2019-01-29
Il colosso dei treni non s’ha da fare. In bilico le nozze Alstom-Siemens
Francesi e tedeschi cambiano ancora il piano per convincere l'Antitrust europea, ma Bruxelles resta fredda. Altra grana per Berlino: Deutsche bank vede allontanarsi Commerzbank e spera nei petroldollari del Qatar.Non si può parlare di bocciatura, ma il parere dell'Antitrust europeo sul matrimonio tra Alstom ferroviaria e Siemens mobility sembra ancora tutt'altro che positivo. La Commissione Ue infatti ha espresso diversi timori sul fatto che il sodalizio, caldeggiato da Francia e Germania, possa avere ripercussioni negative sul mercato dei costruttori ferroviari. Per questo ieri i due gruppi, attraverso una nota diffusa in mattinata, hanno «deciso di modificare ulteriormente i rimedi» offerti alla Commissione Ue «per rispondere ai timori» di effetti negativi sulla concorrenza». Peccato, però, che secondo indiscrezioni le misure dell'ultimo minuto sarebbero state considerate insufficienti dalla commissaria Margrethe Vestager. Per le rispettive divisioni di Alstom e Siemens oggetto della fusione, le novità hanno l'obiettivo di «preservare il valore industriale ed economico dell'operazione». «Tuttavia, non vi è ancora certezza che il contenuto di questo pacchetto sarà sufficiente».La fusione che avrebbe dato vita al primo player dei trasporti in Europa era già stata annunciata nel settembre 2017. I due gruppi si sarebbero dovuti unire per dare vita a un colosso da 15-18 miliardi l'anno di fatturato specializzato nella costruzione di convogli ferroviari, infrastrutture e sistemi di segnaletica. Ma da quel momento il percorso è stato tutto in salita. Dopo aver incassato il via libera da parte dei rispettivi governi, da luglio 2018 la Vestager ha iniziato a sollevare non pochi dubbi. In seguito a una prima richiesta da parte della Commissione europea di garantire maggiori concessioni alla concorrenza, Alstom e Siemens avevano messo in atto un pacchetto di modifiche che riguardavano la cessione di alcune attività di segnalamento e di materiali rotabili, oltre a un 4% del valore iniziale di vendita. Ma questo primo pacchetto non è stato sufficiente e le due aziende sono state così obbligate a varare ulteriori modifiche. Il 18 febbraio si conoscerà il verdetto, ma le due società sono già preoccupate di trovare nuovi ostacoli da parte dell'Ue. Quello che è certo è che se il matrimonio tra le due società non andasse in porto il danno maggiore sarebbe per la Francia: se infatti è vero che la casa madre tedesca, cioè la Siemens, avrebbe il controllo del 50% più uno del capitale sociale della nuova potenziale alleanza, è altrettanto certo che la sede della società sarà Parigi e l'ad della newco sarà molto probabilmente quello attuale di Alstom, Henri Poupart-Lafarge. Ieri il titolo Alstom ha perso il 3,57% e quello Siemens lo 0,3%.In Germania, però, c'è un altro matrimonio che fa stare sulla graticola il governo tedesco. È quello tra Deutsche bank, la prima banca tedesca, e Commerzbank, istituto di cui lo Stato è azionista al 15%. Non a caso da tempo Berlino insiste per la fusione nella speranza di creare un campione del credito nazionale in grado di competere con i colossi americani e di sostenere l'export delle imprese tedesche.Ma, anche in questo caso, la strada appare piuttosto in salita. Il timore di istituzioni come la Banca centrale europea è che l'unione di due istituti in difficoltà non potrebbe dare benefici per nessuno in termini di solidità. A Francoforte conoscono i dubbi delle istituzioni europee e per questo ieri si è diffusa la notizia per cui Deutsche bank si sarebbe assicurata l'impegno per ulteriori investimenti da parte del Qatar per rafforzare le propria situazione patrimoniale. In poche parole, il fondo sovrano del Paese della penisola araba potrebbe entrare ancora di più nel capitale della banca tedesca. Al momento non c'è ancora nulla di certo ma, viste le difficoltà che si intravedono nel portare avanti la fusione con l'altra banca teutonica, i vertici del colosso tedesco potrebbero apprezzare non poco le «avance» mediorientali. Del resto, i petroldollari sono già entrati da tempo nel capitale di Deutsche bank attraverso due veicoli di investimento controllati da membri della famiglia reale del Qatar e altri importanti politici: due partecipazioni che arrivano a un totale del 6,1%, ma se si sommano le posizioni in derivati la quota supera il 9%. Al momento sia a Francoforte sia a Doha le bocche sono cucite su eventuali tempistiche e dimensioni dell'investimento. Di certo, se la fusione con Commerzbank dovesse saltare gli interessi del Qatar potrebbero rappresentare l'ultima ancora di salvezza per un gruppo in crisi ormai da anni. Ieri il titolo Deutsche bank è sceso dello 0,91%.
Il ministro della Giustizia carlo Nordio (Imagoeconomica)