
Rimosso Roberto Battiston, presidente dell'Asi imparentato con il Professore, blindato da Valeria Fedeli dopo il voto del 4 marzo. Lo staff del Miur setaccia il suo operato: molte le ombre su incarichi ed emolumenti. Ma il M5s protesta: «Noi non avvisati».Lui, Roberto Battiston, il presidente dell'Agenzia spaziale rimosso dal nuovo governo nel pieno dei suoi poteri, naturalmente si dice «stupito». Lei, Valeria Fedeli, la ministra «zero tituli» che aveva confermato il marito della nipote di Romano Prodi, in articulo mortis, invece è «molto sorpresa». Evidentemente non avevano letto La Verità, che il 16 febbraio, per prima, aveva raccontato l'incredibile vicenda di una nomina che scadeva a maggio, ma il cui iter veniva avviato prima delle elezioni del 4 marzo in modo da far trovare la pappa già pronta a chi sarebbe venuto dopo. E ieri il ministro Marco Bussetti, questa pappa l'ha rispedita al mittente silurando Battiston, dopo che c'era stata anche una serie di interrogazioni parlamentari di 5 stelle e Fratelli d'Italia, che accusavano la Fedeli di aver fatto la furba (al posto di Battiston quasi sicura la nomina di Pasquale Preziosa, ex capo di Stato maggiore dell'Aeronautica militare). Un epilogo, quello di ieri, che per altro lo stesso presidente uscente conosceva benissimo. Battiston, 62 anni, era stato nominato una prima volta al vertice dell'Asi nel maggio 2014 dalla ministra montiana Stefania Giannini, in un periodo tumultuoso, dopo lo scandalo scoppiato in seguito alle indagini per corruzione e concussione a carico dell'ex presidente Enrico Saggese, finito agli arresti domiciliari nel 2014. Ieri mattina è stato chiamato dal ministro, che gli ha comunicato la sua decisione di avvalersi della legge sullo spoils system, e ha subito cinguettato su Twitter il suo smarrimento: «Con mia sorpresa il ministro mi ha comunicato la revoca immediata dell'incarico di presidente dell'Asi. È il primo spoils system di un ente di ricerca. Grazie alle migliaia di persone con cui ho condiviso quattro anni fantastici». A parte il fatto che l'Asi, oltre a essere un ente di ricerca (che non è certo immune dalla legge) è un centro di spesa formidabile da 1,3 miliardi di euro, la mossa del governo e di Bussetti è stata tutto meno che sorprendente. I segnali che sarebbe saltato erano arrivati all'interessato, a cominciare dalla clamorosa esclusione di Battiston, a metà settembre, dal neonato Comitato interministeriale per le politiche dello spazio e dell'aerospazio, gestito dal sottosegretario a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti. Un'esclusione che avrebbe probabilmente spinto qualunque presidente dell'Asi, se non a dimettersi, quantomeno a farsi due domande sul proprio futuro. Anche perché la nomina di un controllato nell'organismo controllante forse non sarebbe stata molto corretta, ma Battiston si era speso moltissimo per ottenerla. Non solo, ma non è un mistero che se avesse vinto le elezioni il Pd, Battiston avrebbe quasi certamente ottenuto di diventare sottosegretario con delega alle attività spaziali, come previsto dalla nuova legge. Il tentativo di passare per proto-martire del governo populista ha però prodotto la reazione immediata del solitamente mite Marco Bussetti, con il Miur che ha spiegato come è nata la revoca: «Una verifica formale relativa alle modalità in cui è avvenuta la nomina». Questa nomina, iniziata con l'insediamento di una commissione ministeriale svelata da questo giornale poco prima delle elezioni, e «perfezionata» dalla ministra Fedeli come nulla fosse il 7 maggio scorso, per il ministero «è stata fatta da un governo che non aveva la fiducia degli italiani». In più, osserva sempre il Miur, «la nomina non è mai stata sottoposta al parere preventivo e obbligatorio del Comitato interministeriale per le politiche relative all'aerospazio istituito con la legge 7 del 2018, che è entrata in vigore nelle prime settimane di quest'anno». Ma il grillino Lorenzo Fioramonti, viceministro del Miur, ha commentato polemicamente: «Ho appreso anche io questa notizia dai social network stamattina. Non sarebbe male se decisioni che attengono allo sviluppo e alla leadership del sistema di ricerca in Italia si condividessero anche con il viceministro, visto che si è occupato di ricerca scientifica per anni».Il destino di Battiston, comunque, era già tutto scritto sui giornali, negli atti parlamentari e nelle leggi. Ma oltre a questo fronte, che potremmo definire di opportunità politica ed elementare correttezza (della Fedeli), davanti alle polemiche per la revoca del mandato rischiano di aprirsi altri versanti più scivolosi. Lo staff di Bussetti ha infatti passato al setaccio l'operato di Battiston dall'inizio di questo secondo mandato e ha segnalato al ministro una quantità di delibere ritenuta «abnorme», come anche tutta una serie di incarichi conferiti ad personam e senza alcuna selezione. C'è poi un bel faro acceso sugli emolumenti, con il Miur che parla di compensi percepiti dai vertici di Asi e di altri enti pubblici di ricerca tutti da verificare, specialmente laddove questi compensi sono stati auto-assegnati. E in soccorso del marito di Maria Prodi, la nipote del fondatore dell'Ulivo, tenta di arrivare ancora una volta la Fedeli, con il suo rinomato bagaglio di conoscenze. «Sono molto sorpresa dalla revoca di Battiston», ha dettato l'ex ministra alle agenzie, «anche perché la procedura per la conferma è stata fatta correttamente e nei tempi utili». L'esponente del Pd ricorda poi che «per nominare il presidente dell'Asi c'è una lunga procedura che dipende anche da soggetti autorevoli esterni e non solo dal ministro e di questo sono a conoscenza Bussetti e tutti coloro che parlano di trasparenza nei percorsi». Talmente lunga, questa procedura, che lei l'ha aperta e chiusa in meno di tre mesi, pur di arrivare prima del giuramento di Giuseppe Conte.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
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Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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