2020-08-04
Il governo rispolvera il bonus bancomat: non aiuterà le aziende ma brucerà 3 miliardi
Sarà una mancetta di pochi centesimi o una misura destinata a escludere interi comparti. La decisione è tutta ideologica.Di buone intenzioni è spesso lastricata la strada, se non proprio dell'inferno, quanto meno dello sperpero di risorse, del loro uso inefficace, delle operazioni ideologiche. Rischia di essere il caso del cosiddetto bonus acquisti che il governo intende inserire nel decreto Agosto, destinato a essere portato in Consiglio dei ministri giovedì. La buona intenzione sarebbe quella di incentivare i consumi, nel pieno della crisi post Covid. E, a testimonianza del fatto che l'esecutivo sembra voler scommettere su questa carta, la somma probabilmente stanziata non sarà piccolissima: 2 miliardi, ma c'è anche chi spera, tra i giallorossi, di potersi avvicinare a 3. Il problema sta nei mezzi che il governo si prepara a scegliere: si tratterebbe infatti di una sorta di premio (non si capisce ancora se attraverso una card o un rimborso diretto al contribuente) per le spese compiute attraverso pagamenti tracciabili, quindi bancomat o carta, fino a dicembre di quest'anno. Era una misura che il governo aveva già in animo dall'ultima legge di bilancio (all'epoca si parlò di bonus Befana): poi, a causa dell'emergenza coronavirus, i fondi furono azzerati. Nei giorni scorsi ne ha riparlato la sottosegretaria Laura Castelli (M5s), paladina dell'iniziativa. Lasciamo per un momento da parte l'obiezione principale: non si capisce perché debbano essere incentivati solo i consumi compiuti attraverso bancomat o carta rispetto a quelli in denaro contante. Si tratta di un'autentica ossessione anti cash ormai radicatissima a sinistra, come testimonia la variazione al ribasso (scattata a luglio) del tetto massimo dei contanti. L'idea fissa dei giallorossi è quella di attribuire un valore positivo ai pagamenti tracciabili, e un disvalore agli altri, quasi si dovesse presumere che l'uso di denaro contante guadagnato legittimamente sia qualcosa di poco commendevole. Ma, anche al di là di questo punto di fondo, restano tre macigni. Il primo: il numero di transazioni elettroniche che teoricamente potrebbero rientrare nel beneficio ammontano in un anno (questi i dati del 2019) a circa 580 milioni. Se ipoteticamente i 2 o anche i 3 miliardi fossero ripartiti per ciascuno dei 580 milioni di transazioni, il beneficio si ridurrebbe a qualche centesimo. Di tutta evidenza, entità impercettibili. Ma anche stringendo il cerchio, e portando l'ipotetico beneficio - che so - al valore di 2 euro, chi mai potrebbe decidere di andare o di non andare a cena al ristorante in virtù di un bonus simile? Il secondo macigno ha a che fare con l'area merceologica che sarà prescelta per il bonus. La Castelli si era ad esempio rivolta ai ristoratori: categoria indubbiamente molto danneggiata. Ma allora perché non anche i bar? E agli alberghi? E perché escludere l'abbigliamento e le calzature? E gli elettrodomestici? Non stiamo affastellando voci a casaccio: si tratta solo della dimostrazione del fatto che ogni scelta - e di conseguenza ogni esclusione - porterebbe con sé una discutibilissima dose di arbitrarietà. Il terzo macigno ha a che fare con l'alternativa che potrebbe più efficacemente essere praticata, se l'obiettivo fosse quello di dare ossigeno alle imprese: e cioè irrobustire quei contributi a fondo perduto che nel decreto Rilancio hanno avuto un ruolo assai limitato. In quel decreto, si stabilì che alle aziende andassero somme minime, appena il 20 o il 15 o il 10% della differenza tra i ricavi di aprile 2020 e quelli di aprile 2019. Un ristoro minimo, e anche arbitrario nella scelta temporale. Solo per fare un paragone, nel Regno Unito guidato da Boris Johnson, agli autonomi, il giorno stesso del lockdown, è stato garantito l'80% del fatturato dell'anno precedente. Ecco, anche se qui non si arriverà mai a quei livelli, almeno incrementare di altri 2 o 3 miliardi i 6 stanziati per i contributi a fondo perduto sarebbe un segnale certamente più concreto per le imprese. Ma la sensazione è che entrambe le componenti principali della coalizione giallorossa, i grillini e il Pd, vogliano una bandierina ideologica da sventolare nelle settimane della campagna elettorale per le regionali: il feticcio del bancomat e della carta di credito. Resta infine lo scetticismo di molti osservatori sulla capacità complessiva di lettura del quadro economico da parte del Mef e del suo titolare Roberto Gualtieri, che di recente si è perfino rallegrato dei pur negativi dati economici del secondo trimestre, dicendo di aver temuto di peggio. Ma a smentirlo ha provveduto Enrico Zanetti, già viceministro delle Finanze nella scorsa legislatura: «L'Istat ha stimato che la variazione del Pil acquisita per il 2020 è pari a -14,3%», ha esordito Zanetti. Che poi ha proseguito così: «Se si considera che, nel Def di aprile 2020, il governo aveva stimato il calo del Pil al -8%, diventa davvero difficile non rimanere interdetti davanti alle dichiarazioni del ministro dell'Economia che, commentando questi dati, ha affermato che sono migliori delle previsioni e ciò dimostrerebbe tra l'altro l'efficacia delle misure economiche adottate dal governo». «Vorrei tanto essere d'accordo con il ministro», ha concluso sconsolato Zanetti, «ma avrei bisogno di almeno un minimo appiglio logico a cui aggrapparmi».
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