2020-03-10
Il contagio non si accorge dei decreti. Però il paziente 1 ora respira da solo
Il numero delle persone colpite dal morbo arriva a quota 9.172: 463 i morti, 724 i guariti. Al Nord la morsa non si allenta, la paura scende nella Capitale. Mattia fa sperare il Paese: è fuori dalla terapia intensiva.Il governatore veneto Luca Zaia attacca il governo: «Chiudere Venezia, Padova e Treviso non ha senso». Mentre la riapertura del Lodigiano spiazza gli esperti: «Un'idiozia».Lo speciale contiene due articoli.L'Oms ammette che la diffusione del Covid-19 è molto rapida, ma non vuole ancora parlare di pandemia. Ieri, secondo il consueto bollettino della Protezione civile il coronavirus ha colpito nel nostro Paese altre 1.897 persone in 24 ore, portando il totale a 9.172. I positivi ad oggi sono 7.985 (+1.598), 463 i deceduti (+97), 724 sono guariti (+102). La Lombardia è sempre al centro dell'emergenza, con un incremento di 1.280 casi arrivando a 5.469. La notizia positiva però è che il paziente uno, il trentottenne inizialmente ricoverato all'ospedale di Codogno e attualmente a Pavia, ha iniziato a respirare autonomamente. L'uomo, che era stato contagiato assieme alla moglie incinta all'ottavo mese (ora per fortuna la signora si trova a casa), è stato trasferito dalla terapia intensiva a quella sub intensiva, come ha riferito l'assessore lombardo, Giulio Gallera. Un messaggio di speranza, soprattutto perché si tratta di un paziente giovane che ha attraversato momenti di grande criticità. Non è però il momento di abbassare la guardia, il professor Gianni Rezza, direttore del dipartimento di malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità ha lanciato quello che ha definito un «allarme preventivo» nel resto del Paese, sottolineando che «a Roma il virus sta già incominciando a circolare, anche se le catene di trasmissione sono per ora piccole. Ne dobbiamo prendere atto perché altrimenti si fa il patatrac come a Lodi. Bisogna agire prontamente», ha raccomandato. «È meglio rinviare i trattamenti di chemioterapia in ospedale e le visite programmate di controllo», a esclusione dei casi urgenti, chiede l'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), per non rendere ancora più difficile l'attività di medici e infermieri.Ieri sui social veniva ripreso e commentato l'appello di Alessandro De Chirico, consigliere comunale di Forza Italia a Milano: «L'esercito e la polizia locale devono presidiare le strade per far rispettare gli obblighi che siamo tenuti a ottemperare nel rispetto della salute pubblica», invitava a fare il forzista. De Chirico è convinto che il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, e tutti i primi cittadini debbano mandare messaggi chiari, raccomandando di stare chiusi in casa. «Solo così ce la faremo in tempi brevi», concludeva. Le misure urgenti, introdotte con decreto del governo, se confondono, spaventano molti, da più parti vengono però considerate insufficienti. Dovrebbero essere più rigide, per scoraggiare quanti continuano a sottovalutare la diffusione di focolai. Chi viola la quarantena rischia il carcere, lo prevede la direttiva inviata dal Viminale ai prefetti, l'arresto può essere fino a 3 mesi. Le forze dell'ordine stanno effettuando controlli per le strade, negli aeroporti, nelle stazioni, ma non basta. Domenica sera la polizia di frontiera ha rimandato a casa un gruppo di persone che da Genova volevano imbarcarsi su un traghetto diretto in Sardegna, con l'intenzione di andarsi a fare una vacanza. Anche due giovani di Parma avevano deciso di ignorare i divieti di allontanamento e ieri stavano per imbarcarsi su un volo Bologna-Madrid. Sono stati denunciati. «Possiamo fare tutti i decreti e le ordinanze possibili e immaginabili, ma senza un forte patto tra istituzioni e cittadinanza, senza il rispetto scrupoloso delle disposizioni, avremo fallito l'obiettivo», ha dichiarato Donato Toma, presidente della Regione Molise, dove ieri mattina 200 persone avevano segnalato di essere arrivate dalle zone rosse del Nord Italia. Al Sud è scoppiata la rabbia verso chi sabato sera aveva deciso la fuga dalle stazioni milanesi di Garibaldi e Centrale, prima che chiudessero le aree rosse. Sui social si moltiplicano le proteste, gli insulti, vengono definiti «deficienti», «idioti» perché portano il contagio ai loro parenti. A Michele Emiliano, governatore della Regione Puglia, che domenica notte invitava tutti: «Fermatevi e tornate indietro», e firmava la quarantena obbligatoria, molti su Facebook chiedono «sanzioni ai trasgressori!» e di «aumentare i controlli con maggiore presenza di forze dell'ordine». Sono 2.000 le persone che si sono autosegnalate in Puglia solo nella giornata di domenica, la paura è che molti altri non lo facciano per non finire in isolamento. Stessa preoccupazione in Sicilia, dove non si riescono a contare i rientri avvenuti prima dell'8 marzo anche se sul sito della Regione si sono registrati «in oltre 7.000», come ha precisato l'assessore alla Salute della Regione siciliana, Ruggero Razza. Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, è convinto che «per evitare la diffusione di massa del contagio, occorre il pugno di ferro. Se non lo farà il governo, lo faremo noi». Ha disposto la quarantena per chi è arrivato dopo il 7 marzo e con un appello sui social afferma: «Siamo pronti ad affrontare qualsiasi emergenza, vi chiedo solo di darci una mano». Tra i commenti, una signora si raccomanda di «fare una buona sanificazione anche per le strade cittadine, qualcosa che venga spruzzata in aria». Conclude: «Speriamo bene e che la Madonna ci accompagni».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-contagio-non-si-accorge-dei-decreti-pero-il-paziente-1-ora-respira-da-solo-2645442024.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="le-nuove-zone-rosse-creano-il-caos" data-post-id="2645442024" data-published-at="1758163256" data-use-pagination="False"> Le nuove zone rosse creano il caos I numeri del Veneto parlano chiaro: 771 contagiati, molti dei quali asintomatici, 61 ricoverati in terapia intensiva e 21 deceduti. Perciò il governatore, Luca Zaia, chiede che le sue tre province, Venezia, Padova e Treviso, escano dalle nuove zone rosse previste dall'ultimo decreto che di fatto «chiude» la Lombardia e 14 province tra Veneto, Emilia Romagna, Marche e Piemonte, e contesta il metodo del governo nell'emanare un decreto poco chiaro. «Il comitato scientifico della Regione Veneto mi ha preparato una relazione per dire di togliere le tre province venete. Poi ho scoperto che avevano già deciso, firmato e fatto tutto», ha spiegato Zaia. «Non abbiamo avuto modo di controdedurre per poter presentare delle proposte, non è stato possibile». Secondo il presidente leghista del Veneto per interpretare il decreto «c'è bisogno di una circolare applicativa, così è difficile dare una risposta ai cittadini. Sulla movimentazione posso muovermi all'interno della provincia per lavorare ma se lavoro fuori cosa accade? E se devo muovermi da una provincia all'altra per altre attività? Nel decreto si dice che bisogna limitare gli spostamenti anche all'interno della provincia. Tutto magari ha una ratio, ma per noi veneti al momento no». Spiegazioni necessarie per capire se è una restrizione di movimento o un coprifuoco, anche se Zaia ribadisce di voler rispettare le regole, facendo un passo indietro, «perché non abbiamo le caratteristiche per essere zona rossa. Non lo dico per vanto ma perché i dati ci dicono che la provincia di Treviso ha un cluster tutto ospedaliero, cioè una signora, per altro deceduta, ha contagiato un reparto con degli ospedalieri che sono stati velocemente isolati. Molti sono asintomatici, passeranno la quarantena dei 15 giorni e finisce lì». Poi c'è il cluster di Padova, la provincia del Comune di Vo' noto dai primi giorni di contagio. «Ricordo la vicenda di Vò con i 66 contagiati, abbiamo rifatto i tamponi in queste ore e si sono negativizzati molti positivi», spiega il presidente. «Dall'altro il cluster di Venezia è un altro cluster ospedaliero con contagio ospedaliero, tutto qui». Ma il decreto fa discutere anche gli infettivologi, visto che si vogliono allentare i vincoli della prima zona rossa in Lombardia, cioè a Codogno, da dove è iniziato il contagio. «È una franca sciocchezza che si apra la zona rossa iniziale nei termini che ho orecchiato», ha attaccato Massimo Galli, virologo dell'ospedale Sacco di Milano dai microfoni di Sky Tg24. «Sono 16 giorni dal primo caso in quella zona, ma c'è stato almeno un mese di diffusione dell'infezione, è evidente che ci sono ancora dei problemi e non è finito il tracciare necessario dei contatti. Rimescolare le carte è una mezza follia, non ha senso. Una follia ai danni degli stessi abitanti di Codogno. A differenza di quello che è stato fatto nelle zone del Veneto», ha proseguito Galli, «dove sono stati fatti tamponi a tappeto, a Codogno questa cosa non è avvenuta abbastanza, quindi non sappiamo quante siano ancora le persone che hanno avuto o che hanno l'infezione a livello asintomatico. Il primo caso visto a Codogno risale soltanto al 21 febbraio. Fate un po' i calcoli e vedete se vi può sembrare che quella sia una situazione ancora da considerare libera, nei confronti di sé stessa e per il resto della Lombardia». Intanto a Bologna, città esclusa dalla zona rossa, il sindaco, Virginio Merola, ha deciso di disporre da oggi la chiusura di bar e locali dalle 18 alle 6: «Ragazzi e ragazze dovete fermarvi: basta frequentare luoghi affollati, basta movida, basta assembramenti».
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