
Nel disegno di legge del 2012 per la ratifica del trattato, il professore scriveva: «Questa versione supera quella del 2011». Un'altra bugia di Giuseppi smentita.Quando è stato ratificato il Trattato che istituisce il Mes? No, non è il «domandone» finale di un quiz televisivo, bensì il quesito sul quale da giorni si stanno arrovellando giornalisti e commentatori di tutta Italia. Riuscire nell'intento di attribuire la paternità della firma di quel trattato, infatti, significherebbe dare un nome al presunto colpevole della delicata situazione politica nella quale ci troviamo ormai completamente immersi. Ma la risposta all'interrogativo che tiene sotto scacco la politica nostrana, ve lo anticipiamo, è meno banale di quanto ci si possa aspettare. Un pietoso scaricabarile innescato proprio dallo stesso premier Giuseppe Conte, che venerdì scorso in conferenza stampa ha abilmente buttato la palla dall'altra parte del campo: «Il Mes non esiste da ieri». Pd e M5s, con l'aiuto di certa stampa, hanno prontamente rigirato la frittata attribuendo le responsabilità ai governanti in carica all'epoca dell'approvazione del Mes, vale a dire Silvio Berlusconi, a quei tempi premier, e Giulio Tremonti, che di quell'esecutivo era ministro dell'Economia e delle finanze. Le carte ufficiali, tuttavia, dicono un'altra cosa. Nella relazione che accompagna il disegno di legge per la ratifica del Mes, presentato in Senato il 3 aprile del 2012 e firmato da Monti, Terzi e Moavero, si legge: «Il Trattato che istituisce un Meccanismo europeo di stabilità è stato sottoscritto dai 17 Paesi dell'eurozona il 2 febbraio 2012, in una nuova versione che supera quella sottoscritta l'11 luglio 2011». Parole che suonano come una clamorosa smentita della versione portata avanti da dem e pentastellati, dal momento che a partire da novembre del 2011 in carica c'era Mario Monti, il quale ricopriva sia il ruolo di presidente del Consiglio che di ministro dell'Economia. Spiega la relazione che del testo varato dall'Ecofin l'11 luglio 2011, quello cioè firmato da Giulio Tremonti, non è stato avviato a ratifica «in nessun Paese dell'eurozona», in quanto la nuova stesura amplia «sia l'ammontare massimo di risorse disponibili, sia la tipologia delle operazioni consentite» dal Fondo salvastati. A conti fatti, e i documenti parlamentari lo dimostrano, esistono due differenti trattati sul Mes: uno firmato da Tremonti a luglio del 2011, ma mai entrato in vigore, e quella attualmente valido, firmato e ratificato da Monti nel 2012. La faccenda, dunque, si fa decisamente ingarbugliata. Perché ci fu bisogno di modificare il trattato dopo averci lavorato per tanti mesi, fino alla sua approvazione? E cosa approvò allora quel fatidico Consiglio dei ministri del 3 agosto 2011? La risposta a questa seconda domanda si trova nel testo del comunicato rilasciato in quella data da Palazzo Chigi. L'esecutivo Berlusconi diede infatti disco verde alla modifica dell'articolo 136, funzionale all'istituzione del Mes, facendo riferimento alla decisione del Consiglio europeo del 25 marzo 2011. Nessun rimando alla firma del trattato avvenuta poco meno di un mese prima. Ma l'aspetto forse più interessante riguarda le conclusioni del vertice euro che ebbe luogo il 21 luglio 2011, dunque appena dieci giorni dopo l'Ecofin che aveva varato il testo del Mes, e nel quale i leader europei convenivano di apportare delle modifiche sostanziali al trattato, specificando di avviare «al più presto le procedure necessarie per l'attuazione di tali decisioni».Nei mesi a seguire si svolsero importanti riunioni a Bruxelles che portarono alla stesura definitiva del trattato firmato per l'appunto da Mario Monti. Quello attribuito a Berlusconi e Tremonti, infatti, non vide mai la luce.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.