
Il Movimento punta i piedi sui fondi agli istituti privati, ma se chiudessero i disoccupati sarebbero 50.000. Maturità non programmata per gli studenti delle parentali: a rischio gli esami di ammissione all'università.Nessun aiuto alle scuole paritarie, non nel decreto Rilancio. È un inequivocabile niet, quello apparso nelle scorse ore sul Blog delle Stelle, piattaforma del movimento fondato da Beppe Grillo, a firma di Gianluca Vacca e Bianca Laura Granato, rispettivamente capogruppo del M5s nelle commissioni Cultura di Camera e Senato.«Non abbiamo alcuna intenzione di cedere su questo punto», hanno tuonato Vacca e Granato, «dare più soldi alle paritarie, significa darne di meno alla scuola pubblica». «Impossibile per il Movimento 5 stelle accettare una cosa del genere», hanno aggiunto i due, lamentando che sarebbe sbagliato erogare aiuti a questi istituti dato che la gestione degli stessi «non è di competenza dello Stato».Non c'è che dire, messaggio chiarissimo. E la coalizione ha recepito. Infatti, nonostante una nota del Pd a firma tra gli altri di Valeria Fedeli e Matteo Orfini di tenore dialogico («gli istituti pubblici, statali e non statali, devono essere tutelati tutti»), uno dei tre relatori del decreto Rilancio, Luigi Marattin di Italia viva, ha fatto ieri sapere che l'affaire paritarie è temporaneamente accantonato, in vista di un'«intesa più larga possibile». Tradotto dal politichese: le paritarie rischiano, nell'immediato, di sparire dal radar del dibattito.Tutto bene, dunque? Non esattamente, dato che quella del M5s verso questi istituti sa di opposizione ideologica e appare dettata anche da non conoscenza dell'argomento. Dalla lettura delle dichiarazioni di Vacca e Granato, laddove si legge che la gestione dei fondi alle paritarie «non è di competenza dello Stato», sembra infatti non esser chiaro, come evidenziato dal leghista Mario Pittoni, presidente della commissione Cultura del Senato, che questo è proprio un elemento di garanzia.Infatti, se le scuole statali spendono male i loro fondi e i revisori non intervengono in tempo, gli oneri finiscono a carico della comunità; ma se fanno altrettanto le paritarie - sulle quali non grava l'obbligo di appoggiarsi a collegi di revisione o singoli professionisti -poi queste chiudono; di qui, appunto, un elemento di responsabilizzazione non colto, evidentemente, in casa grillina.Allo stesso modo, non sembra esser chiaro come il sostegno alle scuole paritarie sia nel diretto interesse dello Stato, sia per motivi economici sia per ragioni logistiche, con queste ultime che appaiono chiare già alla luce dei numeri. Le paritarie presenti nella nostra penisola ammontano infatti a 12.547, per un totale di 160.000 dipendenti e 870.000 studenti. Ora, a causa della pandemia è a rischio chiusura una paritaria su tre; significa che, a breve, lo Stato si potrebbe trovare a dover ospitare nelle sue aule un esercito di 300.000 nuovi alunni: impresa impossibile. Senza dimenticare, poi, gli oltre 50.000 disoccupati che verrebbero a materializzarsi. Una moria di istituti paritari, insomma, sarebbe una grana da qualche miliardo di euro. Un disastro.Tanto che c'è chi da anni spiega come le paritarie convengano all'ente pubblico, garantendo al bilancio statale un risparmio annuale di circa 7.000 euro ad alunno. Per questo, Luisa Ribolzi, docente di sociologia dell'educazione all'università di Genova, ancora nel 2013 firmava sul Sole 24 ore un intervento denunciando i grandi costi della «statalizzazione del bambino paritario». Speriamo si riesca a spiegare tutto questo al M5s, rammentando magari pure l'esistenza delle scuole parentali. Basate sull'«homeschooling», opzione di assolvimento dell'obbligo scolastico esito della scelta di una o più famiglie di provvedere in autonomia all'istruzione dei figli, sono scuole a tutti gli effetti, pienamente riconosciute. Ciò nonostante, e benché si tratti di realtà tutelate dagli articoli 30 e 33 della Costituzione, appaiono oggi come le grandi dimenticate, forse più ancora della paritarie. Lo prova un dato lampante: siamo quasi a fine giugno e ancora per queste scuole - cui fanno riferimento circa 15.000 allievi - non è stata fissata una data per gli esami di maturità. Non solo. Ancora non si conosce nulla neppure per gli esami preliminari alla maturità. E non è tutto: per i candidati alla maturità esterni, i cosiddetti «privatisti», al momento mancano ancora pure i protocolli di sicurezza, le indicazioni sulle modalità di svolgimento delle prove, tutto. Non si esagera insomma se si afferma che le scuole parentali oggi brancolano nel buio; con il serio rischio che, per esse, la data della maturità slitti a ormai al prossimo settembre, così compromettendo per i maturandi la possibilità non solo di preparare ma perfino di effettuare, ove necessari, i test per l'ingresso all'università.Il sospetto che appare assai fondato è dunque che anche contro le scuole parentali ci sia un pregiudizio ideologico, con conseguenti tentativi tutti politici - a colpi di disorganizzazione e burocrazia - di rendere la vita del tutto impossibile alle famiglie che ne sono responsabili. E tanti saluti al principio costituzionale della libertà educativa, questa sconosciuta.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.