2021-04-09
Il Covid ha ucciso pure l’Unione europea. E chi ne è uscito è già fuori dall’incubo
Boris Johnson (Getty images)
Dai contratti «leggeri» alla comunicazione che crea confusione: Bruxelles sbaglia tutto. Intanto il Regno Unito è quasi immuneNella lotta al Covid l'Unione europea doveva essere l'Invincibile armata e invece sta facendo la fine del Titanic. Oppure, se preferite, della corazzata Potemkin di fantozziana memoria. Ormai i buchi nell'acqua collezionati da Bruxelles non si contano più. Stendiamo un velo pietoso sul fallimento dei negoziati svolti l'anno scorso dalla Commissione europea. Dopo aver bloccato la fuga in avanti dei quattro Paesi fondatori dell'effimera «Alleanza per un vaccino inclusivo» (Francia, Germania, Italia e Paesi Bassi), i quali erano arrivati a un passo dalla stipula di un contratto con la britannico-svedese Astrazeneca, gli euroburocrati hanno preso in mano il pallino delle trattative, costringendo i Paesi dell'Unione europea a sottostare all'approccio centralizzato di acquisto dai vaccini. Dalla pressoché totale assenza di trasparenza per ciò che concerne i contratti di fornitura, ai rapporti ambigui con i produttori, fino alle patetiche scaramucce con il Regno Unito e la Russia, la lista degli errori di Ursula von der Leyen e soci si è fatta via via sempre più lunga. E per lunghissimi mesi gli Stati membri sono rimasti fermi o quasi al palo, mentre il resto del mondo civilizzato pianificava prima e metteva in opera poi la più imponente campagna di immunizzazione che l'umanità ricordi. Le responsabilità di questa debacle, ha spiegato ieri il premier Mario Draghi, vanno ricercate anche in una «campagna contrattuale un po' leggera, assicuro che i contratti saranno fatti meglio».Ma il peggio come si suol dire doveva ancora venire, perché il vertice di questo dramma di Ionesco in salsa geopolitico-sanitaria Bruxelles l'ha raggiunto con le piroetta sul vaccino prodotto da Astrazeneca. Prima il battibecco sulle tempistiche delle consegne, con la pubblicazione dell'accordo siglato ad agosto quasi interamente sbianchettato, e infine il tira e molla in materia di sicurezza. Senza mai effettivamente sospenderne l'autorizzazione, l'Agenzia europea del farmaco è riuscita in pochi mesi a distruggere la credibilità del farmaco e, contestualmente, la fiducia dei cittadini europei nel vaccino (e più in generale nei vaccini). «La sicurezza è stata dimostrata durante gli studi», scrivevano appena a gennaio i tecnici dell'Ema in occasione del via libera al siero. Per poi ribadire, il 10 marzo scorso, che no, «non c'è alcun problema con il lotto utilizzato in Austria», quello incriminato a seguito del decesso di una persona per trombosi dieci giorni dopo aver ricevuto la dose. Non finisce qui, perché appena cinque giorni dopo l'Ema affermava di voler continuare a indagare sui casi trombosi verificatisi a seguito dell'inoculo, e ancora il 18 marzo la commissione per la sicurezza insisteva sulla rarissima frequenza dei casi e sul fatto che i benefici ancora superavano i rischi. Finalmente, l'ammissione mercoledì dell'esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l'insorgere dei casi di trombosi potenzialmente fatali. Nulla di trascendentale all'interno della comunità scientifica, specie per un vaccino la cui sperimentazione è durata appena una manciata di mesi. Semmai il vero disastro riguarda la gestione della comunicazione dell'intera vicenda. Probabilmente, se l'Unione europea avesse scelto una linea meno contraddittoria e ondivaga gli effetti sulla campagna vaccinale sarebbero stati meno nefasti. Per non parlare dell'Aifa, che a febbraio aveva consigliato Astrazeneca per gli under 55, mentre ora lo raccomanda per gli over 60. Che ruolo abbia in tutta questa vicenda il ministro della Salute Roberto Speranza, ormai avvolto nel silenzio, non è dato sapere. Una cosa è certa, e cioè che dopo settimane di terrorismo mediatico i cittadini vanno all'appuntamento con il vaccino tutt'altro che a cuor leggero, come dimostrano le numerose defezioni riguardanti Astrazeneca.La sfilza di errori targati Bruxelles ha spinto gli Stati membri a fare da sé. E così, alcuni Paesi dell'Europa orientale si sono orientati, senza aspettare l'Ema, sul vaccino russo Sputnik V. E ormai nemmeno la Germania disdegna il siero di Vladimir Putin: ieri il ministro della Salute Jens Spahn ha espresso la volontà di acquistarlo a prescindere dal disco verde da parte dell'Ue. Nelle ultime settimane il «rompete le righe» si è fatto sempre più marcato. A febbraio la Commissione europea ha siglato un accordo con Moderna per la fornitura di 80 milioni di dosi aggiuntive rispetto a quelle già concordate. Tuttavia, più della metà degli Stati membri - tra cui Ungheria, Polonia, Grecia, Belgio e Irlanda - hanno gentilmente rifiutato le fiale extra. Motivo? Troppo tardiva la consegna, in programma solo per il terzo e quarto trimestre 2021. Le dosi respinte dai 16 Paesi sono state offerte agli altri, ma solo Germania e Danimarca ne hanno approfittato. Praticamente, Berlino ha fatto piazza pulita aggiudicandosi 30 milioni di dosi extra, che in futuro potrebbero risultare un prezioso «tesoretto» a seguito dei problemi nei quali si trova Astrazeneca.Nel frattempo che l'Ue arranca, gli altri non stanno di certo a guardare. Pochi giorni fa, il governo britannico guidato da Boris Johnson ha stretto un accordo per la produzione in patria di 60 milioni di dosi del vaccino dell'americana Novavax. E secondo un recente studio dell'University College di Londra, da lunedì i sudditi di Sua Maestà raggiungeranno l'immunità di gregge con il 73% di persone protette. Una notizia che stride con il sorpasso (1.869 morti su milione contro 1.863) dell'Italia sul Regno Unito per la mortalità Covid.