2019-06-22
Il fuoco incrociato fa solo vittime. Altri 10 giorni di bazar delle cariche
Il braccio di ferro tra blocco Ppe vicino a Berlino e asse liberal-socialista inventato da Parigi brucia tutti i nomi. Nuovo summit per i ruoli apicali di Bruxelles il 30 giugno. Proprio a ridosso dell'insediamento del Parlamento.Stavolta la notte non ha portato consiglio. Come si era già chiaramente intuito a partire dal primo pomeriggio di ieri, la due giorni del Consiglio dell'Ue che doveva condurre a una rapida soluzione sui «top jobs» delle istituzioni europee (presidenza della Commissione europea in primis, ma anche l'Alto commissario per gli Affari esteri, il presidente del Consiglio, quello del Parlamento e della Bce) si è chiusa con un imbarazzante nulla di fatto. Nemmeno la lunghissima cena che ha visti impegnati i leader continentali fino a notte inoltrata è riuscita a sciogliere il nodo gordiano dei posti vacanti. Ogni decisione viene perciò rinviata al nuovo incontro fissato per il prossimo 30 giugno (solo tre giorni prima dall'insediamento del nuovo Parlamento). Fulcro della trattativa è stato il ruolo dello Spitzenkandidat, ossia l'esponente di punta del partito vincitore delle elezioni europee destinato a diventare presidente della Commissione. Un meccanismo condiviso almeno sulla carta da tutti gli Stati membri ma allo stesso tempo non vincolante, e intorno al quale si sono frantumate le speranze di uscire dal meeting con il nome del successore di Jean-Claude Juncker. Quella europea si chiamerà pure «Unione», ma quando c'è da spartirsi la torta gli interessi dei singoli Paesi vengono a galla con tutta la loro forza. Senza contare i veti incrociati dei gruppi europei, dai quali comunque in ultima istanza dipende la ratifica del nome del vertice di Bruxelles.Partiamo dalla fazione che sostiene la tesi dello Spitzenkandidat. Se dovessimo attenerci all'esito del voto del 26 maggio, il candidato naturale alla presidenza della Commissione dovrebbe essere il tedesco Manfred Weber, appena rieletto alla presidenza del Ppe. Weber può contare sull'appoggio della connazionale Angela Merkel, la quale pur definendo «non pericolosa» l'eventualità di uscire dalla riunione senza un nome, ha anche precisato di ritenere «non accettabile» qualsiasi proposta «che sia poi respinta dagli eurodeputati». A favore del meccanismo del candidato di punta anche il presidente uscente del Parlamento europeo Antonio Tajani («non si tratta di un capriccio ma di una questione di trasparenza e di democrazia»), il premier portoghese Antonio Costa e i rappresentanti di Irlanda e Austria. Lo schieramento che si oppone alla nomina di Manfred Weber è capeggiato dal presidente francese Emmanuel Macron e per il momento sembra aver avuto la meglio. Rispondendo ai giornalisti, Macron ha spiegato così la scelta di non sostenere il politico tedesco: «Ho corso di fronte al popolo francese e i francesi devono giudicare. Se Manfred Weber si fosse presentato di fronte al popolo europeo per diventare presidente della Commissione, nessun problema, ma ha scelto di correre come candidato di punta in una lista tedesca… così non va bene». Infine la chiosa che sembra mettere la parola «fine» sul meccanismo degli Spitzenkandidaten: «Cosa dicono i Trattati? Sono i leader del Consiglio a scegliere il presidente della Commissione, il quale solo dopo viene confermato dal Parlamento». La fronda contro Weber ha continuato a raccogliere consensi nel corso della giornata fino a bloccarne la nomina. Si sono schierati dalla parte di Macron diversi leader, tra cui l'ungherese Viktor Orban e lo slovacco Peter Pellegrini. Ma la battuta d'arresto più seria per Weber è arrivata dai gruppi parlamentari dei socialisti e dei liberali, che hanno dichiarato di non voler appoggiare la sua candidatura.Poco prima della cena era girata voce che il presidente del Consiglio Donald Tusk intendesse mettere sul piatto tre nomi: oltre a Manfred Weber, il socialista Frans Timmermans e la liberale Margrethe Vestager. Ma la rosa è stata scartata da Macron e compagni, e tutto si è risolto con un buco nell'acqua.Cosa può succedere ora? L'appuntamento, come detto, è per il 30 giugno. Il tempo stringe, perché nella sessione plenaria del 2-4 luglio il Parlamento è chiamato a eleggere il successore di Antonio Tajani, mentre tra il 15 e il 18 luglio i deputati dovranno ratificare il presidente della Commissione. Nella giornata di ieri ha nuovamente fatto capolino con insistenza il nome del cavallo di Macron, il connazionale Michel Barnier, nella scorsa legislatura capo delegazione per la Brexit. E lo stesso presidente francese ha dato una spallata a Jens Weidmann, papabile per la poltrona della Bce, accusandolo di essersi opposto all'azione di salvataggio dell'euro durante la crisi. Per contro Macron ha avuto parole dolci per Mario Draghi, definito a margine del meeting «uno dei più grandi statisti europei degli ultimi decenni». Durante il vertice euro, che ha occupato la seconda giornata del Consiglio e nel quale si è discusso del rafforzamento dell'unione bancaria e delle modifiche al trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità, Draghi ha partecipato all'ultimo Eurosummit del suo mandato ricevendo una standing ovation da parte dei leader Ue. Da ora in poi, per usare un'espressione cara al governatore della Bce, l'Europa va incontro (almeno politicamente parlando) a «territori inesplorati».