2020-01-21
Il governo vuole Salvini alla sbarra. Ma quando c’è da dire sì, si vergogna
La Giunta delle immunità approva il procedimento contro l'ex ministro, però la maggioranza diserta il voto. L'esito è surreale: il parere favorevole all'azione giudiziaria arriva proprio grazie ai senatori del Carroccio. A febbraio si esprimerà l'Aula del Senato, poi la palla potrebbe passare ai magistrati. E, in caso di condanna definitiva, il leader leghista sarebbe escluso dal Parlamento. Lo speciale contiene due articoli. E alla fine è arrivato il via libera della Giunta delle immunità del Senato al processo a Matteo Salvini. La sorpresa è che a respingere la proposta del presidente dell'organismo parlamentare, Maurizio Gasparri, di negare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro dell'Interno sono stati i cinque componenti leghisti della Giunta. A favore della relazione di Gasparri, invece, hanno votato i quattro di Forza Italia e Alberto Balboni di Fratelli d'Italia. Ricordiamo che, in caso di pareggio, il regolamento del Palazzo Madama fa prevalere i «no». Ma come mai si è arrivati a questo? Il fatto è che i giallorossi sono letteralmente scappati, disertando la seduta. Per la precisione, gli assenti erano 10 senatori di maggioranza e due del gruppo Misto, che hanno scelto, in modo unitario, la «diserzione per protesta». Il numero legale per la validità della riunione era di otto senatori, nella sala ce n'erano 10, tutta l'opposizione, e quindi Gasparri ha dichiarato legittima la seduta e si è proceduto con il voto. La maggioranza, favorevole all'autorizzazione al processo, ha infatti cercato in tutti i modi di evitare il voto in Giunta prima delle urne di Emilia Romagna e Calabria, con il timore che la questione migranti potesse tornare al centro della scena e portare consensi a Salvini. Ma i giochi si sono ribaltati, andando a discapito degli azionisti di governo. «Per una scelta politica sono venuti meno al loro dovere di componenti di un organo giurisdizionale», ha commentato a tal proposito il senatore di Fratelli d'Italia, Alberto Balboni. «Sarebbe come se i giurati di una Corte d'assise non si presentassero in aula per polemica sul calendario delle udienze deciso dal presidente della Corte. «La melina di Pd, 5 stelle e Italia viva», ha detto Erika Stefani a nome dei componenti leghisti della Giunta, «dimostra che è solo una vergognosa sceneggiata per colpire il leader della Lega». Sarà lei a riferire in Aula, in vista del voto definitivo previsto tra un mese, l'esito del voto di ieri. Ma Salvini ha già annunciato che chiederà ai suoi di confermare anche in Aula il voto espresso in Giunta in favore dell'autorizzazione a procedere. Anna Maria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, si è unita la coro di critiche: «Una maggioranza in perenne fuga dalle proprie responsabilità, che vuol mandare un ex ministro a processo per una decisione politica ma non ha il coraggio di farlo alla vigilia delle elezioni». Infuriati gli esponenti dem: «Salvini e la Casellati hanno ottenuto il loro piccolo risultato», ha cercato di minimizzare Andrea Marcucci. Il leader del Carroccio, invece, dal palco di San Giovanni in Persiceto, nel bolognese, ha manifestato la sua volontà affrontare la vicenda con dignità: «Vado in tribunale a testa alta a nome del popolo italiano», il suo commento a caldo. «Se mi arrestano, devono trovare un carcere bello grande per tenerci dentro tutti», L'ex ministro dell'Interno rischia una pena da sei mesi ai quindici anni, oltre che la decadenza da parlamentare in base alla legge Severino. «Sono un cittadino normale che ritiene che i magistrati devono mandare in carcere spacciatori e mafiosi e non ministri che hanno difeso i confini del loro Paese», ha proseguito Salvini. «L'Aula prenderà le sue decisioni, ha commentato Gasparri, ma intanto «ma per me il comportamento di Salvini è stato in perfetta linea con le leggi dello Stato». I reati contestati si riferiscono alla nave della Guardia costiera Gregoretti che fu bloccata a Catania, il 26 luglio scorso, e poi dal 28 al 31 luglio nel porto di Augusta, dove si era recata su indicazione del Comando generale della capitaneria di porto. Già allora la questione si presentava annosa, difatti ci fu una diversa valutazione tra Procura di Catania, che il 30 luglio fece effettuare una ispezione sanitaria sulla nave, e quella di Siracusa, che il 31 sollecitò lo sbarco dei naufraghi. Anche a sbarco avvenuto, la magistratura ha considerato in modo diverso i fatti. La procura di Catania ha aperto subito una indagine per sequestro di persona, chiedendo però a settembre l'archiviazione «per manifesta infondatezza della notizia di reato». Il Tribunale della città etnea, dopo ulteriori indagini (e un nuovo parere alla Procura, che ha confermato la richiesta di archiviazione) ha invece deciso diversamente il 28 novembre, imputando a Salvini il «reato di sequestro di persona, aggravato dalla qualifica di pubblico ufficiale, dall'abuso dei poteri inerenti alle funzioni esercitate, nonché di avere commesso il fatto in danno di soggetti minori di età». La richiesta di poter processare Salvini davanti al tribunale dei ministri è giunta in Senato il 18 dicembre scorso, e il 3 gennaio è iniziato il calvario dell'esame in Giunta. La data inizialmente fissata per il 20 gennaio è stata rimessa in discussione dalla maggioranza giallorossa usando come scusa la pausa dei lavori di Palazzo Madama per le Regionali. Un teatrino finito ieri con il surreale voto in Giunta. Almeno per il momento. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-governo-vuole-salvini-alla-sbarra-ma-quando-ce-da-dire-si-si-vergogna-2644870151.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="un-arma-di-ricatto-chiamata-severino" data-post-id="2644870151" data-published-at="1758209448" data-use-pagination="False"> Un'arma di ricatto chiamata Severino