2021-09-20
«Il lasciapassare è un ricatto. Meglio l’obbligo vaccinale»
Il critico d'arte parlamentare: «Rifiuto ogni ipocrisia, comprese le costrizioni surrettizie. A Roma sto con Giovanni Toti, Silvio Berlusconi ha chiuso da un pezzo, Mara Carfagna è pronta per il Pd».Vittorio Sgarbi, passeremo subito a cose più serie, ma prima per favore mi tolga una curiosità: che ci faceva a piedi nudi in Parlamento l'altro giorno?«Me le tolgo sempre le scarpe. E faccio l'amore senza preservativo, perché far l'amore è un rapporto fiduciario: o hai paura, o ti fidi. Che poi, vede, l'argomento già torna: quelli che vanno da soli in auto o a far la passeggiata in un bosco e si tengono su la mascherina è come se si mettessero il preservativo per farsi una…».Credo di aver capito, grazie, l'affresco rende.«Sono dei cretini. Capisce che c'è un condizionamento psicologico e illogico? Il grande Angelo Borrelli l'ha detta giusta: non metto la mascherina, perché rispetto le distanze. Lui, l'allora capo della Protezione civile: le mascherine sono generalmente inutili, e ci hanno mangiato con le tangenti».Lei però le mette, se non è a distanza.«A volte anche sulla fronte, perché alla Camera non stava scritto da nessuna parte che la devo mettere sul naso e la bocca».E, ripetiamolo ancora, si è vaccinato.«Esatto, sì, perché io non sono mai stato contro il vaccino».Il green pass, invece, lo ha definito un provvedimento contro la cultura e contro la democrazia.«C'è una singolare convergenza tra le mie posizioni e quelle di Massimo Cacciari. E anche con quelle di Luca Ricolfi, sociologo che di destra non è. Come non lo sono Michele Ainis, il premio Nobel Mario Vargas Llosa, il rispettatissimo - e oggi molto discusso - filosofo Giorgio Agamben, Bernard-Henri Lévy, il compianto Giorgio Giorello con il quale ho scritto un libro, o Paolo Becchi».Insomma, non è l'unico a pensarla così.«Sì, ma questo soprattutto dimostra che non è un problema di parte politica. Se l'80% degli italiani sono per il sì e il 20% per il no, queste percentuali si distribuiscono tra gli elettori. Sono pro vax il 90% di quelli del Pd, ma pure il 70% di quelli della Lega. Sui grandi numeri, ci sono persone che si fidano ciecamente dello Stato, altre meno. Anche Matteo Salvini deve fare i conti con questa cosa. Questo non toglie che la lapidazione della senatrice leghista Roberta Ferrero perché ha promosso un convegno sulle cure del Covid dimostra che la democrazia è già finita».Al convegno, al Senato, si diceva che il Covid è una malattia curabile.«È stata trattata come una deficiente solo perché in quella sede si è dubitato di una verità che è ormai quasi religiosa: il dio vaccino. E giù con le accuse alla Lega, e a Salvini, che poi non c'entrava. Non importa che la Ferrero abbia ragione o no - e secondo me ce l'ha -, ma l'opinione è lecita, lecita in una democrazia che dovrebbe consentire che ogni parte in commedia si esprima. Sono violati dei diritti civili».A Mario Draghi lo ha detto in Parlamento, e lo ha definito un «provinciale italiano».«L'altra sera, da sindaco, ero a Sutri, c'era la banda che suonava. I 300 cittadini che erano lì per assistere al concerto, all'aperto, dovevano avere il green pass. Quelli ai tavolini del bar della stessa piazza no. Insensato. Perché? Perché una studiosa non vaccinata per ragioni sue può andare alla National Gallery ma non alla Galleria Borghese, al sito archeologico di Volubilis ma non a quello di Segesta? Chi mette in pericolo? E di che pericolo stiamo parlando?».Preoccupato per l'affluenza nei musei?«Anzi, non me ne frega nulla. Il punto è che o siamo in Europa o non lo siamo, e la visione prevalente nella Ue è che servono misure diverse».Quando parla lei alla Camera si gustano tutti lo spettacolo.«Sono un veterano. Forse con più anzianità di me c'è solo Bruno Tabacci. La Boldrini ricordo si lamentò con il povero Epifani del fatto che quando parlo stanno tutti zitti per ascoltarmi. Mi spiace per l'infelicità della Boldrini, ma io - oltre a utilizzare qualche tecnica oratoria - dico solo cose logiche, per questo mi ascoltano».Qual è il punto più alto della carriera politica di Sgarbi secondo Sgarbi?«Quando, dopo aver fatto opposizione da solo per un anno e mezzo, dicendo ad esempio che non aveva senso proibire alle gente di andare in bicicletta, sono stato cacciato dall'aula perché mi rifiutavo di portare la mascherina. Una cosa che ha fatto il giro del mondo: di solito ci sono tafferugli, ammonizioni ed espulsioni. Dissi che sarei uscito solo se portato fuori, e così nacque la deposizione del Caravaggio, perché non permetto a nessuno di dirmi cosa fare».In privato oggi cosa le dicono i colleghi? Sono tutti allineati?«Generalmente mi rispettano. Ma a parte FdI, trovo un'ottusità impressionante. I colleghi parlamentari si sono dimostrati patetici, nel ricordarsi di medici e infermieri solo con il Covid, con una retorica da gente che non usa il cervello. Speranza e Lorenzin, poi, sono emblematici. Se sei vaccinato, ribadisco: di cosa hai paura? E perché se in Parlamento non richiedi il green pass ne chiedi l'obbligatorietà nei luoghi di lavoro?».Lo chiedo a lei.«Perché forse si ritiene che ci siano cittadini più garantiti di altri, ma soprattutto perché si vuole costringere la gente a vaccinarsi, ed è un ricatto».La si convince, così?«Il mio autista è andato a fare il vaccino non perché convinto, ma per poter andare allo stadio. Si tratta di una forma prevaricatrice delle libertà personali, non solo psicologica, ma pure culturale. La maggioranza della popolazione è diventata una dittatura».La maggioranza vince.«E l'altro 20% non deve parlare? Allora eliminiamo pure la minoranza del Tirolo».Meglio l'obbligo vaccinale?«C'è per altre malattie dei bambini, con la differenza che qui lo Stato si dovrebbe assumere la responsabilità delle conseguenze per gli adulti. La percentuale di reazioni avverse fino alla morte dovrebbe essere risarcita».Quindi è favorevole?«In senso astratto sono più favorevole a quello che al green pass, sì. Se poi davvero si trovasse un mix che protegga anche dall'influenza, ancor meglio, l'obbligatorietà potrà sembrare più logica».Forza Italia per il green pass ha spinto.«Non è più un partito. Sono amico di Silvio Berlusconi, ma è un leader che ha avuto la sua parabola nel secolo scorso. Si è affacciato nel nostro secolo, ma è come il Fernet Branca: solo se hai più di 60 anni sai cosa sia, se ne hai di meno arrivi solo al Mohito, che è un'altra cosa. Così, riceve voti solo commemorativi. E Mara Carfagna si potrebbe anche iscrivere al Pd, che non cambierebbe niente».La federazione del centrodestra è argomento che la scalda?«Serve varietà. Se riduci l'offerta, certo Forza Italia e Lega sorpasseranno Meloni, ma beccheranno meno voti. Sono anni che spiego a Berlusconi che ho fondato Rinascimento perché non c'è riferimento di cultura, pensiero, idee nel centrodestra: occorre allargare l'area, non ridurla».A Roma Rinascimento è con Toti e Brugnaro.«Toti è interessante: potrà sembrare Topo Gigio, ma ha una logica. Non ha tradito Berlusconi, lo ha lasciato per le troppe restrizioni. Poi ha fatto l'errore di aver preso dalla sua parte deputati inutili, quando invece aveva bisogno di elettori, e non di eletti. Ma la valutazione del loro progetto è positiva, e a Roma faremo da contenimento per i voti persi da Forza Italia».A Roma vincerà il centrodestra? E a Milano?«A Roma stravinciamo, a Milano non lo so. Nella capitale la Raggi è fuori gioco, e Calenda toglie voti al Pd, per almeno 10 punti».Ballottaggio?«L'ho detto a Michetti: candidi Calenda come assessore, si renda disponibile».Accetterà?«Non lo so, ma non importa, conta che non vogliamo perdere i rapporti con lui. Spero che lo proponga in un comizio. Bisogna dare un ruolo anche a Bertolaso e Figliuolo».Primo atto di Sgarbi assessore alla Cultura capitolina?«La riapertura del Teatro Valle, e poi la richiesta che sia a Roma l'Agenzia europea per l'istruzione e la cultura».Al di là del green pass, quanto siamo nella palta a livello nazionale?«Io come Salvini sono per il resto dalla parte di Draghi, totalmente».Come andrà a finire? Il premier resta a Chigi o va al Quirinale?«Altro che Casini, Rosy Bindi e Franceschini, è il gioco delle tre carte. Come se fare il presidente della Repubblica non sia un'ascesa. Dal Colle si guida meglio la nazione. Draghi avrà i voti».Quindi poi si va alle urne?«No, si nomina un altro premier, un governo di transizione con Cartabia, Franco o un tecnico».Perché?«Perché non si va a votare prima che i 5 stelle abbiano maturato la pensione. Poi il governo si scioglie e a marzo 2023 le urne».E chi fa il premier?«Giorgetti, Salvini o Meloni. Si avrà un governo politico con un super tecnico al Quirinale: il contrario di oggi, con Sergio Mattarella espressione del Pd e un tecnico al governo. Il bilanciamento, comunque, ci sarà».E con il green pass quanto si andrà avanti?«Non si può sapere».Dipende dalle varianti?«No, dal peso che i no vax dimostreranno di avere nella cabina elettorale. Vedremo se puniranno la Lega, ma non credo, forse un poco».
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