2020-12-27
Il «miracolo» britannico: una democrazia che sa rispettare ancora il popolo
In un'epoca in cui il parere degli elettori conta sempre di meno, Boris Johnson ci dà un esempio di fedeltà al responso delle urneAlla fine hanno avuto ragione gli inglesi che il 23 giugno del 2016 avevano votato per lasciare l'Unione europea. La politica, in quel Paese, ha rispettato il mandato popolare ed è uscita dall'Europa. Visto da un Paese come il nostro, dove i referendum molte volte non hanno significato assolutamente niente, non è poco. La politica che rispetta il popolo. La terra del più antico Parlamento ha dimostrato ancora una volta di meritarselo. E questo è il primo punto. Vi ricordate Mario Monti quando sosteneva che su questioni così importanti la decisione non può essere rimessa nelle mani del popolo, per lui popolino, dimenticandosi – tra l'altro – che in Italia fu un referendum che decise la forma di Stato: Repubblica o Monarchia? Insomma, una bella lezione di democrazia dal vecchio Regno Unito.Per oltre un anno tra Londra e Bruxelles c'è stata una guerra di posizione, come nelle trincee della prima guerra mondiale. Poi tutto, in poco, come d'incanto, si è sbloccato. Da cosa è dipeso? Lo volete sapere? Dai soldi e dai calcoli della Germania fatti dalla signora Angela Merkel. Detto più educatamente da considerazioni di convenienza economica. Vi ricordate quelli che dicevano «lasciamoli andare, da soli dove vanno?», oppure «da soli andranno a sfracellarsi e saranno costretti a tornare indietro»? Si andava dal disastro allo sfracello, dal fallimento al default economico-finanziario. E fin qui eravamo nel campo dell'ideologismo vario di stampo europeista. Di quelli che «muro o non muro, tre passi in avanti». Di quelli che sono talmente europeisti che si son persino dimenticati che l'Europa è fatta da Stati singoli e che la Gran Bretagna è uno di questi con una storia un po' particolare essendo stata un Impero e potendo contare, oltre che sui rapporti commerciali con l'Europa stessa, con tradizionali rapporti con gli Usa, che saranno rafforzati e, non ultimo che quel Paese guida il Commonwealth, cui appartengono 54 Stati indipendenti accomunati dal fatto di essere appartenuti all'Impero britannico, e che non è esattamente una pro loco che organizza sagre di salamelle, sono rapporti culturali ed economici.Ma veniamo alla Germania. Nel 2018 i tedeschi vendendo meccanica e automobili agli inglesi hanno realizzato un surplus di 45 miliardi. Non a caso la Merkel, annunciando l'accordo ha parlato del regno Unito come di un importante partner per la Germania (prima) e per l'Europa (dopo). La Merkel ha fatto esattamente lo stesso che aveva fatto poco prima per il Recovery plan: puntare sulla transizione ecologica, il green deal, utile esattamente alla riconversione dell'industria automobilistica tedesca. Nulla di nuovo sotto il sole: segui la via dei soldi e conoscerai le intenzioni vere, al di là di quelle dichiarate. Saranno anche lo sterco del diavolo, come dicevano nel Medioevo, ma a volte, evidentemente, non puzza.E se quei cervelloni italiani che gridavano allo scandalo ed esibivano una certa sicumera nei confronti degli inglesi avessero anche loro fatto due conti, forse sarebbero stati più calmi. Infatti, più che le nostre esportazioni in quel Paese - pur importanti - sarebbe bastato considerare che la Germania non potrebbe esportare auto e meccanica in Inghilterra senza le componenti di meccanica italiane. Ora mi rendo conto che il ragionamento per le verginelle europeiste si fa troppo complicato, ma l'economia è fatta così: è collegata, interconnessa. Se tocchi un punto devi conoscere quel che può succedere altrimenti fai come quello che uscì di casa per bastonare e tornò bastonato. Boris Johnson ha parlato con chiarezza dicendo che culturalmente, economicamente, geograficamente, strategicamente il Regno Unito è legato all'Europa. Ma non si riferiva a Bruxelles e all'euro.
Francesca Albanese (Ansa)
Andrea Sempio. Nel riquadro, l'avvocato Massimo Lovati (Ansa)