
La notizia di un accordo bilaterale tra Roma e la Cina sulla Via della Seta fa infuriare l'America e alza un polverone a Bruxelles. Ma la mossa rischia di creare turbolenze anche nella maggioranza, dove la Lega ha scelto di privilegiare il rapporto con gli Usa.L'Italia si appresta a spaccare il G7. La componente grillina del governo si sta avvicinando sempre più alla Cina, la Lega invece va nella direzione opposta con l'intento di valicare l'Atlantico e chiudere accordi economici con Donald Trump. La notizia di un accordo bilaterale tra Roma e Pechino per ospitare investimenti tecnologici nell'ambito della via della Seta ieri ha fatto infuriare gli Stati Uniti e ha alzato un polverone fino a Bruxelles. L'iniziativa cinese di sviluppo infrastrutturale euro-asiatica «Belt and Road» potrebbe contare anche l'Italia tra i suoi sostenitori già a partire dalle prossime settimane, malgrado i dubbi degli Stati Uniti, che guardano con sospetto al maxi progetto lanciato nel 2013 dal presidente cinese. L'Italia sarebbe, dunque, il primo Paese del G7 a firmare un memorandum d'intesa con la Cina, forse già in occasione della visita del presidente Xi prevista dal 22 marzo ma ancora non annunciata ufficialmente da Pechino. «Il negoziato non è ancora concluso, ma è possibile che si chiuda in tempo per la visita», ha dichiarato il sottosegretario allo sviluppo economico, Michele Geraci, citato dal Financial Times. «Vogliamo assicurarci che i prodotti Made in Italy possano avere più successo in termini di volumi di export verso la Cina, che è il mercato a più rapida crescita al mondo».Alle parole di Geraci ha replicato il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Garrett Marquis, che ha chiesto ai partner e agli alleati, inclusa l'Italia, di esercitare pressioni su Pechino per il rispetto di standard internazionali e delle migliori pratiche negli investimenti all'estero. «Siamo scettici sul fatto che l'appoggio del governo italiano possa portare a benefici economici duraturi al popolo italiano, e potrebbe finire per danneggiare la reputazione globale dell'Italia nel lungo periodo».Le critiche di Washington sono state bollate come «davvero assurde» dal portavoce del ministero egli Esteri di Pechino, Lu Kang, nel corso di una conferenza stampa. «Come grande Paese e grande economia, l'Italia sa dove è il suo interesse e può fare politiche indipendenti», ha detto, senza confermare direttamente i negoziati in corso. «La Cina parla di prospettive e possibilità per gli altri Paesi nell'adesione a questa iniziativa», ha concluso il portavoce del governo cinese, ma se questo sia stato fatto tra Cina e Italia, ha glissato, «quando avremo informazioni a riguardo saremo lieti di rilasciarle».L'iniziativa «Belt and road», che è a tutti gli effetti lo sviluppo del progetto di una Via della Seta moderna, attraversa 152 Paesi, 67 dei quali hanno aderito all'iniziativa lo scorso anno, secondo le ultime cifre diffuse da Pechino, ma è vista con diffidenza anche dell'Unione europea, che nel 2017 ha annunciato nuove misure per lo screening degli investimenti stranieri per tutelare i propri interessi strategici. La possibile adesione dell'Italia al progetto infrastrutturale cinese è stata commentata pure da Bruxelles. «Tutti gli Stati membri, individualmente e nell'ambito dei quadri di cooperazione subregionali come il formato 16+1, hanno la responsabilità di garantire la coerenza con le norme e le politiche del diritto dell'Ue e di rispettare l'unità dell'Ue nell'attuazione delle politiche comunitarie», ha sottolineato un portavoce della Commissione, ricordando anche che lo scorso ottobre l'Ue aveva adottato una nuova strategia per rafforzare la connettività tra Europa e Asia. I toni si sono alzati all'improvviso dopo che martedì il nostro Paese si è sfilato dall'approvazione di normative quadro mirate a perimetrare le tipologie di investimento estero. Il Consiglio Ue ha approvato in ogni caso il regolamento che introduce nuove norme per esercitare un miglior controllo sugli investimenti diretti provenienti da Paesi terzi per motivi di sicurezza o di ordine pubblico. A astenersi, oltre all'Italia, è stata la Gran Bretagna. L'obiettivo di Bruxelles è dettare linee comuni e invasive su temi delicati come il 5G e altri filoni sensibili che riguardano la cyber security. Se Bruxelles decidesse che certi software devono essere certificati Ue per la Cina non ci sarebbe spazio. A infilarsi nella discussione del Consiglio sarebbe stato lo stesso Geraci, che non a caso ha fatto pendere il nostro Paese verso l'Asia. Dal 21 al 24 marzo Xi Jinping sarà a Roma a incontrare Sergio Mattarella per poi trascorrere una giornata a Palermo. L'obiettivo dei 5 stelle è portare in dote al leader cinese due gesti di disponibilità per ottenere pesanti investimenti sulla banda larga. Per lo stesso motivo ieri il sottosegretario leghista Guglilemo Picchi (decisamente atlantista) ha tenuto a precisare che nessun accordo è stato firmato con la Cina. Già il tema si porrà fra due settimane. Quando esploderà anche la questione 5G, perché le connessioni telefoniche sono la spina dorsale della nuova Via della Seta.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






