
Sostegno al presidente dell'Inps, la cui riorganizzazione dell'ente è molto criticata: malati trasferiti e promozioni controverse. C'è Movimento e movimento. Il primo, quello dei pentastellati, si è sperticato in una difesa d'ufficio del superpresidente Inps Pasquale Tridico (che assomma anche i poteri del futuro Cda) presentandolo come il salvatore della patria pensionistica che ha «avviato un processo di riorganizzazione dell'Istituto partecipato e trasparente». E poi c'è quello fisico a cui sono costretti dirigenti di prima fascia allontanati dalla sede centrale e rimescolati in un gioco di poltrone che, tra non molto, arriverà in tribunale per presunte violazioni contrattuali e di merito. Tra questi «esiliati» c'è però anche un manager, affetto da una grave malattia, trasferito a 700 chilometri da casa malgrado sia in cura in un centro medico specialistico in una città del Nord, che avrebbe meritato ben altra premura. Da quel che risulta al nostro giornale, infatti, l'uomo ha difficoltà a seguire il protocollo terapeutico perché non esiste un istituto attrezzato nella sua nuova regione di destinazione, e quindi è costretto a spossanti viaggi in auto per poter riprendere i trattamenti nel weekend. Il dirigente, beneficiario della legge 104, avrebbe cercato di opporsi allo spostamento - ha confidato alle persone più vicine - senza però riuscire a convincere i suoi superiori. Così, ha dovuto ubbidir tacendo. E sottostare alla implacabile e disumana burocrazia dell'azienda. Come ha provato sulla sua pelle anche un altro dirigente di prima fascia, Fabrizio Ottavi, ex direttore del controllo di gestione, che da tre anni l'Inps cerca inutilmente di mettere in quiescenza. Anche Ottavi è disabile, e potrebbe in teoria andare in pensione col sistema contributivo in vigore prima della riforma Fornero. Confidando in questa opzione, i vertici dell'Istituto nel 2017 lo estromettono dal giro delle direzioni e gli affidano un incarico di consulenza sul contenzioso medico-legale. A marzo 2018, la dg Gabriella Di Michele (all'epoca il presidente è Tito Boeri) gli comunica la cessazione del rapporto di lavoro. Solo che commette un errore: dimentica che due sentenze della Cassazione e una circolare dello stesso Istituto hanno escluso che un assegno ordinario di invalidità, come quello che Ottavi percepisce, non può essere trasformato in pensione di vecchiaia. Dunque, il direttore generale deve annullare in autotutela il suo provvedimento e ripristinare il contratto. Oggi, Ottavi è ancora al suo posto.«L'Inps sta scoppiando per i troppi dirigenti», spiega una fonte interna. «E quindi ogni manovra è ben accetta per liberare una poltrona da destinare agli amici. Stiamo parlando di incarichi da 240.000 euro lordi all'anno. Con la incorporazione di Inpdap ed Enpals, siamo passati da 28 dirigenti a 54 malgrado la normativa Fornero indicasse in appena due i dirigenti da cooptare». Tutte le riorganizzazioni finora varate dall'ente previdenziale, secondo la fonte, «non affrontano i nodi del lavoro, ma si limitano a bilanciare al meglio questi incarichi». Peraltro, dopo una flessione che aveva portato a 39 dirigenti di prima fascia, col presidente Tridico la pianta organica è tornata a crescere raggiungendo quota 43.Da lunedì scorso, nella sede di via Ciro il Grande a Roma, è entrato coi galloni di numero uno della direzione centrale studi e ricerche pure il professor Daniele Checchi che, nell'Inps, era componente dell'Organismo indipendente di valutazione dal 2017. Un soggetto amministrativo chiamato (fonte ministero dell'Interno) al «monitoraggio del funzionamento complessivo del sistema della valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni» e alla «comunicazione tempestiva delle criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei Conti, all'Ispettorato per la Funzione pubblica». In pratica, il controllore che è passato dalla parte del controllato. Nella determinazione di incarico, di durata triennale, Tridico lo indica come soggetto di «elevato profilo economico statistico di rilevanza internazionale comprovato dai titoli professionali e cultura». Checchi è docente di economia politica all'Università di Milano, ed è un intellettuale molto attivo anche nel dibattito pubblico. Nel 2008, ad esempio, sull'inserto economico del Corriere della Sera se la prese con le cosiddette «élites raccomandate» che arrivano al potere senza un'adeguata preparazione. Anni prima, sul sito lavoce.info aveva firmato un appello contro lo spoils system messo in atto dal governo di Silvio Berlusconi. Altri tempi, altre maggioranze.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






