2020-05-13
«Il governo ha deciso di fare morire l’alta ristorazione»
Nelle varie task force nessun rappresentante della categoria. Francesco Cerea: «Con le distanze e il plexiglass non si pagano i debiti».L'ultimo diktat di Inail e Istituto superiore di sanità per consentire la riapertura dei ristoranti è che ogni cliente abbia a disposizione almeno quattro metri quadrati. Invece su di un autobus di 35 metri quadrati possono viaggiare almeno 20 persone. È poi singolare che nessuno si occupi delle cucine dei ristoranti. Se il criterio del distanziamento per i cuochi fosse lo stesso che per i clienti i fornelli dovrebbero stare in un hangar. La verità è che tra i 460 esperti che il governo ha reclutato per gestire la fase due non c'è nessuno che abbia idea di cosa significhi gestire un'impresa di ristorazione. E i provvedimenti che si annunciano lo rendono palese così come rendono antieconomica la gestione. Facendo una media delle locazioni a Firenze ogni posto tavola costerà 120 euro al mese, a Milano si sale 160 euro, a Roma 140 e a Napoli 110. Ovviamente escludendo le zone di pregio. «Basta questo», si sfoga Francesco Cerea, «per dire che hanno deciso di far morire la ristorazione italiana. E tanto più sale la qualità e tanto più si riducono i margini economici. Se le proposte per la riapertura dei ristoranti che si sentono ventilare saranno confermate non ci sarà la possibilità di gestire le aziende». Francesco Cerea è una bandiera della grande cucina italiana. Con i fratelli gestisce Da Vittorio, tre stelle Michelin ininterrottamente da dieci anni con alle spalle 54 anni di attività, che da Brusaporto, siamo alle porte di Bergamo, diffonde nel mondo l'altissima qualità italiana. «Mio padre Vittorio quando con mamma portò la ristorazione di pesce a Bergamo era guardato come un'anomalia. Allora la ristorazione era soprattutto quantità. Dopo oltre mezzo secolo La Cantalupa è uno degli eventi gastronomici mondiali». Eh sì perché Da Vittorio non è più solo un ristorante: è uno stile di vita che si è fatto azienda. Una tenuta di dieci ettari, una villa meravigliosa, La Cantalupa appunto che fa parte dell'esclusivissimo circuito Relais & Chateaux, un ristorante che è un'alcova del buongusto. Francesco è oggi il manager della famiglia Cerea: «Siamo tutti impegnati a mandare avanti la nostra tradizione. I miei fratelli Enrico e Roberto sono gli chef, le mie sorelle si occupano dell'ospitalità: Rossella al ristorante e alla Cantalupa, Barbara al caffè Cavour 1880 che è il nostro gioiello nel cuore di Bergamo, mamma Bruna sovraintende su tutto e io mi sono ritagliato il ruolo di dirigere gli eventi, il catering esterno, la cantina». Si capisce così che un ristorante non è solo una sala con cucina, ma è - soprattutto agli altissimi livelli - un'impresa complessa. «E che oggi trema. Noi abbiamo 170 dipendenti e da un giorno all'altro ci hanno detto chiudete. In cambio non abbiamo ricevuto nulla di nulla. Così è impossibile andare avanti» chiarisce Francesco Cerea che però annuncia un progetto di rilancio. «È chiaro che non possiamo aspettare gli eventi e di certo per noi la risposta non è il delivery, anche se alcuni stellati hanno avviato anche quella strada, e tanto meno l'asporto. Sono peraltro dei palliativi che non consentono di fare alta ristorazione. Abbiamo progettato di trasformare lo spazio attorno alla Cantalupa, a bordo piscina e tutto il patio in una sorta di pizzeria di nuova concezione e di grill d'avanguardia. Lì proporremo una ristorazione sempre di alta qualità ma centrata su una semplificazione della proposta sfruttando gli ampissimi spazi. Cerchiamo così di coniugare costi con ricavi senza abbassare il livello». Ma viene spontaneo obiettare che non è la stessa cosa come un tre stelle. «Verissimo, ma Da Vittorio noi lo salvaguarderemo. Il punto però è trovare un nuovo equilibrio di gestione. Sappiamo che per i prossimi due anni anche il relais avrà un mercato ridotto perciò dobbiamo immaginare uno schema innovativo. Detto questo però è inaccettabile come stanno trattando la ristorazione. Noi qui a Brusaporto siamo nell'epicentro della crisi del Covid, abbiamo un deserto economico intorno. È vero che molti nostri clienti arrivavano dall'estero e so che torneranno, ma ora siamo nell'incertezza più totale. Mi sono confrontato con altri colleghi che gestiscono tavole e hotel del circuito Relais & Chateaux anche per scambiarci clienti, per sfruttare al massimo la nostra rete, ma tutti in Italia hanno la stessa percezione: il nostro settore che vale il 18% del Pil è stato totalmente dimenticato mentre all'estero stanno difendendo alta ristorazione, ospitalità e turismo». Basta pensare a Emanuel Macron che tra i primi atti ha messo in sicurezza la ristorazione francese e sta cercando in tutti i modi di arginare l'emorragia turistica. «Da noi» commenta Cerea, « è successo esattamente l'opposto. Noi abbiamo dovuto anticipare la cassa integrazione ai nostri dipendenti anche loro lasciati senza nulla. Ma le risorse si esauriscono in fretta. Abbiamo l'esigenza di salvaguardare il patrimonio di abilità rappresentato dai nostri collaboratori. Un'impresa come la nostra vive del valore dei collaboratori. Le paratie in plexiglass, il distanziamento dei tavoli, il servizio con le mascherine sono incompatibili con la ristorazione di alta qualità. Nel contempo dopo averci obbligato a chiudere siamo stati completamente abbandonati. Non è arrivato nessun contributo, l'unica soluzione che ci è stata prospettata è stato di farci indebitare». E il rischio concreto è di perdere valore. «Dovremo necessariamente fare una semplificazione, che non significa abbassare la qualità, ma significa ripensare la gestione. Dovremo spingere la nostra impresa all'estero facendo eventi fuori dall'Italia, dovremo operare con collaboratori assunti con contratti a termine, dovremo semplificare i menù. Noi oggi siamo di fronte a un bivio: o tutelare il nostro patrimonio, da soli, scegliendo nuovi paradigmi di gestione, o arrenderci. Siccome non vogliamo arrenderci rilanciamo con la pizzeria gourmet, con la griglieria raffinata, con una nuova ribalta. In questo momento però penso però a tantissimi colleghi che hanno speso una vita per migliorare la qualità dell'offerta o ai giovani che hanno portato nuovo entusiasmo nella ristorazione e che oggi sono abbandonati. La Fipe stima che oltre la metà dei ristoranti non riaprirà. Significa la morte di 100.000 imprese, oltre mezzo milione di posti di lavoro bruciati. Ma significa soprattutto perdere il valore Italia. Non si può rispondere a questo rischio semplicemente tracciando su di una piantina i metri di distanza da un tavolo all'altro».
(Ansa)
Il ministro Guido Crosetto in occasione dell'82°anniversario della difesa di Roma: «A me interessa che gli aiuti a Gaza possano arrivare, le medicine possano arrivare, la vita normale possa riprendere». Nonostante tutto, Crosetto ha ben chiaro come le due guerre più grandi - quella Ucraina e quella a Gaza - possano cessare rapidamente. «Io penso che la decisione di terminare i due conflitti sia nelle mani di due uomini: Putin e Netanyahu».