2025-02-05
Il ciclone Trump spazza l’Europa
Donald Trump (Getty Images)
La Ue dimostra di non avere né un centro di comando né una strategia. E questo vale per il commercio come per la Difesa (in Africa, Parigi e Roma hanno obiettivi opposti). L’Italia deve puntare sul negoziato bilaterale.Riconsegnate a Nuova Delhi diverse «risorse»: è il rimpatrio più lontano finora effettuato dall’amministrazione appena insediata. El Salvador accetta di prendere in carico irregolari e pure detenuti con cittadinanza americana in cambio di cooperazione nucleare.Lo speciale contiene due articoli.A giugno 2023 Giorgia Meloni convince Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, e Mark Rutte, allora premier olandese, ad andare in Tunisia e trovare il presidente Kais Saied. L’obiettivo è inviare 150 milioni perché gestisca i flussi migratori ed eviti di giocare su troppi tavoli a discapito dell’Ue. Il viaggio fa esplodere le solite polemiche a sinistra e dentro la Commissione. Cambia poco, perché Saied chiede una seconda visita a luglio. Sembra tutto fatto. Invece a ottobre l’operazione salta. Il presidente tunisino umilia l’Ue stornando 60 milioni. E alla fine si trova un accordo pastrocchio e solo a marzo viene sbloccata la seconda tranche dei fondi. Nota bene. Il documento firmato a luglio prevedeva l’erogazione «urgente» dei soldi. Oggi torniamo sul tema perché è l’esempio più emblematico dell’incapacità Ue di affrontare i problemi e perché è l’esatto opposto di quanto è accaduto tra Stati Uniti ed El Salvador. Il 20 gennaio Donald Trump si insedia. Firma un centinaio di ordini esecutivi. Tra questi c’è il rimpatrio dei clandestini verso il Paese di origine o verso Paesi terzi. Il 29 gennaio avvengono i primi contatti tra Marco Rubio e il presidente Nayib Bukele. Ieri accordi siglati. El Salvador accetta di riprendersi i propri clandestini, i criminali detenuti in strutture federali e pure criminali di altre nazionalità. In cambio gli Usa firmano una partnership sul nucleare e stanziano fondi per ammodernare le infrastrutture elettriche del Paese centro americano. Detto fatto. E non ci siamo soffermati sulla questione Albania e il braccio di ferro con la magistratura italiana. Sulla quale a lasciare ancor più basiti è l’intenzione dell’Ue di regolare le nuove norme sui Paesi terzi sicuri. Obiettivo che ha fissato per il 2026. Nonostante più volte i vertici di Bruxelles abbiano elogiato il tentativo italiano di trovare una soluzione fuori dai vecchi schemi. Pensate se Consiglio e Commissione si fossero dichiarati apertamente contrari. Anni per prendere una decisione che la Casa Bianca finalizza in meno di una settimana. La differenza sta qui. Per carità, nessuno vuole paragonare i due ordinamenti. Ma chi non fa queste distinzioni o alambicchi politici è il resto del mondo. La globalizzazione è finita, ci dicono gli euroburocrati, ma vivono in una bolla convinti di non dover cambiare nulla. Così il ciclone Trump si abbatterà anche sul Vecchio Continente. Lo farà con i dazi e con il modello di riarmo dentro la Nato. Nel primo caso basta stare a osservare le diverse reazioni delle singole nazioni. La Gran Bretagna di Keir Starmer si è subito tirata fuori dall’idea di alzare un contromuro commerciale. D’altronde non è in surplus e poi dopo la Brexit non è più Ue. La Francia di Emmanuel Macron, come al solito, alza i toni. E vuole provare ad avviare una prova muscolare. La Germania è stata più cauta. Ma sembra interessata quasi solo al comparto automotive che da solo rappresenta il 18% del surplus verso gli Usa. L’Ungheria si schiera contro la Commissione e la Bce si divide. Ieri la Von der Leyen, parlando agli ambasciatori, ha spiegato di voler il dialogo con tutti gli attori globali compresa la Cina, e con gli Usa ci vuole una cooperazione molto pragmatica. «Dobbiamo diventare agili e audaci», ha aggiunto alla conferenza degli ambasciatori, «e tutelare i nostri interessi». Già. Ma quali interessi? Di chi? Ecco che di fronte a The Donald l’Ue si trova nuda. Completamente nuda. Perché alla domanda quali interessi specifici non c’è una risposta. Non c’è una traiettoria né una strategia. L’altro dossier su cui in questi giorni si sta ragionando è quello del riarmo e della Difesa comune. Il portavoce della Commissione ieri ha indicato che mentre il quadro del Patto di stabilità riformato è chiaro, ora «stiamo attivamente studiando che cosa si può fare ulteriormente in linea» con tale quadro. Non c’è ancora una indicazione generale dettagliata, tuttavia a quanto risulta la Commissione agirà sul margine di manovra previsto nel considerare la spesa per la Difesa un fattore rilevante ai fini del calcolo del deficit/Pil che conta per considerare se un Paese rispetti o meno il Patto. Ritorna l’idea di un fondo che finanzi l’industria e anche un esercito comune. Ciò che sembra ancora sfuggire è che senza una testa centrale e interessi comuni l’esercito non solo non serve a nulla ma finisce con l’essere dannoso. Primo, chi dichiara guerra? Secondo, un eventuale intervento - in Africa per esempio - quale fazione locale andrebbe a sostenere? Quella che fa comodo alla Francia o all’Italia? Inoltre, terzo aspetto, posto che l’idea marci, questi fondi sono scomputati dalla Nato? È chiaro che si andrebbe ad avviare un feroce contenzioso con Trump che sulle spese Nato è ancor più categorico di Joe Biden. E anche se fossimo in grado di sostenere la battaglia politicamente ci scopriremmo incapaci di armarci da soli perché a oggi il 40% abbondante degli investimenti Ue destinati alla Difesa necessita di aziende americane. Che senso ha avviare un altro contenzioso se nemmeno le nostre aziende possono beneficiarne? Ovviamente la domanda è retorica. Solo che non trova risposta. Ed è il motivo per cui Bruxelles continua a girare a vuoto sui dossier caldi. Il ciclone Trump adesso rischia di accelerare le debolezze Ue. I singoli Paesi hanno la possibilità di giocare sugli accordi bilaterali. L’Italia ne avrebbe una serie di benefici sia dentro l’Ue che al di fuori. E ci riferiamo al Piano Mattei. Si può spaccare l’Unione? Il momento è critico. Di certo così l’Ue è un cappone senza testa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-ciclone-trump-spazza-leuropa-2671092227.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="trump-rispedisce-i-clandestini-fino-in-india" data-post-id="2671092227" data-published-at="1738699462" data-use-pagination="False"> Trump rispedisce i clandestini fino in India Marco Rubio ha portato a casa un nuovo risultato dal suo tour centroamericano. Dopo aver convinto Panama a non rinnovare l’adesione alla Belt and road initiative, il segretario di Stato americano ha reso noto di aver concluso un accordo con El Salvador: in particolare, il Paese si è offerto di ospitare nelle sue carceri non solo gli immigrati irregolari con precedenti penali espulsi dagli Stati Uniti ma anche i detenuti con cittadinanza americana. L’annuncio è arrivato dopo l’incontro intercorso tra Rubio e il presidente salvadoregno, Nayib Bukele.«Bukele ha accettato per l’espulsione qualsiasi immigrato illegale negli Stati Uniti che sia un criminale, di qualsiasi nazionalità - che siano Ms-13 o Tren de Aragua - e di ospitarli nelle sue prigioni», ha dichiarato il segretario di Stato, per poi aggiungere: «Si è offerto di ospitare nelle sue prigioni pericolosi criminali americani in custodia nel nostro Paese, compresi quelli che sono cittadini statunitensi e residenti legali». Rubio ha anche definito l’intesa come «la più inedita e straordinaria al mondo». «Abbiamo offerto agli Stati Uniti d’America l’opportunità di esternalizzare parte del loro sistema carcerario. Siamo disposti ad accogliere solo criminali condannati (compresi cittadini statunitensi condannati) nella nostra mega-prigione (Cecot) in cambio di una tariffa. La tariffa sarebbe relativamente bassa per gli Stati Uniti ma significativa per noi, rendendo sostenibile l’intero sistema carcerario», ha dichiarato, dal canto suo, Bukele in un post su X, che è stato accolto positivamente da Elon Musk. «È una grande idea», ha infatti commentato il responsabile del Dipartimento per l’efficienza governativa.Dopo l’annuncio, un funzionario americano ha fatto sapere alla Cbs che l’amministrazione Trump non avrebbe al momento intenzione di espellere cittadini statunitensi per portarli a El Salvador: una mossa che - ha argomentato - innescherebbe prevedibilmente dei ricorsi legali. Dal canto suo, Rubio ha comunque fatto sapere che la soluzione prospettata da Bukele potrebbe essere presa in esame da Washington. Nel frattempo, il segretario di Stato americano ha anche firmato con il governo di San Salvador un memorandum d’intesa per promuovere la cooperazione nucleare civile. Si tratta di un modo con cui l’amministrazione Trump sta cercando di contrastare l’influenza cinese su El Salvador. Ricordiamo che, ad aprile dell’anno scorso, il Paese ha avviato delle trattative per stringere un accordo di libero scambio con Pechino. Tutto questo certifica il duplice obiettivo del tour centroamericano di Rubio: rafforzamento del contrasto all’immigrazione clandestina e politiche volte ad arginare l’influenza del Dragone sull’America Latina.In tutto questo, lunedì un funzionario statunitense ha reso noto che un aereo era partito con dei clandestini espulsi diretti in India: si tratta, secondo Reuters, del rimpatrio più lontano finora effettuato dalla nuova amministrazione americana. Dall’altra parte, a fine gennaio, il governo cinese aveva dichiarato che avrebbe accettato esclusivamente rimpatri di cittadini provenienti dalla Cina continentale. «Per quanto riguarda il rimpatrio, il principio della Cina è di verificare prima e poi rimpatriare. Accetteremo cittadini cinesi la cui provenienza dalla Cina continentale sia verificata», aveva affermato la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Mao Ning. Sempre lunedì, il capo del Pentagono, Pete Hegseth, si è recato in Texas, per visitare la frontiera meridionale. «Grazie al presidente Trump, questa è una nuova era al confine meridionale», ha dichiarato, promettendo la linea dura contro i cartelli della droga: cartelli che la nuova amministrazione americana ha già designato come organizzazioni terroristiche.Prosegue intanto la linea dura contro gli immigrati clandestini in territorio statunitense. Trump sarebbe pronto a invocare l’Alien enemies act del 1798 per espellere celermente gli irregolari accusati di far parte di gang pericolose. La legge fu utilizzata l’ultima volta durante la Seconda guerra mondiale, ai tempi di Franklin D. Roosevelt, per internare cittadini non americani di origine italiana, giapponese e tedesca. Per ora, i clandestini maggiormente pericolosi saranno destinati al centro migranti di Guantanamo. La Casa Bianca ha infatti confermato che ieri è iniziato il trasferimento degli immigrati irregolari verso la struttura situata nella baia: struttura che, come raccontato in esclusiva dal responsabile delle frontiere Tom Homan su queste colonne, è in fase di ampliamento. Nel mentre, lo stesso Homan ha minacciato di perseguire il governatore dem del New Jersey, Phil Murphy, dopo che quest’ultimo aveva lasciato intendere di aver ospitato un immigrato irregolare in casa sua. Una dichiarazione sibillina che lo stesso Murphy ha cercato successivamente di smentire. Ricordiamo d’altronde che Homan ha da tempo promesso massima severità verso le cosiddette «città santuario»: quelle amministrazioni municipali, cioè, che si rifiutano di collaborare con le autorità federali in materia di contrasto all’immigrazione illegale.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
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