Associazioni di categoria e sindacati alla Meloni: «L’ok al libero scambio tra Europa e Paesi latinoamericani è devastante». Luigi Scordamaglia (Filiera Italia): «In Brasile usano pesticidi vietati da noi». Amazzonia a rischio. Ci risiamo e le proteste sono già dimenticate. Appena Ursula von der Leyen è stata sicura di conservare il posto, ciò che aveva promesso ai trattori che assediavano Palazzo Berlaymont a Bruxelles si è dissolto come neve al sole. Così all’inizio della settimana in Brasile sono ripartite - molto alla chetichella - le trattative per l’accordo Mercosur di libero scambio tra l’Unione europea e i Paesi latinoamericani: Brasile, Argentina, Uruguay, Paraguay con l’aggiunta della Bolivia.La faccenda è annosa quanto complicata, se ne parla da quasi trent’anni. Il nocciolo della questione è, però, sempre quello: gli agricoltori non ci stanno a essere usati come merce di scambio per favorire la finanza d’Olanda, la meccanica e, in particolare, le auto della Germania e non vogliono portarsi in casa concorrenti che non hanno gli stessi standard né di rispetto dell’ambiente, né qualitativi, ma neanche etici. Così ieri tutto il mondo agricolo - Coldiretti, Filiera Italia, Legacoop Agroalimentare, UnaItalia - e sindacale (Fai Cisl, Uila, Flai Cgil) ha scritto un pressante e preoccupato appello al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni: «L’accordo in questione rischia di generare squilibri drammatici per la filiera produttiva europea a causa delle evidenti asimmetrie negli standard produttivi. Esprimiamo profonda preoccupazione. Se l’accordo viene sottoscritto nella sua attuale forma avrebbe effetti devastanti sull’intero comparto agroalimentare europeo e italiano». Perché tanta agitazione in Italia? Lo spiega Luigi Scordamaglia, amministratore delegato di Filiera Italia: «L’Italia è cruciale per respingere l’accordo che la Von der Leyen vuole firmare entro fine anno. Siamo preoccupati perché sentiamo solo silenzi e sappiamo che ci sono associazioni che spingono per la firma in nostro danno. Il nostro ministro degli Esteri, Antonio Tajani, è andato come osservatore alle trattative e se ne ricava l’impressione che i tedeschi siano disposti a tutto. Sappiamo che il comparto automotive italiano spinge nella stessa direzione dei tedeschi e francamente ci meravigliamo che un settore che ha delocalizzato possa prevalere sulle giuste istanze del mondo agricolo e agroalimentare».L’Italia potrebbe fare cartello con Irlanda, Polonia, Ungheria ma, soprattutto, Francia nel bloccare questa stesura dell’accordo Mercosur che è già stato stoppato una volta da un messaggio inviato via Whatsapp da Emmanuel Macron a Ursula von der Leyen. La Francia protegge la sua zootecnia e il suo grano. Il timore è che, essendo ora Macron indebolito, il presidente della Commissione Ue si senta più libero. Così, l’atteggiamento di blocco dell’Italia diventa decisivo. Da qui il preoccupato appello. È significativo che lo abbiano firmato anche i maggiori sindacati. Soprattutto nel comparto agricolo, nei Paesi latinoamericani che fanno parte del «cartello» le condizioni di lavoro rasentano lo schiavismo, i salari sono bassissimi, il dumping etico-sociale eclatante. Ma c’è un’altra ragione per il no e che illustra come l’afflato green della Von der Leyen e della Commissione europea sia più uno slogan che una reale convinzione.Il Brasile è il Paese che ha disboscato di più. È quello che ospita Jbs, il colosso mondiale della carne, accusata di spazzare via la foresta amazzonica e di usare lavoro minorile per fatturare 390 miliardi di euro. Nei suoi allevamenti vengono somministrati antibiotici, del tutto vietati in Europa, in massicce dosi. È anche uno dei primi finanziatori della carne sintetica. Le diverse organizzazioni scrivono nell’appello a Giorgia Meloni: «Secondo alcune stime, l’entrata in vigore dell’accordo Ue-Mercosur potrebbe contribuire all’abbattimento di 1,35 milioni di ettari di foreste, mettendo a rischio uno degli ecosistemi più preziosi del pianeta». Sottolinea Luigi Scordamaglia: «Noi non siamo affatto contrari ad accordi di libero scambio, anzi. Ma a condizione che vengano rispettati gli stessi standard ambientali, sanitari ed etici che vigono in Europa. Il Brasile usa una quantità enorme di fitofarmaci e pesticidi del tutto vietati in Europa, li ha incrementati di quattro volte negli ultimi venti anni. Il presidente brasiliano Luiz Lula ha già detto che non intende accettare alcuna limitazione di tipo ambientale o etico, che continuerà a disboscare l’Amazzonia e non intende accettare gli standard europei. Ci chiediamo come si possa siglare un accordo solo per favorire alcuni settori a discapito della salute dei cittadini europei e delle imprese che operano nel rispetto dell’ambiente e dei valori etici».Ecco che la posizione italiana diventa decisiva, da qui il richiamo a Giorgia Meloni. Ma si sa che la Von der Leyen vuole riequilibrare i conti commerciali col Mercosur sbilanciati a favore delle loro esportazioni per 8 miliardi. Il Brasile è il terzo fornitore agricolo dell’Europa (ci vende prodotti per quasi 9 miliardi) ed esporta soprattutto semi oleosi (7,9 milioni di tonnellate) e cereali (4,9 milioni di tonnellate), ma ora punta sulla carne. Più o meno la situazione che c’è in Italia. Nei primi sei mesi del 2024 abbiamo importato dal Brasile per 2 miliardi e 318 milioni. Un miliardo e 437.000 sono costituiti da prodotti agricoli e 449 milioni da prodotti alimentari pari all’81,3% dell’import. Abbiamo esportato per 2 miliardi e 866 milioni; macchinari e autoveicoli fanno 2 miliardi e 335 milioni, in pratica l’81,5% del nostro export. Tra agricoltura e agroalimentare vendiamo poco più di 300 milioni di prodotti. Da qui il timore che una macchina valga bene una stalla in meno.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa podcast del 10 novembre con Carlo Cambi
Martin Sellner (Ansa)
Parla il saggista austriaco che l’ha teorizzata: «Prima vanno rimpatriati i clandestini, poi chi commette reati. E la cittadinanza va concessa solo a chi si assimila davvero».
Per qualcuno Martin Sellner, saggista e attivista austriaco, è un pericoloso razzista. Per molti altri, invece, è colui che ha individuato una via per la salvezza dell’Europa. Fatto sta che il suo libro (Remigrazione: una proposta, edito in Italia da Passaggio al bosco) è stato discusso un po’ ovunque in Occidente, anche laddove si è fatto di tutto per oscurarlo.
Giancarlo Giorgetti e Mario Draghi (Ansa)
Giancarlo Giorgetti difende la manovra: «Aiutiamo il ceto medio ma ci hanno massacrati». E sulle banche: «Tornino ai loro veri scopi». Elly Schlein: «Redistribuire le ricchezze».
«Bisogna capire cosa si intende per ricco. Se è ricco chi guadagna 45.000 euro lordi all’anno, cioè poco più di 2.000 euro netti al mese forse Istat, Banca d’Italia e Upb hanno un concezione della vita un po’…».
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, dopo i rilievi alla manovra economica di Istat, Corte dei Conti e Bankitalia si è sfogato e, con i numeri, ha spiegato la ratio del taglio Irpef previsto nella legge di Bilancio il cui iter entra nel vivo in questa settimana. I conti corrispondono a quelli anticipati dal nostro direttore Maurizio Belpietro che, nell’editoriale di ieri, aveva sottolineato come la segretaria del Pd, Elly Schlein avesse lanciato la sua «lotta di classe» individuando un nuovo nemico in chi guadagna 2.500 euro al mese ovvero «un ricco facoltoso».
Ansa
«Fuori dal coro» smaschera un’azienda che porta nel nostro Paese extra comunitari.
Basta avere qualche soldo da parte, a volte nemmeno troppi, e trovare un’azienda compiacente per arrivare in Italia. Come testimonia il servizio realizzato da Fuori dal coro, il programma di Mario Giordano, che ha trovato un’azienda di Modena che, sfruttando il decreto flussi, importa nel nostro Paese cittadini pakistani. Ufficialmente per lavorare. Ufficiosamente, per tirare su qualche soldo in più. Qualche migliaia di euro ad ingresso. È il business dell’accoglienza, bellezza.






