2020-06-21
Il castagno, monumento della natura che canta con la voce di Johnny Cash
Viaggio alla scoperta della bellezza verde di Giaglione, Comune in provincia di Torino dove fra chiese e arte sacra sorge maestosa la pianta plurisecolare. Di cui si può immaginare la tonalità da brividi. Proviamo ad allungare il passo fuori da Milano. Da una parte ci ritroviamo in aperta campagna, nella pianura dove sono cresciuto, i campi coltivati a granturco che si ripetono, le rogge che d'estate si riempiono di rospi e di rochi ruggiti preserali, i filari a pioppo, i cascinali squadrati che galleggiano in un mare di terra piatta. Gli aironi che ogni tanto rallentano il volo o restano, in agguato, a riflettersi in uno specchio d'acqua. Il volo ascendente delle gazze ladre, i punteggiamenti nerastri dei corvi, i veri padroni selvatici dell'ambiente agricolo. E i sopravvissuti, i gelsi oramai secolari che ogni tanto alzano teste spesse, reduci di un popolo di donne che un tempo rimpolpava i magri guadagni familiari con la coltivazione del baco da seta, quei minuscoli bruchi voraci che sgranocchiavano via le grosse foglie e s'incubavano in bozzoli di seta grezza. I bambini al tempo credevano ancora nel mistero della natura e temevano un Padre Eterno che non si poteva guardare negli occhi. Di tanto in tanto andavano, magari di nascosto, a sbirciare la miracolosa trasformazione, la vita che diventa morte e da cui alfine potrebbe rinascere la più delicata delle manifestazioni naturali. Ma oggi non ci fermeremo in pianura, al contrario le gireremo le spalle e risaliremo le montagne, prima di incocciarci contro scantoneremo a sinistra, usciremo dai confini lombardi e scavalcheremo le prealpi fino all'estremo occidentale, a pochi fiatoni dal confine coi non troppo amati cugini francesi. Supereremo la cittadina di Susa, patria del génépy, seguiremo le indicazioni per il colle del Moncenisio e dopo pochi tornanti svolteremo per l'abitato del Comune di Giaglione, o come si recita in patois valdostano Dzalhoun. Tante chiese ed un museo diocesano di arte sacra scultorea mi ricordano ogni volta i personaggi del romanzo Il disertore di Jean Giono, ambientati nel minuscolo borgo di Nendaz, gemello letterario, geografico e sociale di Giaglione, e di altre località appollaiate su queste irte montagne.Si risalgono le stradine fino alla cima della chiesa parrocchiale, dove si parcheggia. Sporgendovi dal muro di cinta, in direzione nord, ammirerete le cime innevate, un bosco misto composto di castagni, larici, frassini, betulle, aceri; un piccolo campo obliquo sprofonda e risale verso l'abitato dalla parte opposta. Al centro del prato fiorito un grande castagno, chioma più lunga che alta. Alla base noterete un tronco ampio, sbilenco, tornito come diverse statue del Bernini tutte insieme. Si può scendere nel prato, avendo l'accortezza di mantenere un comportamento rispettoso e silente, d'altronde state per avvicinarvi ad un albero monumentale che radica qui da un tempo imprecisato, ma stimabile fra i duecento e i duecentocinquant'anni, ovvero prima delle guerre mondiali, prima dell'unità d'Italia, prima delle guerra civile americana e della guerra di Crimea. I botanici e gli arboricoltori indicano la specie: Castanea sativa, castagno alimentare, commestibile. I più annosi e grandi esemplari della specie si trovano alle falde dell'Etna, nel comune di Sant'Alfio, dove cresce il celebre Castagno dei cento cavalli o cento cavalieri, coi suoi oltre duemila anni di vetustissima età. Probabilmente l'esemplare più antico del continente.Da diversi anni torno a visitare questo albero e l'attuale vigore della chioma è un segnale incoraggiante. Bisogna penetrare sotto l'abbraccio delle sue ombre per poterne ammirare pienamente l'architettura, la crescita, il fusto, la grande voragine che da una branca oramai compiutamente strappata si è scavata, decennio dopo decennio, al suo interno. Tipico dei castagni monumentali - o castànodonti, come mi diverto a indicarli - è l'esser cavi, ve ne sono di eccezionali nelle dimensioni qui in Piemonte, ma anche nell'entroterra ligure, sulle alpi bresciane e bergamasche, sul Monte Amiata e in altri punti del paesaggio italiano.Questa è la stagione nella quale i grandi alberi nascondono secoli d'inclemenza. L'altezza si attesta fra gli undici e i dodici metri, già questo dimostra che si tratta di una creatura che ha ricevuto diverse sorprese, come è d'altronde visibile dal segno della combustione del fuoco, tronco scortecciato e vaste ustioni ingrigite, lisce, accecanti poemi alla dissipazione che attende la materia. Due grosse branche sono reduci di incidenti passati, soltanto standoci vicino si nota un grande ramo coperto da lamiera. In inverno l'albero appare in tutt'altra forma, uno scheletro possente, coi disegni delle cortecce che s'impongono, la larga base circolare che suggerisce la figura di un gigante zoppo, inginocchiato forse, di certo affaticato dal tempo. Ecco perché ogni tanto lo chiamo Lo zoppo di Giaglione, o il Castagno Zoppo. Da uomo resta il vizio di umanizzare tutto quel che è vivente o meno. Le mani si tatuano al tronco del grande albero. Accarezzandolo immagino. Qui, ad esempio, c'è un occhio circolare, forse quel che resta di un ramo amputato un secolo prima; là invece ci sono gli scavi verticali che talora la corteccia pare disegnare, come se fosse stata perforata da qualcosa di meccanico e ripetitivo. Si transita in una tavolozza di colori che parte dal nerastro al sabbia, toccando tutte le sfumature del marrone.La circonferenza del tronco, ad un'altezza variabile fra il metro e il metro e mezzo da terra, tocca i 750 cm, che potrebbe ribadire la stima dell'età. Nella medesima regione, nei terrei sabbiosi delle Langhe, piuttosto che fra i boschi e gli abitati dell'Ossola, o ancora nelle valli del cuneese, si incontrano altri castànodonti con bacini larghi otto o nove metri, stimati fra i trecentocinquanta e i quattrocento anni. Nelle prossime uscite ne incontreremo qualcuno.Al mondo esistono nove specie di castagno, tre le più note: oltre all'europeo, ci sono il giapponese, o Castanea crenata e il nordamericano, o Castanea dentata, quest'ultimo quasi estinto dalla voracità di un fungo che in pochi decenni, dal primo caso documentato nel 1904 allo zoo di New York, ne ha spenti oltre tre miliardi; tipico albero della lunga catena dei Monti Appalachi, dalle foto storiche, in bianco e nero, si attesta che esistessero castagni alti quaranta metri e con circonferenze del tronco che potevano raggiungere i quindici metri. Un vasto patrimonio purtroppo andato completamente perduto.Nota di servizio: se passate in zona a fine ottobre - primi di novembre non mancate di visitare il grande castagno di Giaglione: offre al mondo marroni straordinari, ottima pezzatura e, lo dico per esperienza diretta, fra le più gustose caldarroste che possiate mai assaporare.Scelta musica del giorno: un classico, Hurt, cantata dall'ultimo Johnny Cash, quello dei dischi sfornati grazie al lavoro certosino del produttore Rick Rubin; l'Lp s'intitolava The man comes around (2002). Se un grande albero plurisecolare potesse parlare avrebbe sicuramente la voce profonda di Johnny Cash.
Dario Franceschini (Imagoeconomica)
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