendono pure in giro.
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