2020-10-01
Il governo tenta la recita atlantista. Pompeo non la beve: «La Cina vi usa»
Mike Pompeo e Giuseppe Conte (Ansa)
Luigi Di Maio blandisce il segretario di Stato Usa: «Garantiamo la sicurezza delle reti». Ma lui affonda: «Proteggete i vostri dati dal Partito comunista di Pechino». E sul bilaterale con Giuseppe Conte, Chigi diffonde solo una nota scarna.Il presidente Luigi De Vecchis presenta il centro per la trasparenza, che aprirà tra un anno. «Basiti dagli attacchi di Washington, ma siamo pronti a farci vivisezionare dagli Stati».Lo speciale contiene due articoli.Poche volte, sulla scena internazionale, si assiste a una tanto evidente differenza di linguaggio, e probabilmente anche di intenzioni, tra due interlocutori. Ieri a Roma il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha avuto un incontro di circa un'ora con il primo ministro Giuseppe Conte e poi con il titolare della Farnesina, Luigi Di Maio.E proprio dopo il secondo colloquio c'è stata una conferenza stampa congiunta, nella quale Di Maio ha parlato con la lingua di legno di chi dice e non dice, di chi si dichiara atlantista ma ha già aperto più di un ponte con Pechino. Poco dopo di lui, però, quando è toccato a Pompeo prendere la parola, il capo della diplomazia Usa, pur non facendo venir meno il clima di cordialità, ha messo sul tavolo con estrema chiarezza e senza infingimenti il cuore del problema, e cioè le mire strategiche del Partito comunista cinese. Procediamo con ordine. Ecco il Di Maio che introduce e ringrazia il suo ospite: «Sono molto felice di essere qui con il segretario di Stato Pompeo con cui abbiamo avuto un dialogo amichevole e costruttivo». Poi il riferimento all'emergenza Covid: «Ringrazio gli Usa per lo straordinario aiuto che ci hanno fornito sia come governo sia con il settore privato: una solidarietà forte, articolata, che può esistere solo tra alleati strategici». E ancora: «I nostri rapporti sono eccellenti, lavoriamo per mantenerli tali, ne è prova la recente partnership spaziale». A seguire, un mezzo giro del mondo, dal ruolo della Turchia al conflitto in Nagorno Karabakh, fino a un amplissimo passaggio sulla Libia: «Contiamo moltissimo sull'influenza che gli Usa potranno esercitare sugli interlocutori libici e gli attori internazionali per evitare eventuali azioni di sabotaggio» del processo di stabilizzazione. In conclusione, la parte del discorsetto concepita per rassicurare l'alleato americano, ma in realtà - letta tra le righe - carica di ambiguità: «L'Italia è saldamente ancorata agli Usa e all'Ue a cui ci uniscono valori e interessi comuni. Ci sono alleati, interlocutori e partner economici e commerciali. Un Paese dinamico come il nostro è aperto a nuove opportunità di investimento, ma questo non può avvenire fuori dal perimetro dei valori euroatlantici». Quanto al 5G, «ho comunicato al segretario Pompeo che abbiamo ben presenti le preoccupazioni degli alleati Usa e siamo consapevoli delle responsabilità che gravano su ogni Paese Nato quando entra in gioco la sicurezza degli alleati. L'Italia è conscia della necessità di assicurare la sicurezza delle reti 5G. Resta una nostra assoluta priorità», e per questo, ha aggiunto Di Maio scaraventando la palla in tribuna, l'Italia lavora a posizioni comuni europee, «tema fatto presente all'Altro rappresentante Josep Borrell affinché sia posto al prossimo consiglio Affari esteri». E infine, come se il tema fosse solo tecnologico e non geopolitico: «Abbiamo adottato una normativa che potenzia le possibilità di monitoraggio governativo, una normativa considerata virtuosa dall'Ue in diversi report. Tutti i contratti e le intese sono soggette a scrutinio da parte del gruppo di coordinamento per il golden power presso la presidenza del Consiglio». Finito il compitino di Di Maio, è toccato a Pompeo, che dopo aver ricordato le sue origini italiane («è bello essere qui nella patria dei miei antenati»), ha garbatamente ma puntigliosamente ricordato l'assistenza Usa all'Italia nel post Covid, mentre Di Maio - per mesi - ha quasi sempre enfatizzato nella comunicazione pubblica la cooperazione con la Cina: «Siamo stati felici di aiutare i nostri amici italiani in tanti modi nel periodo della pandemia: abbiamo offerto forniture agli ospedali, abbiamo trasportato con aerei 86 tonnellate di aiuti medici, la nostra assistenza è stata di oltre 60 milioni di dollari fino ad oggi. Abbiamo fatto molto lavoro anche con le organizzazioni non governative e il settore privato».Sulla base di queste premesse, Pompeo è arrivato al punto politico chiamando le cose con il loro nome: per uscire dal coronavirus occorre «attribuire le responsabilità al Partito comunista cinese per i suoi tentativi lampanti di copertura di ciò che ha portato alla morte di tante persone e a triliardi di dollari di rallentamento economico in tutto il mondo». E poi i passaggi più espliciti sull'Italia: «La preoccupazione Usa è che il Partito comunista cinese stia usando la sua presenza economica in Italia per servire i propri scopi strategici. Quando investono, non sono qui per fare partenariati sinceri a beneficio reciproco», ha ammonito Pompeo con rara chiarezza. Aggiungendo subito dopo: «Si fa appello a considerare in modo attento la sicurezza nazionale e la riservatezza dei dati dei propri cittadini rispetto alla società tecnologiche che sono sotto la sorveglianza del Partito comunista cinese». E che il tema sia aperto, lo si evince anche dall'insoddisfazione di diversi esponenti Pd, che non si accontentano della riunione di maggioranza (peraltro non conclusiva, come La Verità ha spiegato) della scorsa settimana, ma vorrebbero una seduta formale del cdm. Quanto all'incontro tra Pompeo e Conte, Palazzo Chigi si è limitato a rendere disponibili sul sito del governo le foto e il video del saluto tra i due, precisando che «al centro dell'agenda» ci sono state «la collaborazione bilaterale e internazionale nel contrasto al Covid, le crisi nel Mediterraneo e le relazioni con la Cina».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-governo-tenta-la-recita-atlantista-pompeo-non-la-beve-la-cina-vi-usa-2647871733.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="huawei-insiste-restiamo-in-italia" data-post-id="2647871733" data-published-at="1601492957" data-use-pagination="False"> Huawei insiste: «Restiamo in Italia» «Rimango basito degli attacchi Usa ma Huawei non andrà via dall'Italia». Parola di Luigi De Vecchis, presidente di Huawei Italia, che ieri ha presentato il nuovo centro per la sicurezza e la trasparenza che verrà inaugurato a settembre 2021 proprio nel giorno in cui il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, era in visita a Roma per incontrare il presidente del Consiglio e affrontare anche il dossier 5G. «Una coincidenza, lavoravamo a questo evento da un anno», ha assicurato il manager. Aggiungendo anche che «il confronto geopolitico tra Paesi ci ha disorientato, oggi continuiamo a lavorare dal punto di vista tecnico». Nel frattempo, la società è pronta a farsi «vivisezionare» - è stato il termine usato da De Vecchis - per rispondere alle «pressioni geopolitiche di governi che usano armi non convenzionali per attaccarci», governi che «invece dovrebbero confrontarsi su altri tavoli». Quanto al rischio che Huawei rallenti nella costruzione delle reti, De Vecchis chiarisce che «se dovessimo rallentare un pochino per la carenza di materie prime, ovvero i semiconduttori, ci vorrà qualche anno ma noi diventeremo indipendenti. Cosa che non vorremmo perché preferiremmo invece continuare a lavorare con tutte le aziende del mondo che ci stimano». Anche sul tema della sicurezza dell'hardware il gruppo si dovrà confrontare con gli operatori e le istituzioni «per capire che cosa intendono per verifiche, mantenendo il tema della proprietà intellettuale», ha spiegato. Il «Cybersecurity & Transparency Center» di Huawei che verrà aperto tra un anno nella Capitale, si svilupperà su tre aree: una dedicata alla cooperazione e all'innovazione, un'area dedicata alle demo che accompagnerà i visitatori attraverso le tematiche della cybersecurity e una zona per i test e le verifiche. Nel centro potrà essere analizzato anche il cosiddetto codice sorgente dei prodotti del colosso cinese. Un' apertura che «non è stata fatta da nessun altro», ha sottolineato De Vecchis. Ricordando che il 5G è uno dei punti di svolta che amplierà il potenziale del cyberspazio per le nostre società, economie e stili di vita, ma non è l'unico elemento della trasformazione digitale. «Ecco perché c'è bisogno di un ambiente digitale sano, basato sulla fiducia. Quando si parla di sicurezza informatica, sia la fiducia che la sfiducia dovrebbero essere basate su fatti, non su sensazioni, speculazioni e voci infondate». Nel frattempo, la Commissione Ue sta seguendo linea dettata dagli Usa, elevando barriere protezionistiche anti cinesi e alzando i dazi sull'importazione di cavi in fibra ottica. La procedura anti dumping in materia è già stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale dell'Ue. Una mossa commerciale dal peso politico però evidente, in vista del ruolo portante della fibra per la realizzazione delle prossime reti 5G in Europa. De Vecchis non sembra, però, temere queste misure e porta un esempio: «La competitività di un prodotto si misura anche nella capacità di contenere i costi. Per quanto riguarda la nostra macchina, consuma, in termini di energia, il 20-30% in meno di altre ma non è dumping, è il frutto del lavoro di ricerca e sviluppo. Può capitare che chi entra in un mercato nuovo investa di più e questo può essere visto come dumping ma alla fine i conti devono quadrare». Quanto al resto del continente, l'azienda di tlc cinese non sarà esclusa in maniera completa dallo sviluppo della rete 5G in Germania, ma l'utilizzo dei suoi componenti verrà «fortemente limitato». È quanto avrebbe deciso il governo federale, secondo il quotidiano Handelsblatt, che cita fonti dell'esecutivo guidato dalla cancelliera Angela Merkel. La questione verrà disciplinata dalla legge per la sicurezza delle tecnologie dell'informazione 2.0, che dovrebbe essere discussa dal governo federale a novembre prossimo.
Volodymyr Zelensky (Ansa)
Elly Schlein con Eugenio Giani (Ansa)