2020-01-15
Il governo ammette di aver nascosto la legge che poteva salvare Pop Bari
Roberto Gualtieri rivela: la norma che avrebbe dato all'istituto 300 milioni di crediti d'imposta non è stata portata in Europa a causa del no ufficioso di Bruxelles. Problema di merito e di metodo: Parlamento calpestato.La storia del nostro rapporto con l'Ue, fatto di poche gioie e molti dolori, si arricchisce di un nuovo capitolo, il cui protagonista è il ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, in audizione venerdì scorso presso la commissione Finanze della Camera, impegnata nella conversione del decreto sul salvataggio della Banca popolare di Bari. Il ministro si è riferito a una norma proposta dalla Lega e varata dal governo Conte I nello scorso giugno, a favore di imprese aventi sede nelle regioni meridionali che avessero perfezionato un'operazione di aggregazione. Grazie a quella norma, le attività per imposte anticipate (iscritte dalle banche in bilancio quando c'è una perdita di conto economico che genererà un beneficio in termini di minori imposte future, se e quando saranno conseguiti utili) si sarebbero trasformate in crediti di imposta. Quella partita valeva per la banca barese un miglioramento del patrimonio di vigilanza pari a oltre 300 milioni di euro.L'efficacia di quelle disposizioni era subordinata alla preventiva comunicazione o eventuale autorizzazione di Bruxelles. Da allora, tante voci ma nessun atto concreto. Fino allo scorso 16 dicembre, quando Banca d'Italia ha comunicato che tale norma è «al vaglio della Commissione Ue», posizione ribadita giovedì 10 gennaio dalla vice direttrice generale, Alessandra Perrazzelli, che ha parlato di «dialogo in corso» per superare il vaglio della Dg concorrenza. Venerdì Gualtieri invece non ha usato perifrasi. Ha dichiarato che quella norma è oggetto di consultazioni informali con gli uffici di Bruxelles il cui esito è un sostanziale diniego, perché si configurerebbe, per le astruse regole interpretate per gli amici e applicate ai nemici, un aiuto di Stato. Per tale motivo non è stata nemmeno notificata perché, se lo fosse stata, sarebbe stata inesorabilmente bocciata. Apprendiamo quindi di una collaudata prassi in atto tra Roma e Bruxelles: il Parlamento vara una legge, il presidente della Repubblica la promulga, ma è come se avessero entrambi scherzato, perché in qualche stanza di Palazzo Berlaymont a Bruxelles c'è un occhiuto funzionario che ne determina la vita o la morte. Ma, aldilà del merito, è il metodo che offende. Il diniego non viaggia lungo canali ufficiali, ma «informali». Chi li controlla? Chi si assume la responsabilità politica di tali atti? Qualcuno ne riferisce in Parlamento, che aveva legiferato nella convinzione di esercitare i poteri conferiti dalla Costituzione, limitabili, non cedibili, solo in specifici casi? Che metodo è quello di sussurrare le cose nell'orecchio, onde evitare che accadano cose «spiacevoli»? È tollerabile una tale subalternità, sia nel metodo sia nel merito, in danno di un Paese contributore netto della Ue?Ma Gualtieri è stato prodigo di altri dettagli. Dopo aver specificato che il Fondo interbancario (Fitd) si farà carico del ripianamento delle perdite della Bpb, il cui quadro definitivo sarà noto solo a fine marzo dopo la due diligence, ha parlato del ruolo dello Stato (tramite Banca Mezzogiorno - Mcc) che dovrebbe ricapitalizzare la banca e quindi assumerne il controllo, affiancato dal Fitd con una partecipazione di minoranza. Tale ricapitalizzazione dovrà necessariamente avvenire a condizioni di mercato, cioè quelle ritenute accettabili da un investitore privato nella medesima situazione. Gualtieri è stato netto: o così o Bruxelles blocca tutto. E qui entriamo davvero in acque inesplorate. Infatti non esistono operazioni comparabili. Nel caso della ricapitalizzazione pubblica della banca tedesca Nordlb è stato promesso un taglio dei costi del 30% e un rendimento dei mezzi propri del 8% a regime. Ma oggi sul mercato i rendimenti del capitale proprio richiesti non sono inferiori al 10%. Ma davvero qualcuno ritiene possibile somministrare una cura da cavallo del genere, come condizione essenziale per l'ingresso dello Stato, a una banca che opera, con il suo ramo abruzzese, in un una zona terremotata e che, per la parte restante, è alle prese con un territorio ferocemente dilaniato dalla crisi del 2012-2014 che ha visto saltare gruppi del settore costruzioni che fino a pochi anni prima erano il fiore all'occhiello dell'economia locale? Fino a quando potrà durare questa foglia di fico? La cosa che più stupisce è la facilità con cui Gualtieri propone il riferimento a tali parametri, come se fossero tavole della legge scolpite nella pietra. Siamo invece nel regno della più totale discrezionalità e, quando si tratta con Bruxelles, sappiamo come in genere finisce.Infine Gualtieri si è soffermato pure sul tema degli eventuali rimborsi ad azionisti e obbligazionisti subordinati, sostenendo che questi ultimi saranno regolarmente rimborsati (ci sono ben 213 milioni di subordinate in mano a piccoli risparmiatori, 290 in tutto). Per gli azionisti, essendo la banca in bonis, non esistono i presupposti per ricorrere al Fondo indennizzo risparmiatori attivato per i precedenti dissesti bancari, ma il Fitd potrebbe intervenire con incentivi e strumenti di composizione delle controversie per i casi di vendita irregolare. A questo punto, resta da capire come i commissari valuteranno la valanga di azioni legali che già incombe sulla Bpb per iniziativa degli azionisti truffati e questa valutazione deciderà la casella di arrivo del risiko della banca che appare ancora indefinita.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)