2020-07-19
Il concorso del Cnr che cambia le regole a giochi (quasi) fatti
La nuova commissione ha stravolto a selezione aperta i requisiti per l'incarico di direttore. Cinque candidati vicini ai «giudici».Un concorso per un posto da dirigente di ricerca che si trascina per tre anni e mezzo. Tre commissioni giudicanti che si alternano e cambiano i criteri di valutazione addirittura dopo che sono stati presentati i curriculum dei candidati (e che se ne conoscono i nomi). Punteggi da capogiro attribuiti a ricercatori per lavori scientifici ai quali hanno partecipato con ruoli assolutamente secondari. Ci voleva tutta la scienza del Consiglio nazionale delle ricerche per organizzare un pasticcio simile, che ha coinvolto, loro malgrado, più di cento ricercatori e che adesso innescherà anche una serie di ricorsi. Perché il cambio in corsa dei parametri di valutazione rischia davvero di essere un esperimento più sartoriale che scientifico. Dall'ultima relazione della Corte dei Conti (25 giugno 2019), il Cnr usciva come un ente discretamente ben gestito, con un piccolo avanzo da quasi 50 milioni nonostante i contributi del Miur non coprano tutte le spese, e un organico di 7.121 dipendenti, il 60% dedicato esclusivamente alla ricerca. Quattro dipendenti su dieci sono dunque di area tecnico-amministrativa e la magistratura contabile osserva che questa proporzione «appare ancora sovradimensionata rispetto alla mission dell'ente». I concorsi, però, vengono fatti con il contagocce e l'ultimo per un posto da «dirigente di ricerca», livello equiparato a professore ordinario, assomiglia più che altro a una via crucis. Il concorso numero 367.160 «scatta» (il verbo è un po' generoso) con il bando firmato il 29 dicembre 2016 dal presidente Massimo Inguscio. Si cerca un esperto per l'area «materiali avanzati» e la commissione giudicante ha a disposizione 100 punti che possono essere conquistati così: 45 punti per pubblicazioni scientifiche o brevetti e/o altri prodotti scientifici (tre al massimo); ulteriori 15 punti per altre pubblicazioni o brevetti; altri 40 punti in base al curriculum, ai premi vinti e agli «avanzamenti significativi delle conoscenze» nell'area oggetto del bando ottenuti dal candidato. Ma per arrivare all'insediamento della (prima) commissione, guidata da Paolo Foggi del Dipartimento di chimica dell'Università di Perugia, ci vuole più di un anno. Nella riunione del 24 marzo 2018, la commissione fissa con maggior precisione i criteri di valutazione, spiegando, ad esempio, che tipo e che grado di coinvolgimento in una pubblicazione scientifica bisogna avere per fregiarsene davvero e prendere i punteggi più alti. Arrivano oltre 100 candidature (sia interne che esterne), perché anche se il posto è uno, si sa già che ci saranno una decina di «slittamenti». Ma poi la macchina, nonostante la sua lentezza, s'inceppa. In autunno avviene la valutazione dei candidati, ma tra dicembre del 2018 e il maggio seguente si registrano le dimissioni a raffica dei commissari, presidente compreso. E non di una sola commissione, ma di due. Le motivazioni, stando agli atti, spaziano dai «motivi familiari e personali» al «deterioramento dei rapporti» tra commissari e presidenti, fino alla «confusione comunicativa» tra gli stessi. Ad agosto del 2019, il Cnr scova un vizio formale (manca una mail di fine seduta) e annulla gran parte delle operazioni concorsuali. Con tutta calma, a novembre scorso, viene nominata una nuova commissione, che riprende i lavori dall'ultimo verbale esente da vizi, ma stabilisce nuovi criteri di valutazione. Insomma, con i curriculum già presentati, e sapendo già i nomi dei candidati e le frecce all'arco di ognuno, si cambiano le regole come nulla fosse. Pur dando l'ovvio beneficio della buona fede, è chiaro che il rischio di cucire il vestito giusto sul manichino giusto è decisamente elevato. Ma la via crucis vira sul grottesco con l'emergenza coronavirus. Dopo tre anni di tira e molla, la terza commissione, guidata dalla professoressa Graziella Malandrino, completa in piena quarantena le valutazioni dei candidati e a giugno viene pubblicata la graduatoria. Che ovviamente è una graduatoria completamente stravolta rispetto alle valutazioni fatte dalla commissione precedente, con i criteri originari. E i nuovi criteri per le pubblicazioni, la cui legittimità è decisamente dubbia, per fare l'esempio più grossolano, si basano unicamente sulla diffusione della rivista scientifica, senza valutare il livello effettivo di coinvolgimento del singolo nelle ricerche con più autori. Così, se si vanno a confrontare le due graduatorie stilate dalle due diverse commissioni, risulta che candidati che avevano firmato come «autore di riferimento» la quasi totalità dei 15 articoli pubblicati si sono visti dimezzare il punteggio. Mentre altri candidati, con il medesimo criterio, si sono visti alzare il punteggio e compaiono in una posizione finale che consentirà loro di essere nominati direttore di ricerca grazie ai previsti «scorrimenti». E sarà un caso, ma cinque candidati su sei che hanno conquistato la posizione utile per lo scorrimento provengono dai due istituti di ricerca diretti da due dei nuovi commissari. Insomma, a parte il fatto che ora scatteranno i ricorsi degli esclusi a seguito di questo concorso impazzito, al Cnr hanno in sostanza inventato una modalità a suo modo geniale per la scelta dei ricercatori in posizione apicale: quella con il cambio in corsa dei requisiti. Chissà se la brevetteranno.
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