
Un conto sono i diritti civili. Ma il movimento di liberazione ha imposto una sessualità «usa e getta» in odio alla donna.Il femminismo ha avuto due parti, il movimento di emancipazione femminile e il movimento di liberazione. Spesso confusi l'uno con l'altro, questi due movimenti sono assolutamente antitetici. Il movimento di emancipazione era un onesto movimento che voleva diritti civili, pari opportunità e il diritto di gestire la propria sessualità senza essere ammazzate da qualcuno che se la sarebbe cavata con tre anni grazie al delitto d'onore. Il delitto d'onore poteva avere come vittima anche un uomo, ma solo nel caso del coniuge: la moglie poteva uccidere il marito sorpreso nel tradimento, mentre era valido se a essere soppressa fosse stata la figlia (ma non il figlio). Era un movimento che chiedeva che davanti alla legge prima di tutto si fosse una persona, e poi un uomo o una donna. Era basato sull'amore, l'amore per sé stesse, per gli uomini, per la vita, per il mondo. Il movimento di liberazione è stato un movimento basato sull'odio, sull'odio per i maschi, per la vita, per la maternità, la civiltà ebraico-cristiana, il mondo occidentale e soprattutto per le donne, cui ha conquistato il diritto di amputarsi la propria sessualità, che è una sessualità biologicamente incentrata sulla maternità, quindi sull'amore romantico, e si sono fatte imporre come una conquista civica una sessualità usa e getta di tipo maschile, anzi, una sessualità usa e getta propria degli uomini peggiori. La strepitosa conquista del femminismo avrebbe dovuto essere il diritto a diventare madre con tutte le facilitazioni, il diritto ad avere 20 mesi di aspettativa dal lavoro a stipendio pieno, oppure il diritto al reddito di maternità, perché tutta la società deve girare attorno al ventre gravido di una donna, perché una donna che porta una gravidanza fa un dono a tutto il mondo. E invece no, la grande conquista del femminismo è stato l'aborto, che è un suicidio differito, non uccido me, ma uccido la mia progenie, un grumetto di cellule che diventerebbe il mio bambino, la mia proiezione nell'eternità, la creatura che più dovrei proteggere. Noi siamo donne, domine, regine: l'aborto ci rende assassine del grumetto di cellule che dovrebbe diventare il nostro bambino. La banalizzazione dell'aborto grazie alle femministe occidentali ha portato all'obbligo dell'aborto del feto femmina in India e Cina, all'obbligo di aborto del secondo figlio in Cina, ha portato all'aborto, in Cina, di non sappiamo quali donne, sospettiamo oppositrici o detenute, messe incinte appositamente per fornire le cellule cerebrali di feto al quinto mese che servono per rallentare la sclerosi laterale amiotrofica. La banalizzazione dell'aborto ha portato al «lavoro» di vendere il proprio feto, come fanno le donne povere in Messico e alla gestazione per altri, cioè alla peggiore violazione del corpo femminile.Con un pensiero analogico, basato cioè non sulla logica ma sull'analogia, sull'assonanza, sulla somiglianza, l'Occidente è equiparato alla forza e quindi al maschio prevaricatore e ha torto sempre e a prescindere, e tutto quello che non è Occidente - Africa, Asia, indiani d'America, eschimesi, indios - è debole e quindi equiparato alla femmina sfruttata e in quanto debole automaticamente al di sopra delle critiche. Una comprensione distorta delle tesi antropologiche di Claude Lévi-Strauss porta alla paralisi del giudizio davanti a qualsiasi crimine commesso contro le donne o contro chiunque altro nelle civiltà extraeuropee. Il movimento di liberazione femminile porta all'estremo il concetto sessantottino di moralizzazione della debolezza. Chi è forte ha automaticamente torto. I perdenti e gli sconfitti sono automaticamente buoni. Qualunque dittatore africano, gli entusiasti delle mutilazioni genitali femminili, i lapidatori delle adultere e i propugnatori del matrimonio di bambine di otto anni, nell'ottica del movimento di liberazione femminile, sono la parte debole del mondo e quindi «femminili» e non criticabili. L'odio del movimento di liberazione femminile per l'ebraismo e il cristianesimo è assoluto. Le appartenenti al movimento di liberazione femminile hanno portato i loro deretani inguainati in mutande di cotone rigidamente senza pizzetto a scodinzolare davanti a Ruhollah Khomeini, in quanto leader che si opponeva alla fallocrazia borghese occidentale. Chiunque sia andato in piazza a bruciare il reggiseno era una persona con una gravissima dismorfofobia e alterazione dell'io corporeo, quasi sempre anche con disturbi alimentari; individui che, cito testualmente, hanno ritrovato il senso del loro esistere dialogando con la loro vagina. Dopo mezzo secolo di dialogo ora difendono a spada tratta il diritto della donna islamica a portare il burqa e a essere lapidata e quella della donna occidentale di abortire anche tre, quattro o cinque o sei volte, senza capire che l'aborto è un suicidio differito, una ferita che resta nell'inconscio e sprofonda la donna in una cultura di morte. Nessuna contraddizione: la base di tutto questo è l'odio di sé. Distratti a fare idiozie invece che a essere un uomo e una donna, cioè un padre e una madre, abbiamo permesso il crollo della natalità, una crisi demografica ben più grave di quella della peste nera del '300. Grazie all'immigrazione e alla maggiore natalità islamica rischiamo la libanizzazione, cioè di diventare una minoranza in una maggioranza islamica nel giro di mezzo secolo. Inoltre la mancanza di aggressività maschile porta alla mancanza di difesa del territorio: il territorio fisico, il suolo dell'Europa, e quello ideologico, la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, che, per universale ammissione dall'Onu e della Comunità europea, non può essere considerata superiore alla sharia. Le periferie in fiamme, gli atti di terrorismo, gli stupri di massa come quello di Colonia, tutti episodi di cui sono protagonisti musulmani in Europa da due o tre generazioni, dimostrano come questi maschi eunuchi privi dell'istinto della difesa del territorio abbiano permesso l'ingresso di una minoranza non integrabile, storicamente nemica, che grazie alla maggiore natalità sarà maggioranza entro breve. Davanti alle periferie in fiamme, ai quartieri dove i «bianchi» non entrano se non a loro rischio e pericolo, il momento è venuto di discutere su questa Europa ubriaca di idiozie che sostiene che una nazione accuratamente divisa in ringhiose minoranze, ognuna rinchiusa in un vittimismo pari solo all'aggressività, possa portare da qualsiasi parte che non sia una guerra civile permanente e assoluta. La crisi economica avanza: non siamo in grado di garantire nessun lavoro a nessuno, nessuna vita decente a nessuno.Le femministe censurano le immagini: che non sia mostrato cosa è il feto abortito. Censurano la pietà: la mamma e il papà che hanno perso il loro bimbo durante la gravidanza non possono seppellirlo perché altrimenti si afferma che il feto è una persona e questo è «un'aggressione alla donna», censurano la scienza, perché non si può parlare della maledetta sindrome post aborto, che non finanziamo con i nostri soldi perché l'aborto è gratuito, come se il feto fosse un tumore. Ogni singola donna che ha messo al mondo un figlio ha fatto la storia e modificato l'eternità. Qualsiasi maschio può scoprire il radio. Solo noi possiamo diventare madri. Maria Curie ha avuto due figlie, non ha sacrificato la maternità. Tra miliardi di anni le anime delle sue figlie esisteranno ancora. Il processo creativo di essere madri è superiore a qualsiasi opera umana. Qualsiasi donna che ha dato la sua tenerezza a un bimbo non suo ha fatto la storia. La fesseria che facciamo la storia quando facciamo cose che fanno gli uomini rinunciando a essere femmine, madri, è la trappola mortale. Portiamo i bambini negli odiati asili nido a soli 4 mesi, rinunciamo a avere figli per non disturbare il lavoro, ci precipitiamo a abortire se la gravidanza può disturbare le nostre spettacolari carriere scolastiche. Abbiamo dato via la primogenitura per un piatto di lenticchie.Il grumetto di cellule nasce dalla sessualità, che è magnifica: ognuno si completerà con un corpo diverso dal suo, il corpo ruvido e forte degli uomini ha bisogno del corpo liscio e morbido delle donne e il corpo liscio e morbido delle donne ha bisogno del corpo forte e ruvido degli uomini, corpi fatti per unirsi e comprendersi e completarsi. E quando questi corpi si completano si ha il dono infinito di un figlio.Una creatura umana che non esisteva e che esiste perché il corpo di padre e madre si sono completati, ed è nato un figlio. Che è un figlio. È colui che ha dato luce alla nostra vita con la sua esistenza. Ha dato luce alla nostra vita mettendo al mondo figli che sono i nostri nipoti oppure ha dato luce alla nostra vita per pochi anni. O per pochi giorni o per poche ore. Un figlio rende un uomo e una donna genitori, proiettandoli nell'eternità. Quando una donna resta incinta, diventa madre. E questo non si può più disfare. L'aborto non disfa il suo essere madre. Una volta incinta la donna non può più scegliere se essere madre o no; può sceglier se essere la madre di un bimbo vivo o di un bimbo morto.
Ilaria Salis e László Dudog (in foto piccola) Ansa
- Parla il militante di destra aggredito a Budapest insieme alla sua fidanzata dalla «banda del martello»: «Ci hanno assaltato in otto, colpendoci alle spalle. A distanza di anni mi fanno ancora male tutte le ossa».
- Le defezioni maggiori nelle rappresentanze degli altri Paesi. Forza Italia si difende. Tra le file della Lega manca il voto di Patriciello, ex azzurro, che quel giorno era malato.
Lo speciale contiene due articoli.
Donald Trump (Ansa). Nel riquadro il suo post pubblicato su Truth con cui ha annunciato il raggiungimento dell'intesa tra Israele e Hamas
Nella notte raggiunto l'accordo tra Israele e Hamas per il cessate il fuoco e la liberazione dei prigionieri. Il presidente americano: «Giornata storica». Le truppe israeliane lasceranno la Striscia, tranne Rafah. Guterres: «Tutti rispettino l’intesa».
È stato Donald Trump, poco prima dell’una italiana, ad annunciare il raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per una tregua nella Striscia di Gaza e la liberazione degli ostaggi ancora in mano al gruppo islamista. «Sono molto orgoglioso di comunicare che Israele e Hamas hanno entrambi firmato la prima fase del nostro piano di pace», ha scritto il presidente americano su Truth, definendo quella di oggi «una giornata storica».
Secondo le prime ricostruzioni dei media israeliani, la firma ufficiale dell’intesa è prevista alle 11 italiane. L’accordo prevede il ritiro dell’Idf, l’esercito israeliano, da gran parte della Striscia di Gaza, con l’eccezione di Rafah, e il rilascio degli ostaggi sopravvissuti entro la fine del fine settimana, probabilmente tra sabato e domenica. Il piano, frutto di settimane di mediazione tra Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia, stabilisce anche la liberazione di circa duemila detenuti palestinesi in cambio del rilascio dei prigionieri israeliani. Lo scambio dovrà avvenire entro 72 ore dall’attuazione dell’accordo.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la notizia in un comunicato del suo ufficio, parlando di «una conversazione molto emozionante e calorosa» avuta con Trump subito dopo l’annuncio. «I due leader si sono congratulati per lo storico risultato ottenuto con la firma dell’accordo per la liberazione di tutti gli ostaggi», si legge nella nota. Netanyahu ha ringraziato Trump «per la sua leadership e per gli sforzi a livello globale», ricevendo a sua volta le lodi del presidente americano per «la sua guida determinata». Trump, parlando poi con Axios, ha rivelato di aver ricevuto un invito ufficiale a recarsi in Israele. «Probabilmente nei prossimi giorni visiterò il Paese e potrei rivolgermi alla Knesset. Vogliono che tenga un discorso, e se lo desiderano, lo farò sicuramente», ha detto. E ha aggiunto: «Per raggiungere questo accordo si sono uniti gli sforzi di tutto il mondo, compresi Paesi ostili. È un grande risultato. La mia chiamata con Netanyahu è stata fantastica, lui è molto contento, e dovrebbe esserlo». In un altro messaggio pubblicato sui social, il presidente americano ha voluto ringraziare i mediatori regionali: «Tutte le parti saranno trattate equamente. Questo è un grande giorno per il mondo arabo e musulmano, Israele, tutte le nazioni circostanti e gli Stati Uniti d’America. Benedetti gli operatori di pace!».
Da Gaza, Hamas ha confermato la propria adesione, sottolineando che l’accordo «prevede la fine della guerra, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso di aiuti e uno scambio di prigionieri». Il movimento islamista ha ringraziato «i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia» e «gli sforzi del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che mira a porre fine definitivamente alla guerra». Hamas ha poi chiesto ai mediatori internazionali di «costringere Israele ad attuare pienamente i requisiti dell’accordo e a non permettergli di eludere o ritardare quanto concordato». Secondo la Bbc, resta invece fuori dall’intesa la richiesta di Hamas di includere nel piano lo storico leader palestinese Marwan Barghouti, la cui scarcerazione è stata respinta da Israele.
La notizia dell’accordo ha provocato scene di entusiasmo nella Striscia: i media israeliani riferiscono che migliaia di palestinesi sono scesi in strada a Gaza, tra clacson, canti e fuochi d’artificio, dopo l’annuncio del presidente americano. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha accolto con favore la svolta: «Accolgo con favore l’annuncio di un accordo per garantire un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi a Gaza, sulla base della proposta avanzata dal presidente degli Stati Uniti. Elogio gli sforzi diplomatici di Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia nel mediare questa svolta disperatamente necessaria». Guterres ha poi invitato «tutti gli interessati a rispettare pienamente i termini dell’accordo», sottolineando che «tutti gli ostaggi devono essere rilasciati in modo dignitoso» e che «deve essere garantito un cessate il fuoco permanente».
Intanto, sui social, i familiari degli ostaggi hanno diffuso un video di ringraziamento rivolto a Trump: «Il presidente ce l’ha fatta, i nostri cari stanno tornando a casa», affermano alcuni di loro. «Non smetteremo di combattere finché non tornerà l’ultimo dei 48 ostaggi». Se i tempi saranno rispettati, la giornata di oggi potrebbe segnare la fine di una guerra durata quasi un anno, costata decine di migliaia di vittime e un drammatico esodo di civili. Un accordo che, nelle parole dello stesso Trump, «è solo il primo passo verso una pace forte e duratura».
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