2019-06-18
Il Consiglio di Stato regola l’eterologa ma ne ammette i guai
Riconosciuti i rischi dell'iperovulazione: sarà obbligatorio un limite al numero di ovociti prelevati dalla stessa persona.Sì alle donazioni per la fecondazione eterologa, ma non troppo. O meglio, sì, ma ad alcune condizioni. È insomma un via libera piuttosto cauto quello reso ieri dalla sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato sul regolamento con cui, in Italia, sono state recepite alcune direttive europee sulla donazione di cellule riproduttive per l'eterologa. I giudici, pronunciandosi sulle prescrizioni necessarie per effettuare le donazioni funzionali alla procreazione medicalmente assistita eterologa - vietata fino a quando la Corte costituzionale, con la sentenza numero 9 aprile 2014, numero 162, dichiarò costituzionalmente illegittime alcune parti della legge 19 febbraio 2004, numero 40 - hanno infatti voluto mettere dei paletti. Che riguardano, anzitutto, dei limiti di età.Più precisamente, il Consiglio di Stato ha stabilito che, nel regolamento in questione debbano essere esplicitamente indicati i limiti di età per la donazione, differenziati per la donna e per l'uomo. Un'indicazione ovviamente non casuale, ma avente un fine preciso: quello di prevenire patologie del nascituro legate all'età del genitore genetico. Non solo. I limiti di età risultano funzionali da un lato ad accrescere le possibilità, per la coppia interessata, di ottenere il bambino, e, dall'altro, a fare in modo che, nell'ipotesi in cui l'esito non sia favorevole, essa possa effettuare nuovi tentativi limitando i relativi pregiudizi per la salute psicofisica. In altre parole, ponendo il paletto anagrafico i giudici hanno riconosciuto fra le righe come le tecniche di fecondazione extracorporea, oltre ad essere fallibili, comportino rischi non trascurabili per la coppia e per il figlio così concepito. Il che è quasi un atto dovuto, dal momento che è noto come i figli della provetta presentino più elevate incidenze di anomalie genetiche, malattie degenerative, malformazioni congenite e addirittura di tumori infantili, secondo quanto emerso in uno studio dell'American Journal of Obstetric & Gynecology che ha seguito nate e nati fino al diciottesimo anno di età per un totale di oltre 240.000 casi osservati. Tornando ai paletti, va evidenziato come il Consiglio abbia ritenuto fondamentale che, nel regolamento sull'eterologa, sia previsto pure un limite quantitativo alla donazione degli ovociti e dei gameti maschili. Un limite, pure questo, con una finalità chiara: quella di limitare le nascite di bambini portatori, anche solo in parte, del medesimo patrimonio genetico. Questo per scongiurare il rischio di consanguineità tra i nati con il medesimo patrimonio genetico della donatrice o del donatore, e per ridurre il numero di stimolazioni ormonali cui può sottoporsi la donna per donare gli ovociti, con conseguente pregiudizio per la sua salute.I giudici, a chi non l'avesse già compreso, tornano così a sottolineare i pericoli che per la salute della donna implica la superovulazione, cioè la maturazione contemporanea di più ovuli. Che, per quanto venga sovente presentata come «donazione», è una pratica rischiosa dato che, segnalava un articolo apparso già nel 2004 su Le Scienze a firma di Nora Frontali e Flavia Zucco, «non sono rari i casi in cui si assiste alla “sindrome da iperstimolazione ovarica", un evento assai sgradevole e pericoloso (vi sono stati anche casi mortali)».La stessa attenzione critica alla possibilità di consanguineità lascia trasparire uno scenario non esattamente confortane, come hanno evidenziato Toni Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vice presidente del Congresso mondiale delle famiglie e di Provita e famiglia, i quali in una nota hanno dichiarato: «In parole povere: c'è il rischio che due fratelli finiscano marito e moglie e allora che fare? Non vietiamo la pratica, ma saranno pochi e speriamo che il destino non li faccia incontrare».Il fatto che, nonostante la consapevolezza di questi rischi, l'eterologa sia egualmente consentita viene stigmatizzato da Brandi e Coghe, che definiscono tutto ciò «vergognoso, bambini senza radici e senza una vera carta d'identità sono ammessi purché se ne contenga il numero». In effetti, che al Consiglio di Stato abbiano piena contezza dei pericoli legati alla fecondazione eterologa è provato anche dal fatto che, oltre a introdurre limiti anagrafici e quantitativi, i giudici si sono espressi in favore anche di un terzo obbligo: quello di fare in modo che questi limiti siano categoricamente verificati con cadenza periodica.A una lettura attenta, il parere favorevole reso ieri suona insomma come più che un assenso condizionato. Pare quasi che il Consiglio di Stato, in barba al bioeticamente corretto tanto in voga, abbia voluto enumerare uno per uno tutte le gravi e spesso irreparabili conseguenze che una pratica che gode di buona stampa come la fecondazione eterologa poi, nei fatti, porta con sé. Come a dire: care coppie che siete intenzionate a diventare genitori a tutti i costi, pensateci bene e, se proprio siete sicure, fate pure. Ma poi non venite a dirci che non vi avevamo avvertite.