2020-12-10
Il commissario paga le siringhe a peso d’oro
Le «luer lock» costano 14 volte più di quelle scelte dagli altri Paesi Ue. E, a differenza di ciò che dice il manager, non ce l'ha imposte Pfizer. In Italia non sono disponibili: finiremo per prenderle dalla Cina. Dove c'è chi vende a 2 centesimi un prodotto che vale 1 euro.E le siringhe per il vaccino? Arriveranno anche loro dalla Cina? A quale prezzo? E con quale garanzia di qualità? Mentre in Gran Bretagna hanno già iniziato le vaccinazioni, in Italia tutti pendiamo come sempre dalle labbra del supercommissario, l'onnipotente Domenico Arcuri. Il quale tra un predicozzo morale e una riunione sull'acciaio dell'Ilva, tra una comparsata in tv e il disbrigo delle ultime faccende sui banchi a rotelle, deve trovare spazio anche per procurare il materiale sanitario indispensabile al Paese, che poi è quello che dovrebbe realmente (e unicamente) fare. E che, in effetti, non sta facendo benissimo. Ma che ci volete fare? Con tutti questi incarichi che si ritrova, è ovvio che ogni tanto qualcosa gli scappi di mano. Anche più di ogni tanto. E anche più di qualcosa. Per esempio: il bando per le terapie intensive partito a inizio ottobre anziché a luglio. O l'acquisto di automediche e ambulanze partito a fine ottobre anziché a maggio. E il tracciamento saltato per il ritardo nel piano dei tamponi. E poi quella commessa da 1,2 miliardi di mascherine dalla Cina su cui l'ex caporedattore Rai Mario Benotti, l'ingegnere aerospaziale Andrea Tommasi e l'improbabile coppia di bibitari sudamericani hanno ottenuto provvigioni ritenute sospette dalla Banca d'Italia e dalla Procura. Tutte operazioni scivolate sotto gli occhi innocenti e inconsapevoli del medesimo Arcuri, il quale ha potere su tutto ma non è accusato di nulla. Se non di non aver capito i fatti.Ora tanta incapacità di comprensione ci pone un tormento nel momento in cui parte un'altra operazione dalla quale dipende non poco del nostro futuro. A gennaio, infatti, dovrebbe cominciare la grande vaccinazione di massa contro il coranavirus. E, a parte tutti i dubbi sollevati più volte da questo giornale sulla sicurezza dei vaccini, sui dati mancanti e sui contratti di acquisto che l'Unione europea conserva con una segretezza ostinata e sospetta, resta in Italia il grande interrogativo sul piano di realizzazione: modalità, tempistica, priorità, uomini e mezzi. A proposito di questi ultimi si segnala per l'appunto il caso delle siringhe. Infatti nel bando deciso dall'Italia per mano, ovviamente, del supercommissario Arcuri, si è stabilito di comprare le siringhe cosiddette luer lock, le più costose. Il loro prezzo arriva fino a 1 euro l'una. In altri Paesi (Francia, Gran Bretagna, Germania) si è optato invece per altre siringhe, come le cosiddette tubercolina, che costano appena 7-8 centesimi l'una, cioè 14 volte di meno. E la domanda sorge spontanea: come mai, per il medesimo vaccino, a Parigi si può usare una siringa che costa fino a 14 volte di meno che a Roma?Due cronisti di Fuori dal coro, Marco Gaiazzi e Alessandro Filippelli, l'hanno chiesto alla struttura del supercommissario Arcuri. Prima risposta: «Sono le specifiche indicate dalla Pfizer». Cioè sono le richieste che arrivano dall'azienda farmaceutica. Allora i cronisti hanno interpellato l'azienda farmaceutica, la medesima Pfizer, la quale ha sbugiardato la struttura del supercommissario: «Questa non è materia nostra. Se ne occupano il ministero della Salute e Arcuri. Chiedete allo staff di Arcuri e loro lo sanno». Successivamente in conferenza stampa, dopo aver dribblato altre domande scomode, il medesimo supercommissario ha capito la mala parata e ha scelto una versione di ripiego: «Le tipologie di aghi e siringhe sono state definite sulla base delle specifiche tecniche che ci sono state poste dal ministero della Salute». Ma allora perché in prima battuta aveva rimandato alla Pfizer? Se glielo chiediamo, rischiamo una querela anche per questo?Invece, pensate un po', riteniamo che le domande siano più che legittime per evitare ritardi ed errori, o magari maxi provvigioni sfuggite all'occhio del committente, proprio come è successo per le mascherine. Anche perché il prezzo delle siringhe, in realtà, nasconde un altro e ancor più grande tema. Quelle siringhe del tipo luer lock, le più costose, non vengono attualmente prodotte in Europa. Il principale produttore italiano, Pentaferte, interrogato sull'argomento dice che lui ci metterebbe almeno due o tre mesi per attrezzarsi a sfornarle. Due o tre mesi che scatterebbero, evidentemente, dal momento della vittoria della gara. Troppo tardi per le vaccinazioni che partono a gennaio. E dunque? Le siringhe luer lock in realtà esistono già sul mercato. I due principali produttori sono negli Stati Uniti e, guarda il caso, proprio in Cina. «Sono convinto che la maggior parte della fornitura per l'Italia arriverà dalla Cina», assicura l'amministratore delegato di Pentaferte, Gianluca Romagnoli. Capito dove si va a finire? Che l'imprenditore italiano lavora per la Francia, ma lo Stato italiano fa lavorare la Cina…In effetti approvvigionarsi in Cina non è sarebbe per nulla difficile. Ai due cronisti di Fuori dal coro è bastata una rapida ricerca su Internet per trovare in un batter d'occhio due fornitori made in Dragone. Uno si è detto in grado di vendere 10 milioni di siringhe nel giro di 30 giorni a 2 centesimi l'una, un altro ha chiesto 8 centesimi l'una. Ricapitoliamo: l'Italia, a differenza degli altri Paesi europei, fa un bando per le siringhe più care sul mercato. Queste siringhe non si producono in Europa. Ma si reperiscono facilmente in Cina dove vengono vendute sottocosto. A questo punto le domande sono numerose. A cominciare da quelle basilari, che ripetiamo: perché abbiamo scelto proprio quel tipo di siringhe a differenza degli altri Paesi europei? Perché non abbiamo scelte le siringhe che vengono prodotte in Italia, come ha fatto per esempio la Francia? Davvero finirà che ci riforniremo ancora in Cina? E se ai cinesi, anziché un cronista, telefonasse un signor Benotti qualsiasi, si prenderebbe (magari legittimamente) altre provvigioni milionarie? Davvero stiamo scegliendo la strada migliore? E la più sicura? Com'è possibile che siringhe che valgono 1 euro vengano vendute da fornitori cinesi a 2 centesimi? Saranno davvero affidabili? «Noi abbiamo bisogno di materiale di qualità», dice Cristina Patrizi del sindacato dei medici italiani. Ed esprime «forte preoccupazione» su una scelta «che privilegia un mercato, quello cinese, sul quale abbiamo molte perplessità». La preoccupazione è ancora la nostra, caro supercommissario Arcuri. Ammesso che essere preoccupati, almeno quello, sia ancora permesso.
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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Chi ha inventato il sistema di posizionamento globale GPS? D’accordo la Difesa Usa, ma quanto a persone, chi è stato il genio inventore?