
Il capitalismo sfrenato disgrega le unioni tradizionali perché, diceva Gilbert Keith Chesterton, il datore di lavoro influenza più dei genitori. Ma anche il sogno marxista fa disastri, come riconosce oggi il regista adorato dalla sinistra.Fu Gilbert Keith Chesterton a identificare nel capitalismo il primo nemico della famiglia: «Non si ripeterà mai abbastanza che ciò che distrusse la famiglia nel mondo moderno, fu il capitalismo», scrisse. E aggiunse: «È il capitalismo che ha portato le tensioni morali e la competizione affaristica tra i sessi, che ha sostituito all'influenza del genitore l'influenza del Datore di lavoro; che ha fatto sì che gli uomini abbandonassero le loro case per cercare lavoro; che li ha costretti a vivere vicino alle loro fabbriche o alle loro ditte invece che vicino alle loro famiglie; e soprattutto che ha incoraggiato per ragioni commerciali, una valanga di pubblicità e di mode appariscenti che per loro natura uccidono tutto ciò che erano la dignità e il pudore dei nostri padri e delle nostre madri».Chesterton non aveva affatto torto, e l'assalto neoliberista alle figure di madre e padre lo conferma, così come lo testimoniano le campagne delle multinazionali (marchi come Netflix e persino griffe come Gucci) a favore dell'aborto. Il capitalismo sfrenato, tuttavia, è un potente nemico, ma non è certo il solo. In realtà, anche il comunismo ha fatto la sua parte nella disgregazione dei legami famigliari. Ed è davvero stupefacente che a ricordarcelo, oggi, sia un intellettuale che il comunismo lo ha conosciuto da molto vicino. Anzi, che lo ha praticato con una certa convinzione, tanto che ancora oggi si dimostra fieramente di sinistra. Stiamo parlando di uno dei più celebri registi italiani, ovvero Marco Bellocchio, classe 1939. Nelle sale è appena arrivato il suo nuovo film, Il traditore, con Pierfrancesco Favino nei panni del pentito di mafia Tommaso Buscetta. Per l'occasione, il cineasta ha concesso una lunga intervista al Corriere della Sera. Una conversazione che abbonda di retorica e di prese di posizione che si collocano con decisione nel solco progressista. Tuttavia, a un certo punto, Bellocchio si è fatto sfuggire una riflessione in netta contraddizione con lo spirito del tempo. Non ci sono dubbi, ovviamente, sul fatto che il regista non sia un sovranista o, peggio, un attivista pro vita. Basti ricordare, a questo proposito, il suo film del 2012 intitolato Bella addormentata, dedicato alla straziante vicenda di Eluana Englaro, in cui i manifestanti anti eutanasia venivano sbertucciati a più riprese. Eppure, oggi il regista sinistrorso ha saputo regalarci una testimonianza degna di nota, resa ancora più pregnante proprio dalla fede gauchiste del nostro. Ed eccoci al punto. Bellocchio, interrogato a proposito della famiglia, risponde: «La famiglia era e resta la cellula sociale primordiale che si oppone al caos. Siamo alla base della società». Già questo basterebbe. Che un intellettuale di sinistra dica una cosa del genere mentre i suoi colleghi più o meno celebri sono quasi tutti impegnati a combattere la famiglia, beh, colpisce. Ma il regista prosegue: «Infatti il comunismo tentò di sradicare la famiglia: i figli erano dello Stato e non dei genitori. Una delle tante ragioni del fallimento di quel sistema». Incredibile. Bellocchio, qui, dà una lezione a tutti gli attivisti che amano berciare nelle piazze. La frase che ha pronunciato è una risposta d'autore a Monica Cirinnà, quella di «Dio, patria, famiglia che vita di merda». Ripetiamo: di certo Bellocchio non è un conservatore e probabilmente non apprezzerebbe nemmeno il ragionamento che stiamo costruendo attorno alle sue esternazioni. Ma non importa. Quel che conta è che il cineasta, con coraggio, ha detto il vero. «Più vado avanti nella vita», ha spiegato, «e più vedo quanto i legami familiari siano fortissimi: tanti figli, dopo magari qualche iniziale contestazione, proseguono nel solco dei padri e delle madri. Non solo al Sud, ma anche nell'operoso Nord. E poi basta accendere la tv e vedere la quantità di madri che raccontano la loro vita, magari chiedono giustizia». Una difesa della famiglia con i controfiocchi. Chesterton citava i danni prodotti dal capitalismo senza controllo; Bellocchio ricorda quelli causati dal comunismo. Oggi il neoliberismo, nei fatti, ha fuso capitalismo e comunismo in una crema morbida e appiccicosa. Due nemici in uno: pensate che disastro ne può nascere.
Donald Trump (Ansa)
La proposta Usa non piace a Volodymyr Zelensky, azzoppato però dal caos corruzione. Marco Rubio: «Tutti devono accettare concessioni difficili».
Donald Trump tira dritto con il suo nuovo tentativo di porre fine alla guerra in Ucraina. Un funzionario americano ha riferito a Nbc News che l’inquilino della Casa Bianca avrebbe dato la sua approvazione al piano di pace in 28 punti, elaborato nell’ultimo mese principalmente da Steve Witkoff in consultazione sia con l’inviato del Cremlino, Kirill Dmitriev, sia con il governo ucraino. La medesima fonte ha rivelato che nella stesura del progetto sarebbero stati coinvolti anche il vicepresidente americano, JD Vance, il segretario di Stato, Marco Rubio, e il genero dello stesso Trump, Jared Kushner.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (Ansa)
Un tempo la sinistra invocava le dimissioni (Leone) e l’impeachment (Cossiga) dei presidenti. Poi, volendo blindarsi nel «deep State», ne ha fatto dei numi tutelari. La verità è che anche loro agiscono da politici.
Ci voleva La Verità per ricordare che nessun potere è asettico. Nemmeno quello del Quirinale, che, da quando è espressione dell’area politico-culturale della sinistra, pare trasfigurato in vesti candide sul Tabor. Il caso Garofani segnala che un’autorità, compresa quella che si presenta sotto l’aura della sterilità, è invece sempre manifestazione di una volontà, di un interesse, di un’idea. Dietro l’arbitro, c’è l’arbitrio. In certi casi, lo si può e lo si deve esercitare con spirito equanime.
Elly Schlein (Ansa)
Critiche all’incauto boiardo. Eppure, per «Domani» e i deputati, la vittima è Schlein.
Negli ultimi giorni abbiamo interpellato telefonicamente numerosi esponenti del centrosinistra nazionale per sondare quali fossero gli umori veri, al di là delle dichiarazioni di facciata, rispetto alle dichiarazioni pronunciate da Francesco Saverio Garofani, consigliere del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, riportate dalla Verità e alla base della nuova serie di Romanzo Quirinale. Non c’è uno solo dei protagonisti del centrosinistra che non abbia sottolineato come quelle frasi, sintetizzando, «se le poteva risparmiare», con variazioni sul tema del tipo: «Ma dico io, questi ragionamenti falli a casa tua». Non manca chi, sempre a sinistra, ammette che il caso Garofani indebolirà il Quirinale.
Vincenzo Spadafora ed Ernesto Maria Ruffini (Imagoeconomica)
L’operazione Ruffini, che Garofani sogna e forse non dispiace a Mattarella, erediterebbe il simbolo di Tabacci e incasserebbe l’adesione di Spadafora, già contiano e poi transfuga con Di Maio. Che per ora ha un’europoltrona. Però cerca un futuro politico.
Ma davvero Garofani ha parlato solo una volta? No. Francesco Saverio Garofani, il consigliere per la Difesa del presidente Mattarella, non ha parlato di politica solo una volta. Possiamo dire che solo una volta le sue parole sono uscite. Così, la sua incontenibile fede giallorossa si è avvitata all’altra grande passione, la politica, provocando il cortocircuito.






