Una, nessuna, centomila Veronica Panarello

Una nessuna e centomila Veronica Panarello: Veronica Vittima, Veronica Madre, Veronica Simulatrice, Veronica Carnefice, Veronica Accusatrice, Veronica che adesso si racconta, perversa para-incestuosa.

C'è una Veronica diversa per ogni telecamera, una Veronica che racconta una storia nuova per ogni set in cui si muove, che trasforma l'inchiesta che la riguarda in un Grande Fratello permanente. Provare a capire questa dinamica forse, è l'unico modo per proteggersi dal fascino morboso e magnetico di questa rappresentazione.

L'ultima Veronica - forse la più terribile - è quella di questi giorni, che le tiene insieme tutte, nell'ennesima trovata scenica: accusare il suocero dell'omicidio, incurante di aver già accusato se stessa dello stesso delitto. Autodenunciarsi come amante del padre di suo marito, per trasformare questo orrore in un movente omicida.

Forse non serve perdere tempo a chiedersi quale di queste Veronica sia quella vera: non fa bene a lei ma fa male anche a noi. C'è un limite dentro cui persino la nostra naturale curiosità del macabro va contenuta. Mi disturba l'iperbole del crimine usata per depistare, l'idea che la presunta omicida - sicura attrice - declini il suo reality criminale e pirandelliano, aggiungendo sempre nuove puntate per tenere incollato il proprio pubblico. Veronica è figlia della tv, e prova istintivamente a usare il mezzo per manipolarci.

Non so se avete presente il documento sconvolgente che un anno fa fu trasmesso da «Quarto Grado»: ho ancora in mente, in quel sopralluogo con le forze dell'ordine, l'incredibile capacità di mamma Panarello di trasformare la morte del proprio figlio Loris in una inquietante sit com. Deambulava nel suo appartamento, raccontando in favore di camera (poco importava che fosse nelle mani delle forze dell'ordine o di un network) guardava nell'obiettivo, ricostruiva una versione che oggi - a sentire lei - risulta falsa, con grande pause teatrali, e studiati momenti di trattenuta emozione. La Veronica di quel giorno, era davvero il sogno osceno di qualsiasi cinico autore televisivo, ed usava un adempimento legale videofilmato con la stessa disinvoltura con cui il concorrente di un reality usa un confessionale: «Stavo lavando il bíberon.... poi c'era la radio accesa.... sento Loris che urla: “Mamma, mamma! Dove sono i pantaloni?"». Non ci si riusciva a staccare dal programma perché sembrava così vero, ma così vero, che ovviamente era falso. Veronica che indugia davanti al mobile della cucina, allunga la mano, tasta nel vuoto, pensa, dice, ricostruendo ad alta voce, in un flusso di memoria apparentemente spontaneo, evocato dagli spazi e dagli oggetti: «L'ho aperto, l'ho visto...». Quella volta ci voleva convincere di un terribile incidente, accreditando l'idea di un incubo border line, di uno strangolamento delittuoso, l'orrore matricida annacquato nell'ipnosi di un racconto live. Ma all'inizio della storia, per un altro pool di telecamere - quelle dei Tg - era perfettamente nei panni e nella drammaturgia della madre meridionale da cliché: piangeva a dirotto, tra i due carabinieri, si batteva il petto e si asciugava le lacrime: «Perché, perché? Me l'hanno preso!». Impressionante, se si immagina che l'unica che sapeva dove fosse Loris in quel momento era lei. La terza tele-Veronica (anche se in ordine di tempo era la prima) è quella che aveva mimato un film muto, per le vie del suo paese, in favore delle videocamere di sorveglianza, fingendo di portare il bambino a scuola. Una pantomima per farsi un alibi, andando in giro con la macchina, per accreditare l'idea di un rapimento, come aveva raccontato negli interrogatori. A Veronica, che un giorno va con il marito al canalone «perché me l'hanno ucciso», e in un altro confessa, persino mentre si mostra affranta viene naturale un primo sguardo in camera. Persino durante le telefonate questa Veronica sa di essere ascoltata e usa le intercettazioni per raccontarsi.

Così questa ragazza fragile, sopravvissuta a due tentativi di suicidio, fragile come madre di due figli, fragile come giovane moglie di un marito che non c'è (fa il camionista, è spesso fuori) fragile come sorella di una sorella che l'accusa, fragile come figlia di una madre che dubita della sua innocenza, diventa protagonista - per la prima volta in vita sua - solo nell'inchiesta. Diventa forte solo quando una telecamera la restituisce ad un pubblico.

Oggi vorrei sottrarmi al gioco è-stata-lei-è stato-lui, vorrei fuggire dalla trappola dell'eroina negativa, del paese che mormora e - per così dire - dalla trappola del genere, della febbre della cronacaccia, del giallo. Oggi guardo questa ragazza che alza l'asticella ogni volta per sorprendere il suo pubblico, che confonde le acque perché nulla sia più certo, che si fa maestra nel sostituire il verosimile con il reale. Veronica è una ragazza 2.0 che d'istinto sa fare una sola cosa: manipolare la tv con cui è cresciuta, e - attraverso il piccolo schermo - provare a manipolare noi. Veronica ha dentro il talento del reality, e a me piacerebbe poter fare una cosa semplice: di fronte alla mostruosità che diventa accattivante e televisiva, provare a capire. Ma subito dopo rivendicare l'unico diritto che ci è rimasto nel tempo catodico: quello di cambiare canale quando si capisce che l'orrore si alimenta da sé fino a diventare intrattenimento.

«L’abito industriale avvolge il corpo, quello sartoriale veste l’anima»
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».

C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.

Non solo droghe: i giovani provano a riempire il vuoto con gioco e porno
iStock
A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.

Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!

Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.

Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».

Interrogatorio chiave sul Sistema Pavia: «Provviste pagate con fiches del casinò»
Antonio Scoppetta (Ansa)
  • Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
  • Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.

Lo speciale contiene due articoli

92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.

Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.

Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).

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