«Il governo tace sui guai del Monte? Denuciamo ai pm Renzi e Padoan»

Parola d'ordine: chiarezza su Mps. È questo che vuole il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Renato Brunetta, sui disastri che riguardano la banca più antica al mondo. Per questo, in mancanza di risposte chiare, invierà all'autorità giudiziaria competente «tutti gli atti in suo possesso perché indaghi sulla correttezza dei comportamenti di tutti i soggetti in campo, a partire da Renzi e Padoan», ha detto ieri alla Camera. «Noi abbiamo chiesto al governo diversi chiarimenti», spiega. «E lo abbiamo fatto in Parlamento, con un'interpellanza urgente a cui il viceministro Enrico Zanetti ha offerto risposte elusive, burocratiche, spudorate. Evidentemente gli strumenti a disposizione dei parlamentari non bastano più». Del resto, dice, «è noto come la storia recente del Monte dei Paschi sia caratterizzata da inchieste giudiziarie, perdite, operazioni finanziarie spericolate, suicidi molto dubbi, addirittura odore di massoneria e, soprattutto, da rapporti molto poco trasparenti con il mondo politico, in particolare quello di sinistra, della ditta Pci, Pds, Ds e Pd».

Le domande per cui Brunetta chiede una risposta sono molto puntuali. «A chi sono stati concessi i prestiti che oggi costituiscono il monte dei non performing loans del Monte dei Paschi, che sono più del doppio di quello della media delle banche italiane? A quali amici la ditta di sinistra ha accordato pesanti privilegi, che hanno contribuito alla rovina della banca più antica del mondo? Le vicende che hanno portato alle dimissioni del presidente Massimo Tononi e dell'a.d. FabrizioViola non sono affatto chiare. Gli stessi criteri che hanno ispirato la nomina del nuovo a.d., Marco Morelli, non sono chiari», sottolinea Brunetta. «Non sono chiari nemmeno al presidente della commissione bilancio, il Pd Francesco Boccia, che dice “C'è una sola domanda che va fatta: il nuovo amministratore delegato del Monte dei Paschi è stato scelto dal ministro dell'economia o lo ha scelto JP Morgan?". Davanti a questa domanda, chiara e netta, rivolta in aula, Padoan ha parlato solo di un nuovo piano di aumento del capitale “in discontinuità" rispetto al precedente».

Il capogruppo di Forza Italia cita poi una telefonata tra il ministro Padoan e l'ex numero uno di Rocca Salimbeni, Fabrizio Viola, in cui il ministro chiede al banchiere di farsi da parte.

«Alla luce delle perplessità espresse da alcuni investitori in vista del prossimo aumento del capitale e d'accordo con la presidenza del Consiglio, riteniamo opportuno che lei si faccia da parte», avrebbe detto Padoan, d'accordo con Renzi.

«Ma è questo il compito del ministro del Tesoro e del presidente del Consiglio: licenziare i banchieri?», si domanda Brunetta. «È normale che il ministro del Tesoro, anche se azionista, licenzi l'a.d. di una quotata? È normale che lo faccia perché glielo chiede una banca d'affari? Ebbene, è evidente come gli “investitori" di cui parla Padoan rispondano al nome di J.P. Morgan, il superconsulente di Mps, titolare, assieme ad un consorzio di banche, di un prestito ponte su cui Montepaschi paga commissioni per centinaia di milioni di euro, nonché principale artefice del piano di aumento di capitale di cinque miliardi per una banca che ha una capitalizzazione di poco più di 550 milioni di euro, le cui azioni sono arrivate a valere 19 centesimi di euro dai 9,45 euro di maggio 2015? A ciò si aggiungano le dichiarazioni contrastanti del duo Renzi-Padoan: mentre il primo assicurava che ci fossero le condizioni perché l'aumento di capitale “si faccia e si faccia presto", il secondo lo smentiva solo qualche giorno dopo, affermando che “si farà quando i mercati saranno pronti a recepirlo", indicando proprio nel referendum sulla riforma la causa di questo slittamento».

Ma oltre all'allontanamento di Viola, Brunetta si chiede come mai sia stato scelto Marco Morelli come nuovo amministratore delegato.

«La discontinuità dalle parti di Padoan si chiama Marco Morelli, già a capo in Italia di Bofa-Merrill Lynch, una delle banche del consorzio di pre-garanzia dell'aumento di capitale, nonché ex vice direttore generale di Mps dal 2006 al 2010, all'epoca dell'acquisizione di Antonveneta e, prima ancora, top banker proprio di J.P. Morgan in Italia», dice. «Morelli», continua, «è in pratica l'uomo perfetto per la tanto conclamata discontinuità, visto che è un ex di J.P. Morgan e un ex Monte dei Paschi, che ha preso parte ad una gestione dissoluta della banca, in cui alle logiche di mercato si sostituivano i rapporti politici. Ebbene, davanti a questa «discontinuità», abbiamo tante incertezze: incertezza sui tempi (legati al referendum?) e sulle modalità della ricapitalizzazione; incertezza sui protagonisti e sui numeri dell'aumento di capitale; incertezza sulle ricadute che questo avrà sui contribuenti e, soprattutto, sul destino degli azionisti e degli obbligazionisti di Mps, ovvero quei risparmiatori a cui si era rivolto lo stesso Renzi il 21 gennaio, quando aveva dichiarato come fosse un “bell'affare" investire nella banca senese. Peccato che il titolo Mps sia crollato del 75 per cento e più».

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