2023-02-15
Il fondo per la pace servirà a comprare armi per l’Ucraina
Josep Borrell propone di usare il budget Epf per nuove munizioni. Vista la discrezionalità nell’assegnare le commesse, la scelta favorirà alcuni Paesi. Sul tavolo 3,6 miliardi. Sempre che si trovino le materie prime.A quasi un anno dall’inizio della guerra in Ucraina, causata dall’invasione russa, l’Europa sta per raggiungere un nuovo bivio. I primi due sono stati affrontati nel peggiore dei modi ed entrambi riguardavano la sovranità energetica. Si è cominciato a discutere del price cap del gas il 18 aprile del 2021 e si è finto per chiudere un accordo dopo otto mesi, quando il mercato e i consumi avevano già trovato una soluzione al problema. Nel frattempo, la gran parte dei Paesi Ue ha riempito i propri stoccaggi di gas a prezzi triplicati rispetto a quelli battuti sul mercato Ttf nel 2021. Un «successo» che è costato, solo all’Italia, circa 80 miliardi di euro. L’altro bivio si è consumato nell’ultima parte del 2021 attorno al petrolio. Qui l’Unione europea in accordo con gli Usa ha imposto l’embargo all’oro nero russo. Risultato: i prezzi sono saliti (nemmeno tanto) penalizzando i produttori di Mosca, ma favorendo i trader in gran parte russi. A smenarci i consumatori europei. Nel frattempo la guerra ha a sua volta subito diversi step evolutivi che si possono commisurare con la progressione della capacità offensiva delle armi che i vari Paesi Ue hanno inviato a Kiev. Lo scorso marzo sono stati spediti sistemi di difesa personale, mitragliatrici, munizioni di piccolo calibro e qualche missile portatile Stinger. Poi si è passati ai mezzi semoventi, alla contraerea, ai carri armati e infine a sistemi missilistici terra aria. L’Italia ha partecipato con una parte di batteria dei Samp/t, un sistema d’aria prodotto da Mbda, partecipata da Leonardo, che rappresenta il fiore all’occhiello dell’industria europea. Con il tour tra Londra, Parigi e Bruxelles, Volodymyr Zelensky ha alzato il tiro. Ha chiesto altri mezzi corazzati, ma soprattutto caccia F16. La richiesta avviene non a caso mentre Elon Musk, ha annunciato una sorta di disimpegno del supporto (fino a ora fondamentale) di Starlink, la sua società satellitare. Probabilmente lascerà sul campo i circa 10.000 kit donati all’esercito ucraino, ma smetterà di fornire il servizio di copertura satellitare. Subentreranno quasi sicuramente militari Usa per istruire gli ucraini alla conversione dei kit per la lettura di satelliti militari, mentre d’altro canto c’è da immaginare l’accelerazione verso una guerra più analogica. Passateci il termine. Ciò non significa che si torna a sparare con il moschetto, ma che serviranno più artiglieria e più uomini in trincea. Rispetto a dicembre, la Russia ha cambiato il proprio approccio industriale. Nel corso del 2021 ha utilizzato le immense riserve di munizioni e mezzi eredità dell’Urss. Adesso sta cominciando la riconversione di alcune aziende, dirottate verso l’economia di guerra. Ciò significa che non siamo più di fronte a una «operazione speciale» (come la chiamava la propaganda di Mosca), ma a una guerra di lungo termine. Lasso temporale che tocca anche i Paesi europei che stanno finanziando (con euro e armi) gli ucraini. Bruxelles sa che le riserve Ue da destinare all’Ucraina stanno per finire. Esattamente come aveva denunciato il numero uno della Nato, Jens Stoltenberg.Senza tutte queste premesse e con il solito approccio ideologico, ieri Josep Borrell ha lanciato la sua idea e la soluzione modello approccio vaccinale. «Ora lavoriamo Paese per Paese, ma non vedo alcun inconveniente nell’usare l’Epf, che è un fondo intergovernamentale e non è budget Ue», per l’acquisto di munizioni in modo congiunto, ha detto l’Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera al suo arrivo alla riunione dei ministri della Difesa della Nato. «Non si possono comprare armi letali con il bilancio dell’Ue, ma l’Epf può essere usato nel modo che si considera più appropriato. Su questo presenterò delle proposte ai ministri degli Affari esteri lunedì». Al di là dell’ironia delle parole, Epf sta per «fondo per la pace», ma la cosa grave è che usare fondi importanti (circa 3,6 miliardi) per armare Kiev significa andare ad acquistare materiali bellici da singole aziende che hanno sede in Paesi europei. Poste le numerose perplessità che su queste colonne abbiamo sempre avanzato rispetto alla Difesa Ue, attingere a fondi (anche se fuori budget) comuni senza finanziare piattaforme militari congiunte significa fare uscire dalle casse di Bruxelles e fare entrare euro in quelle di Germania o Francia. Chi decide quali armi e quali munizioni dovranno essere inviate? Chi decide chi saranno i beneficiari? Domande che Borrell sembra voler ignorare, così come sembra voler ignorare un altro elemento strategico: la logistica e la filiera produttiva. I vertici Nato nelle ultime settimane hanno lanciato l’allarme sulle difficoltà di approvvigionamento della filiera produttiva. Mancano materie prime e i costi sono alle stelle. Produrre munizioni non è come stampare una scatola di carta. Servono tecnologia di alto livello e industria manifatturiera. In pratica non bastano i soldi per risolvere i problemi militari. Purtroppo l’Ue è stata pensata sulla carta e in un contesto di crescita e di pace permanente. Al di là della scelta di partecipare al conflitto, se non si pensa a una catena produttiva unica allora è meglio lasciare perdere. Pensare - al contrario - che gli attuali autocrati di Bruxelles possano gestire un continente in guerra fa venire i brividi, visto quello che sono riusciti a distruggere in tempo di pace.
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