2020-05-01
Il Colle è stufo di Conte, ma manca il piano B
Sempre più palese l'insofferenza di Sergio Mattarella verso l'incapacità del premier. E anche nella maggioranza c'è fibrillazione. Resta da decidere il successore: l'ipotesi Mario Draghi è un'incognita. Crescono le quotazioni di Marta Cartabia, però lei smentisce.È iniziato il Conte alla rovescia: con le parole pronunciate da Matteo Renzi ieri, in Senato, di fatto, la maggioranza giallorossa non esiste più. «Senza la Lega e tutto il centrodestra», ha sottolineato il leader della Lega, Matteo Salvini, «incredibilmente la maggioranza oggi non avrebbe avuto al Senato i numeri sufficienti per l'approvazione dello scostamento di bilancio, cioè per liberare 55 miliardi per gli Italiani». Il dato di fatto è incontrovertibile: non solo Conte non ha più i numeri in Parlamento per andare avanti, ma anche gli altri azionisti della ex maggioranza, Pd, M5s e Leu, non ne possono più della politica ondivaga dell'ex avvocato del popolo, della incapacità totale di tradurre in fatti concreti le mille promesse, della sufficienza con la quale tratta le istituzioni, e in particolare il Parlamento, della totale inadeguatezza dimostrata ad esempio nel modo in cui è stato gestito il rapporto tra il governo e le regioni nella fase dell'emergenza. Conte andrà a casa molto presto, ormai è solo questione di tempo, e c'è già chi prevede per la fine di giugno la crisi di governo. A far saltare il banco, sarà la rabbia del popolo per le promesse tradite da Conte, in particolare quelle relative agli aiuti economici alle famiglie, alle imprese, agli artigiani, ai professionisti, ai precari e alle fasce deboli. Lo stesso presidente della Camera, Roberto Fico, leader della corrente di sinistra del M5s, ieri ha fatto chiaramente capire che ormai siamo vicini al punto di non ritorno: «Quando c'è paura o le cose vanno avanti per troppo tempo», ha detto Fico a Radio 1, «può scaturire una rabbia. Una rabbia che viene magari più dalle fasce più deboli della popolazione e per questo lo Stato si deve attivare, deve incidere in modo forte, è quello che abbiamo fatto in Parlamento ieri votando lo scostamento di bilancio di 55 miliardi e autorizzando il governo a spenderli».Rabbia e ritardi: il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, come scritto ieri dalla Verità, sta seguendo l'evolversi della situazione economica dell'Italia con crescente preoccupazione. Il Capo dello Stato teme che i gravissimi ritardi e le inefficienze che stanno caratterizzando la erogazione degli aiuti a imprese e famiglie possa fra esplodere tensioni sociali dai risvolti imprevedibili. Mattarella è deluso dalla risposta del governo alla pandemia, soprattutto per quel che riguarda il sostegno all'economia in ginocchio. L'inquilino del Quirinale al tempo stesso però sa perfettamente che le elezioni anticipate sono impossibili da ipotizzare almeno fino alla primavera del 2021 (c'è prima da celebrare il referendum sul taglio dei parlamentari, con tutte le conseguenze tecniche che comporterebbe una vittoria dei sì), e che la sostituzione di Conte attraverso una crisi di governo pilotata è rimandata almeno alla fine di giugno. Se tra due mesi l'epidemia avrà dato un po' di respiro agli italiani, si procederà con la sostituzione del primo ministro con una crisi lampo: i partiti dovranno recarsi al Colle con il nome del nuovo presidente del Consiglio e una maggioranza parlamentare già pronta e solida. Chi ne farà parte? Dipende dal nome del primo ministro e dalla piattaforma programmatica. Se Mario Draghi fosse disponibile a scendere in campo, è probabile che a quel punto all'opposizione resterebbe solo Giorgia Meloni, visto che anche la Lega di Matteo Salvini, pur tra le diverse sensibilità interne, non farebbe mancare il suo contributo a un governo di ricostruzione nazionale guidato da un «fuoriclasse» come l'ex presidente della Banca centrale europea. Se invece Draghi continuasse a nicchiare, bisognerebbe trovare un nome capace di unire l'attuale maggioranza (con le probabile defezione di una parte del M5s che si spaccherebbe) e Forza Italia. Il Pd ha sondato gli umori dei berlusconiani sull'ipotesi di Enrico Letta, ma una riedizione del governo delle larghe intese del 2013/2014 appare improponibile. Sempre «caldo» il nome di Marta Cartabia, presidente della Corte costituzionale, che nei giorni scorsi ha bacchettato il governo Conte e la sua deriva antidemocratica, con il susseguirsi di decreti mai discussi in parlamento, ricordando che «la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali». Ieri il monito della Cartabia è stato ricordato in Senato in vari interventi. «È assolutamente inappropriato», ha sottolineato ieri pomeriggio la Cartabia, parlando alla stampa estera, «attribuire al presidente di una Corte costituzionale l'intendimento di scendere nell'agone politico. Prima che un dovere, c'è una fierezza nell'essere indipendenti. Sono stata veramente sorpresa e anche dispiaciuta», ha aggiunto, «che questo richiamo al ripartire dalla Costituzione abbia potuto essere speso in riferimento a singole contese di tipo politico in corso». Subito dopo, però, in riferimento al caos che si è scatenato sulla possibilità, dal prossimo 4 maggio, di andare a trovare i «congiunti», la Cartabia ha criticato di nuovo Conte: «La parola congiunto», ha sottolineato la Cartabia, come riferisce l'Adnkronos, «non è un termine giuridico, per cui lascia effettivamente un margine e uno spazio interpretativo molto ampio. Mi aspetto una circolare ministeriale che dia indicazioni chiare sia ai cittadini che alle forze dell'ordine chiamate a far rispettare la regola, su quali siano i tipi di rapporti che rientrano in questa idea di congiunto». Parole da presidente del Consiglio.
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro (Getty Images)
Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha ordinato alle forze armate di essere pronte ad un’eventuale invasione ed ha dispiegato oltre 200mila militari in tutti i luoghi chiave del suo paese. il ministro della Difesa Vladimir Padrino Lopez sta guidando personalmente questa mobilitazione generale orchestrata dalla Milizia Nazionale Bolivariana, i fedelissimi che stanno rastrellando Caracas e le principali città per arruolare nuove forze.
L’opposizione denuncia arruolamenti forzati anche fra i giovanissimi, soprattutto nelle baraccopoli intorno alla capitale, nel disperato tentativo di far credere che la cosiddetta «rivoluzione bolivariana», inventata dal predecessore di Maduro, Hugo Chavez, sia ancora in piedi. Proprio Maduro si è rivolto alla nazione dichiarando che il popolo venezuelano è pronto a combattere fino alla morte, ma allo stesso tempo ha lanciato un messaggio di pace nel continente proprio a Donald Trump.
Il presidente del Parlamento ha parlato di effetti devastanti ed ha accusato Washington di perseguire la forma massima di aggressione nella «vana speranza di un cambio di governo, scelto e voluto di cittadini». Caracas tramite il suo ambasciatore alle Nazioni Unite ha inviato una lettera al Segretario Generale António Guterres per chiedere una condanna esplicita delle azioni provocatorie statunitensi e il ritiro immediato delle forze Usa dai Caraibi.
Diversi media statunitensi hanno rivelato che il Tycoon americano sta pensando ad un’escalation con una vera operazione militare in Venezuela e nei primi incontri con i vertici militari sarebbe stata stilata anche una lista dei principali target da colpire come porti e aeroporti, ma soprattutto le sedi delle forze militari più fedeli a Maduro. Dal Pentagono non è arrivata nessuna conferma ufficiale e sembra che questo attacco non sia imminente, ma intanto in Venezuela sono arrivati da Mosca alcuni cargo con materiale strategico per rafforzare i sistemi di difesa anti-aerea Pantsir-S1 e batterie missilistiche Buk-M2E.
Dalle immagini satellitari si vede che l’area della capitale e le regioni di Apure e Cojedes, sedi delle forze maduriste, sono state fortemente rinforzate dopo che il presidente ha promulgato la legge sul Comando per la difesa integrale della nazione per la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale. In uno dei tanti discorsi alla televisione nazionale il leader venezuelano ha spiegato che vuole che le forze armate proteggano tutte le infrastrutture essenziali.
Nel piano presentato dal suo fedelissimo ministro della Difesa l’esercito, la polizia ed anche i paramilitari dovranno essere pronti ad una resistenza prolungata, trasformando la guerra in guerriglia. Una forza di resistenza che dovrebbe rendere impossibile governare il paese colpendo tutti i suoi punti nevralgici e generando il caos.
Una prospettiva evidentemente propagandistica perché come racconta la leader dell’opposizione Delsa Solorzano «nessuno è disposto a combattere per Maduro, tranne i suoi complici nel crimine. Noi siamo pronti ad una transizione ordinata, pacifica e che riporti il Venezuela nel posto che merita, dopo anni di buio e terrore.»
Una resistenza in cui non sembra davvero credere nessuno perché Nicolas Maduro, la sua famiglia e diversi membri del suo governo, avrebbero un piano di fuga nella vicina Cuba per poi probabilmente raggiungere Mosca come ha già fatto l’ex presidente siriano Assad.
Intanto il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso preoccupazione per i cittadini italiani detenuti nelle carceri del Paese, sottolineando l’impegno della Farnesina per scarcerarli al più presto, compreso Alberto Trentini, arrestato oltre un anno fa.
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