2022-02-10
Il caro bollette vanifica il Pnrr. Il governo costretto a intervenire
Mario Draghi in visita a Genova (Ansa)
Draghi annuncia provvedimenti di «ampia portata» dopo le accuse di aver varato misure «ideologiche e inefficaci». La transizione ecologica è un salto nel buio, non solo metaforico, e non può essere indolore.Da Genova, dove si trovava in visita, Mario Draghi ha annunciato ieri l’arrivo di un intervento «di ampia portata» entro la settimana per contrastare l’aumento dei costi dell’energia. Il ventaglio di soluzioni potrebbe riguardare l’aumento della produzione nazionale di gas e la defiscalizzazione dei consumi energetici, oltre che nuove agevolazioni per le industrie energivore e le famiglie. Nel silenzio dei sindacati, le robuste sollecitazioni di Confindustria e di diverse forze politiche a intervenire in modo più incisivo hanno infine fatto breccia nel governo, a quanto sembra. Sulle cifre però (4 o 7 miliardi di euro?) non ci sono ancora dettagli, così come sullo strumento scelto. Terminata la sua personale e sfortunata campagna per il Quirinale, lo stesso Mario Draghi che solo pochi mesi fa veniva accolto in Confindustria con applausi a scena aperta deve oggi confrontarsi con una realtà economica irta di spine. Riguardo agli aiuti sin qui predisposti dal governo per attenuare i rincari dell’energia, Aurelio Regina, presidente del Gruppo tecnico Energia di Confindustria, tre giorni fa ha tuonato: «Le misure messe in campo dal governo sono ideologiche e inefficaci».Il ministro per la Transizione ecologica, Roberto Cingolani, intanto, prosegue nel suo percorso disseminato di dichiarazioni stupefacenti. È di lunedì l’affermazione che «l’aumento del costo dell’energia l’anno prossimo rischia di essere maggiore dell’intero pacchetto del Pnrr». Dopo aver detto a fine ottobre, con scarsa originalità, che si attendeva un calo dei prezzi a primavera, oggi siamo quasi al si salvi chi può. Fa specie che questi messaggi arrivino dal ministro che più di tutti dovrebbe salvaguardare l’Italia da eventi traumatici come uno shock sui prezzi dell’energia. Una imbarazzante ammissione di impotenza che parte dalla sottovalutazione (non solo sua, va detto) della complessità e degli impatti della cosiddetta transizione energetica.La Verità l’ha scritto molte volte e in modi diversi: pensare che la transizione verso un sistema energetico a emissioni zero sia graduale e indolore è una pia illusione. Ricostruire l’intero sistema energetico mondiale, perché di questo si tratta, comporterà grandi sconvolgimenti economici e sociali. Nessuno può garantire sulla reale destinazione di questa traiettoria, né in termini di efficacia né in termini di sicurezza.Mentre l’Unione europea spacca il capello in quattro sulla tassonomia verde, la realtà geopolitica circostante si nutre ancora di petrolio e di gas, persino più di prima, perché l’anticipo delle intenzioni ha reso strategicamente vulnerabile il continente europeo. Ciò che nei fatti è un salto nel buio, non solo metaforico, a Bruxelles è stato battezzato transizione. Termine scelto con involontaria esattezza, perché, proprio come le istituzioni dell’Unione europea, questa transizione si preannuncia come un cantiere mai finito, un eterno mutare, uno scivolare in avanti verso un traguardo mobile e indefinito, sempre vincolante e sempre incombente.La sottovalutazione dell’aspetto geopolitico nella corsa verso le emissioni zero porta sconquassi negli equilibri internazionali, come la vicenda Nord Stream 2 dimostra. Prima che gli Stati oggi determinanti per le forniture di petrolio e gas all’Occidente, dall’Arabia Saudita alla Russia, diventino irrilevanti (se mai ciò accadrà), ci sarà un lungo periodo in cui saranno ancora più importanti. Dopodiché, saranno sostituiti da altri che diventeranno determinanti per le materie prime alla base del nuovo corso «ecologico», dalle terre rare al litio. Perché è vero, si può anche azzerare il consumo di idrocarburi, ma la geopolitica legata alle risorse naturali non morirà. Il controllo delle catene di approvvigionamento di materie prime sarà ancora determinante.Questa gattopardesca rivoluzione industriale, che ha bisogno del richiamo scientifico per farsi delle illusioni sul proprio contenuto, presenta altri aspetti preoccupanti. La minore domanda prospettica di idrocarburi spinge l’offerta a tagliare gli investimenti e quindi la produzione, ma non è detto che la domanda scenda allo stesso ritmo. Più verosimilmente, assisteremo a dei costosi scalini, in cui a minore domanda corrisponderà una ancora minore produzione, con alta volatilità dei prezzi e periodi di carenza. Per tacere della riconversione di intere filiere produttive, come quella dell’automotive italiano, che porta a licenziamenti e chiusure.Infine, l’obiettivo di elettrificazione dei consumi energetici richiesto dalla transizione, combinato con l’intermittenza delle fonti rinnovabili, porta ad un sistema che in prospettiva è strutturalmente instabile, a livello mondiale. A tale instabilità qualcuno penserà di porre rimedio contingentando i consumi, magari attraverso premialità negative.Stiamo già pagando molto per la transizione ecologica. Gli aggiustamenti che avverranno nel corso di questa ristrutturazione saranno dolorosi e il conflitto tra sicurezza nazionale, sicurezza energetica e costi sociali rischia di diventare ingestibile.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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