2022-07-29
Liberiamoci dello stato di eccezione. Il mondo è altro
La campagna elettorale è iniziata con toni da cortile e sgambetti infantili. Eppure bisognerebbe fare i conti con le vere poste in gioco del presente, dalla guerra allo stato d’eccezione.Inutile negarlo: una sgradevole aria da cortile accompagna le prime mosse della campagna elettorale. Non è solo il grido «comando io», «comandi tu», «comanda lei» a non entusiasmare le menti e i cuori degli italiani di ogni età. Lo si è sentito già troppe volte, anche i più pazienti si sono stufati. I vassalli delle varie redazioni da tempo spiegano che è venuto il momento del «leader», e si affannano a indicare fisionomia e gusti di quello «giusto». Ma intanto il leader non si vede, e appena ne prende forma uno, in non molto tempo si disfa. Il solo parlarne ne fa sfumare l’immagine, che via via si perde È un po’ come nel Novecento quando in tutte le platee dei teatri d’Europa si dava Aspettando Godot del cantore dell’assurdo Samuel Beckett; ma Godot non arrivava mai. A furia di aspettare Godot anche Draghi era parso (anche a chi scrive), un Godot, ma quando poi è arrivato, dopo che ci ha inchiodato al green pass, assicurando che i vaccini immunizzavano, non si vedeva l’ora che ripartisse.Anche perché - a differenza di Godot, che non c’è e quindi non arriva, questo ci ha lasciato un regalino mica da ridere: la guerra in cui ci ha cortesemente fatto sapere che ormai ci trovavamo, in aiuto dell’eroica Ucraina e contro l’orrenda e autoritaria Russia. Peraltro amica e cliente di molte aziende italiane che andavano rieducate al più presto al vero bene con stratagemmi tipo green pass: se fai affari con i russi, addio diritti: tram, lavoro, supermercato, bonus, adiòs. Regalino confezionato assieme, oltre che al capo atlantico Sleepy Joe Biden, ai migliori fichi del paniere europeo, che nell’entusiasmo avevano dimenticato di essere totalmente dipendenti dalla Russia per bazzecole come il petrolio, il pane, ed altre cosine così. Comunque, c’era l’assicurazione di Ursula sul prossimo default della Russia, oltre a diagnosi diffuse nella crème dei leader europei sulla pessima salute di Putin: un uomo finito. Peccato che da tempo non si vedesse Putin così attivo e in forma, e la Russia stabilire con maggiore fermezza e tranquillità gli aumenti da essa stabiliti sui diversi beni essenziali che vende a tutto al mondo e anche a noi, anche se infastidita perché abbiamo dato a più riprese dell’animale al suo capo. Qui ci ha messo il drago degli affari e qui siamo: soltanto il costo economico dell’operazione - dicono i tecnici - oltrepassa di un bel po’ il leggendario e assai misterioso Pnrr. Poiché però non siamo una scolaresca di studenti fuori corso è proprio di questo, forse, che dovremmo parlare prima delle elezioni e nei programmi elettorali. Anche perché è questo, come questo giornale ha più volte illustrato, il vero mondo di oggi. Non il mondo bipolare, capitalismo contro comunismo, di quando si era ragazzi e si correva per le strade gridando «Ho-Ho-Ho-Chi-Minh». Quello era già finito con il primo colpo, assestato dalla strana ma geniale coppia Ho Chi Minh e Henry Kissinger nel 1975, con la vittoria vietnamita sugli Usa nella guerra del Vietnam («Fuori 1») completata poi all’inizio del 1992 con la dissoluzione dell’Unione Sovietica («Fuori 2»). Oggi non c’è più né il «capitalismo», né il «comunismo», c’è ancora tutto però non in ismi ma in fatti: l’iniziativa privata e il capitalismo di Stato. Come non c’è più, da un bel po’, la democrazia, la società interclassista, la libertà di parola e di fede, e tante altre belle cose di cui ci si riempie in continuazione la bocca per mettere a tacere gli altri. Ma la gente se ne sta accorgendo (anche grazie al Covid, cimitero delle libertà). Lo stato d’eccezione non è un’invenzione di filosofi come Giorgio Agamben o Carl Schmitt, ma la realtà della politica di oggi impegnata a legare la violenza al diritto (la ministra che caccia con gli idranti i lavoratori del porto), invece di guardarla nella sua purezza e significato (come invitava a fare Benjamin fin dagli anni Trenta). Il politicamente corretto (che è anche il decreto Zan, la Commissione Segre, e altri dispositivi/politici psicoattivi) è il codice comunicativo e fintamente programmatico (in realtà statico) di questa fase tardo moderna che cerca disperatamente di continuare a governare in nome delle vecchie ideologie di cui è espressione, non osando dichiararne la morte, avvenuta già nel secolo scorso.Per questo le campagne elettorali assumono questo strano gusto, tra il funerario e l’infantile, e nessuno osa ricordare ai presidenti che la guerra in cui abbiamo gettato la vita delle nostre popolazioni è il tentativo di rianimare uno scenario morto da tempo: gli Stati Uniti e il resto del mondo al seguito. L’atteggiamento appena educato del resto del mondo alle Nazioni Unite e altrove verso i capi occidentali, con il suo distacco verso le manifestazioni spesso volgari dello stile comunicativo dei nostri leader, ha mostrato anche fisicamente il penoso disordine in cui l’Occidente è caduto. D’altronde è naturale. Nel resto del mondo la fede religiosa è un riferimento centrale: è questa la grande differenza tra le nostre società e le loro. Come ha diffusamente spiegato lo storico Remi Brague: le società secolarizzate, senza Dio, come l’Occidente contemporaneo, sono destinate a finire miseramente, come è sempre accaduto nella storia. Se giuri sulla Bibbia, come fa Biden, ma poi promuovi l’aborto, la società si indebolisce. Oppure ti caccia. Questo è il vero sfondo di queste elezioni, che si svolgono come se il mondo fosse ancora quello Draghi/Biden, mentre sono figure di ieri. Certo, il tempo è poco, e sono grosse questioni. Se però non ci si confronta con questa realtà si gioca e si perde anche quel poco tempo e denaro che c’è. Come hanno fatto Draghi, e prima di lui Conte, con le loro compagnie di giro. Gli elettori invece hanno bisogno di vivere e di lavorare. Non nelle maglie di ferro delle guerre (o dei farmaci, o di codici identificativi) dello stato d’eccezione, ma nell’impegno vitale della purificazione dalla violenza travestita da bontà.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)