2018-04-18
Il matrimonio tra Anas e Ferrovie costa già caro alle casse del Tesoro
L'assemblea dei soci di Fs delibera un dividendo di 150 milioni per l'azionista pubblico: nel 2016 era stato il doppio. Pesa la fusione: i tecnici hanno dovuto spostare il problema all'anno prossimo. L'assemblea dei soci di Fs che si è riunita ieri ha deliberato un dividendo di 150 milioni di euro al suo unico azionista, il Tesoro. Niente a che vedere con la cedola da 300 milioni che via XX settembre aveva ricevuto nel 2016. La cifra deliberata appare piuttosto scarsa. Soprattutto considerando che l'amministratore delegato del gruppo Fs, Renato Mazzoncini, ha definito il 2017 quello con il «migliore bilancio di sempre».Nel dettaglio, il 2017, per il gruppo Ferrovie dello Stato si è chiuso con ricavi operativi per 9,3 miliardi di euro, in crescita del 4,2% annuo rispetto al 2016, un margine operativo di oltre 2,3 miliardi, rispetto ai 2,29 dell'esercizio precedente e un utile netto di esercizio di 552 milioni. Senza considerare il risultato netto di 231 milioni che ha realizzato la capogruppo. Pallottoliere alla mano, quindi, rispetto al 2016 il Mef ha dovuto dire addio a 150 milioni di cedola, nonostante l'ex monopolista ferroviario abbia messo a segno un anno record. Interpellata sul tema, Ferrovie dello Stato ha fatto sapere alla Verità che, «è facoltà dell'azionista deliberare la cifra che più ritiene opportuna e quest'anno è stato scelto di offrire un dividendo minore per poter avere maggiore liquidità». In questo caso, dunque, la società ferroviaria ha scelto di tenersi circa 80 milioni per eventualità future. Il 29 dicembre 2017, però, è stata approvata la fusione tra le Ferrovie dello Stato e Anas. Il problema è che l'ente nazionale per le strade è entrato nelle Fs con un patrimonio ufficiale di circa 2,8 miliardi di euro. Peccato che il patrimonio effettivo in realtà fosse tra i 600 e gli 800 milioni. In parole povere ad Anas mancano all'appello circa 2 miliardi di euro. Un problema che prima o poi dovrà essere risolto, come sa bene l'ad Mazzoncini (che ha voluto fortemente la fusione), considerato vicino all'ex premier Matteo Renzi e confermato per un triennio in occasione dello scorso Natale. Per questo, in vista dell'assemblea di ieri, Mazzoncini aveva deciso di scrivere in extremis all'esecutivo (ormai in scadenza) per poter fare affidamento ancora una volta sul governo di Paolo Gentiloni. Mazzoncini aveva inviato una lettera a due ministri, Pier Carlo Padoan dell'Economia e Graziano Delrio dei Trasporti specificando che le valutazioni degli asset in occasione nel matrimonio con Anas avrebbero potuto mettere in serio pericolo il dividendo da destinare al ministero del Tesoro. Avrebbe scritto l'ad: la svalutazione «destinata a manifestarsi da subito contabilmente sul valore della partecipazione in Anas e, quindi, sul patrimonio netto di Fs, si rifletterebbe nella impossibilità per quest'ultima società di proporre la distribuzione di dividendi all'azionista ministero dell'Economia già in sede di destinazione dell'utile di esercizio 2017».Per ovviare al problema, il numero uno delle Fs proponeva - stando alla ricostruzione del Fattoquotidiano.it - una soluzione. Secondo Mazzoncini sarebbe stato possibile attribuire anche all'Anas una sorta di valore di subentro di 2 miliardi di euro in vista della scadenza della concessione statale nel 2032, una specie di buonuscita a compenso degli investimenti eseguiti e non ammortizzati.Una soluzione che in realtà sarebbe di difficile realizzazione. In primis perché ai concessionari privati (come avviene per le autostrade dei Gavio o dei Benetton) non viene riconosciuto un valore di subentro per gli investimenti finanziati con contributi statali pubblici. Inoltre, una mossa del genere peserebbe molto sui conti statali e quindi sarebbe in contrasto con quanto stabilito dalla legge che esclude per il l'operazione Fs-Anas «effetti negativi sui saldi di finanza pubblica». Senza considerare che per fare tutto ciò servirebbe un decreto ad hoc che dovrebbe essere firmato da un Parlamento che al momento non è insediato. Ad oggi, dunque, pare che sia stata trovata una soluzione intermedia: quella cioè di dare al Tesoro un dividendo ridotto che non lasci il ministero a bocca asciutta e che permetta alle Ferrovie dello Stato di risolvere definitivamente il problema tra circa un anno, quando i soci dovranno approvare il nuovo bilancio nel quale confluiranno tutte le valutazioni civilistiche del dopo matrimonio. Intanto, nell'assemblea di ieri, Il cda di Fs Italiane ha deliberato l'emissione di prestiti obbligazionari per il valore complessivo di 650 milioni di euro. La nuova liquidità sarà destinata in particolare alla copertura di investimenti di Trenitalia e di Rete Ferroviaria Italiana per l'infrastruttura ad alta velocità ed alta capacità. La palla passa dunque al prossimo governo.