2023-06-14
        Il «libertino» miglior alleato dei cattolici
    
 
        Il cardinale Camillo Ruini e Silvio Berlusconi (Ansa)
    
Lottò per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa, al punto che Jacques Chirac gli dava del «curato». Difese la vita di Eluana Englaro. Parlava la stessa lingua di Camillo Ruini: non era solo calcolo elettorale, ma la percezione che su alcuni valori non si dovesse transigere.Correva l’anno 2007 quando Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio, durante l’inaugurazione di una mostra sui santi patroni d’Europa organizzata a Palazzo Venezia, di fronte anche all’allora segretario di Stato cardinale Tarcisio Bertone, disse scherzando che purtroppo vedeva una lacuna nella mostra: «Manca san Silvio da Arcore». La battuta facile non nascose però una questione più seria, quella, disse Berlusconi a Bertone e agli prelati presenti, che lui si era veramente «battuto per un riferimento alle radici cristiane nella Costituzione europea». Ed era proprio andata così. Su Avvenire, il quotidiano della Cei, nel giugno 2003 Berlusconi aveva firmato un intervento in cui scrisse senza troppe giravolte che «il nesso fra Europa e cristianesimo è ben più che una pretesa vaticana: è un dato storico incontrovertibile».Per questa sua lettura mai tradita, il Cavaliere subì anche lo sberleffo di un laicissimo Jacques Chirac che l’apostrofò con un «Merci, monsieur l’abbé!», grazie signor curato, rivolto proprio a Berlusconi impegnato a perorare la causa dell’introduzione delle radici cristiane nella nuova Costituzione europea. Sappiamo come finì la vicenda, ma Berlusconi di quell’idea era veramente convinto, figlio di una educazione ricevuta in famiglia e figlio di un’Italia che non poteva che dirsi cristiana.Molto lontano dall’essere un «abbé», un curato, Berlusconi è stato però un riferimento per un mondo cattolico che in politica era ormai orfano della Balena bianca, uccisa dall’incedere di Mani pulite. Con il cardinale Camillo Ruini, presidente dei vescovi italiani dal 1991 al 2007, ci fu un’intesa, non partitica probabilmente, ma certamente sul nuovo modo di intendere la presenza dei cattolici sulla piazza pubblica, liberi di militare in varia appartenenza, ma riuniti (si sperava) intorno ai principi. Peraltro, in questi giorni lo stesso Ruini ha ricordato non a caso che il Cavaliere «ha avuto meriti storici per l’Italia, soprattutto avendo impedito al partito ex comunista di andare al potere nel 1994». Avversato profondamente dai cattolici democratici, l’ala riunita intorno a don Luigi Dossetti in particolare, Berlusconi ha rappresentato per il mondo cattolico italiano una variabile non calcolata. Alla vigilia delle elezioni del 2006, dove il suo avversario era il cattolico adulto Romano Prodi, anche memore della china intrapresa dalla Ue, il leader di Forza Italia osò chiamare a raccolta proprio i cattolici, avvisando gli elettori contro i pericoli che ai suoi occhi erano portati avanti dalla coalizione avversaria: «Vogliono eliminare la religione nelle scuole, il crocifisso dalle aule, l’otto per mille e il Concordato». Con il senno di poi si deve dire che non era solo propaganda, perché certe istanze abitano tutt’ora quel partito radicale di massa che coinvolge diverse anime della sinistra, non solo in Italia.Ecco Berlusconi è stato un liberale, anche liberista e libertino, ma nel profondo non aveva l’anima radicale. Di certo non anticlericale. Il caso di Eluana Englaro, la giovane donna che era rimasta in stato vegetativo per 17 anni dopo un incidente stradale, lo manifestò in modo plastico. Il 6 febbraio 2009, per tentare di non interrompere alimentazione e idratazione riservati alla ragazza, il consiglio dei ministri del governo presieduto da Berlusconi approvò un decreto legge che vietava quella sospensione, ma l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si rifiutò di firmarlo attuando un vero e proprio scontro istituzionale tra governo e capo dello Stato. Dopo la morte della Englaro, Berlusconi criticò la decisione della Corte di Cassazione italiana che aveva autorizzato l’interruzione dell’alimentazione, definendola «un’ingiustizia», e si disse preoccupato che quella decisione potesse aprire la strada all’eutanasia in Italia.Per tutto ciò che è stato e ha rappresentato non si può non riconoscere Silvio Berlusconi come un «secolarizzatore», ma durante certe battaglie scattava in lui qualcosa, come una sottile linea rossa posta di fronte a certi principi che non voleva veder oltrepassare. Qualcosa che andava oltre il calcolo politico o il suo ideale. Scattava come un istinto naturale che lo poneva a schierarsi dalla parte di quei valori. Si potrebbero ricordare anche le battaglie sul progetto di legge Dico, un antenato delle unioni civili, che nel 2007, sempre davanti al cattolico adulto Prodi, lo vide difendere il fatto che i diritti e i doveri delle coppie di fatto potevano essere affrontati tramite meccanismi contrattuali privati e non richiedevano un riconoscimento legale formale. Nel tempo la politica del Cavaliere su questo tema ha assunto i toni dell’arcobaleno: «Da liberale», diceva nel 2014, a proposito dei diritti civili degli omosessuali, «ritengo che attraverso un confronto ampio e approfondito si possa raggiungere un traguardo ragionevole di giustizia e di civiltà».Eppure, ancora nel settembre 2022, impegnato nella campagna elettorale che poi ha portato alla vittoria del centrodestra e all’attuale governo di Giorgia Meloni, Berlusconi ribadiva che Forza Italia è «una forza politica che si richiama esplicitamente ai principi cristiani, ma non abbiamo mai pensato di rivendicare la rappresentanza del mondo cattolico». Sarebbe riduttivo archiviare tutto ciò alla voce «propaganda elettorale», c’è questo suo essere naturaliter cristiano, per così dire. Qualcosa di istintivo e confuso che in certi momenti emergeva, figlio di una storia e di una educazione in cui il campanile doveva stare al suo posto nel panorama. Berlusconi non è stato nemmeno quello che si può definire un ateo devoto. È stato qualcosa di più diretto, di più naturale, nazionalpopolare. Italiano, in una parola. E perciò, oscillando tra la mamma e le donne, tra lo stadio e il lavoro, tra gli interessi aziendali e quelli per il popolo, tra la generosità e la furbizia, è stato liberale sì, ma liberale figlio dell’Italia del dopoguerra, figlio dell’Italia dei campanili. In chiesa forse no, ma sul sagrato sì, a farsi un segno di croce convinto. Come tale è stato vicino al Paese reale, quello che lui ha sempre dimostrato di capire, mentre gli altri, convinti di rappresentarlo, hanno finito per abbandonarlo.
        Leonardo Apache La Russa (Ansa)
    
Nessuna violenza sessuale, ma un rapporto consenziente». È stata archiviata l’indagine a carico di Leonardo Apache La Russa e l’amico Tommaso Gilardoni, entrambi 24enni, accusati di violenza sessuale da una di ventiduenne (ex compagna di scuola di La Russa jr e che si era risvegliata a casa sua).
        Nel riquadro, Howard Thomas Brady (IStock)