
Giancarlo Giorgetti e Matteo Salvini difendono la proposta: «L'emergenza è saldare i crediti dei privati verso lo Stato». Numerosi esperti contestano l'attacco di Mario Draghi: «Non sono una moneta alternativa e non creano debito».Ormai i minibot non li ferma più nessuno. Anziché stoppare la loro corsa, le durissime affermazioni di Mario Draghi durante la conferenza stampa di giovedì («I minibot o sono moneta, e perciò sono illegali, oppure rappresentano debito, il che fa aumentare lo stock esistente. Non credo esista una terza possibilità») non hanno fatto altro che alimentare un dibattito già di per sé infuocato. Proprio ieri i titoli di Stato di piccolo taglio hanno ricevuto un importante sostegno da parte del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti: «Tutte le soluzioni nuove sono contestate, non dico che siano la Bibbia, ma sono una proposta per accelerare i pagamenti, una delle possibilità, una delle soluzioni: ma la strada maestra è quella della crescita». Lo spirito è quello della contestata mozione approvata alla Camera il 28 maggio scorso all'unanimità: occorre mettere in campo tutti gli strumenti per accelerare il rimborso dei crediti vantati dalle imprese e dai cittadini al fine di dare una spinta all'economia. E in questo senso i minibot rappresentano, come affermato da Giorgetti, una delle tante strade percorribili. Difficile dissentire su un punto fondamentale: immettere nel sistema quei 57 miliardi di euro (30 dei quali già scaduti) di liquidità farebbe un gran bene al Paese. Anche Matteo Salvini ha ribadito il suo appoggio alla proposta: «Non sono moneta, però qua c'è l'emergenza di pagare i debiti della pubblica amministrazione nei confronti di famiglie e imprenditori. Sono decine di miliardi di euro che già sono debito dello Stato, quindi in che forma restituirli è tutto da valutare e ci stiamo ragionando». Qualche giorno fa il presidente della commissione Bilancio alla Camera e ideatore dei minibot, Claudio Borghi, aveva detto alla Verità che questi «rappresentano, insieme alla flat tax, una delle due colonne dello shock fiscale proposto da Salvini». D'altronde, bacchettandoci ce lo ha ricordato la stessa Commissione europea: il mancato versamento di queste somme è all'origine del fallimento di un'impresa su quattro e della perdita di 450.000 posti di lavoro all'anno.Pochi ricorderanno che una soluzione simile fu auspicata in passato niente meno che da Corrado Passera, ex ministro del governo Monti. Ma anche nel presente c'è chi dimostra di essere più aperto nei confronti della questione, come il capo economista di Unicredit Erik Fossing Nielsen, che su Twitter prima si chiede: «Che male c'è nel cartolarizzare i debiti arretrati?», e poi conclude che i minibot «non sono una valuta parallela, non aggirano nessuna regola europea sul debito o fiscale (i funzionari dell'Ue sono perfettamente in grado di capire di cosa si tratta) e… I mercati prima saranno un po' confusi e poi si correggeranno una volta che gli investitori avranno compreso la loro reale natura». Oppure ancora Dirk Meyer, docente all'università di Amburgo, il quale spiega al nostro quotidiano che questi titoli sono «un'ottima opportunità per Matteo Salvini di fare “pressione" sugli altri membri dell'Eurozona», perché «se l'Italia dovesse uscire dall'euro, a crollare sarebbe tutta l'Eurozona». Da qui si capisce l'atteggiamento intransigente di Draghi: lasciare anche solo socchiusa la porta ai minibot equivarrebbe a gettare un'ombra sull'euro. Moneta che si regge fragilmente su quello che Romano Prodi definì un «meraviglioso atto di fede». Lo stesso presidente della Bce, pronunciando lo storico discorso del «whatever it takes» nel luglio del 2012, paragonò l'euro a un'ape: «Un mistero della natura che non dovrebbe volare ma invece lo fa». Per quel che sappiamo dei minibot, comunque, stupisce che Draghi si sia esposto in maniera così netta. L'obiezione della valuta è presto superata, dal momento che ai titoli proposti da Borghi manca il corso legale, vale a dire l'obbligo di essere accettati per i pagamenti. Certo, una volta emessi finirebbero per essere scambiati volontariamente e circolare in tandem con l'euro, ma questo è un altro discorso, che per certi versi rende i minibot più assimilabili ai buoni pasto piuttosto che a una valuta.Rimane da risolvere il punto del debito pubblico: è vero che l'emissione di minibot contribuirebbe a incrementarne il volume? Qua la vicenda si fa lievemente più complessa. Ci aiuta a capire meglio il meccanismo Marco Cattaneo, autore del blog Bastaconleurocrisi.blogspot.com e autore della proposta sui certificati di credito fiscale. La definizione di debito accettata dalla Ue (il Maastricht debt), spiega, «non comprende i debiti commerciali del settore pubblico», perciò «i minibot non incidono sul Maastricht debt al momento della loro emissione perché sostituiscono impegni non compresi nel Maastricht debt con altri, anch'essi non compresi». Il discorso cambia quando chi riceve i titoli li utilizza per ridurre i pagamenti nei confronti dell'Erario: solo a questo punto si crea nuovo debito. «Un debito che in realtà c'è già», sottolinea Claudio Borghi alla Verità, «e non pagarlo sarebbe l'unico modo per farlo sparire». E questa sarebbe senza dubbio la sconfitta più grande per tutti.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





