2020-05-01
Il capo del Dap sbaglia e se ne va. Bonafede fa errori peggiori e resta
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Ora che Francesco Basentini ha deciso di mollare la poltrona da direttore del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (e uno stipendio da 320.000 euro l'anno), l'ultima moda nazionale è diventata gridare: "Abbasso Basentini!". Sull'ex capo del Dap tutti maramaldeggiano, giornali, magistrati e politici: è soltanto colpa sua, dicono, se troppi boss di mafia, camorra e 'ndrangheta sono usciti dalle celle, approfittando del rischio di contagio da Covid-19, per essere trasferiti agli arresti domiciliari dai Tribunali di sorveglianza. Gli errori del ministro sono però molto più gravi, compresa la sottovalutazione. È vero che il Dap ha fatto gravi errori, negli ultimi due mesi, e La Verità ha contribuito a denunciarli: è stato questo giornale a ricostruire minuziosamente, per esempio, quale fosse stata l'inconsistenza della risposta data dall'amministrazione penitenziaria al compito urgente di evitare che Pasquale Zagaria, sessantenne boss di camorra recluso in regime speciale di 41 bis nel carcere di Sassari, potesse essere spedito agli arresti domiciliari. Con Zagaria, che scontava una condanna a oltre 20 anni, il Dap ha perso intere giornate orientandosi su una prigione evidentemente "sbagliata" come quella di Cagliari, che mai avrebbe potuto ospitare un detenuto del suo calibro. Poi, ma ormai era troppo tardi, il Dap ha individuato i "reparti protetti" di medicina penitenziaria a Viterbo o a Roma, più adatti al detenuto, ma lo ha fatto quando il tribunale di sorveglianza di Sassari già aveva mandato Zagaria ai domiciliari. Nella concitazione delle ultime ore, come ha scoperto e denunciato La Verità, il Dipartimento ha spedito alcune email ai giudici sassaresi, ma un funzionario ha scritto l'indirizzo sbagliato, così quei giudici non le hanno mai ricevute e hanno dovuto decidere senza conoscere le ultime mosse del Dap. Insomma, è stata una gestione tecnica a dir poco fallimentare.Ma l'affaire carceri sottende anche una responsabilità politica: una responsabilità di certo più alta e indiscutibilmente più grave. Perché il Dap è un dipartimento del ministero della Giustizia, quindi dipende direttamente dal ministro grillino Alfonso Bonafede. E chi ha scelto Basentini, nel giugno 2018? È stato proprio Bonafede, lo stesso che alcuni giorni fa l'ha "commissariato", piazzandogli accanto come vice Roberto Tartaglia, un pm antimafia palermitano cui vanno le simpatie di altri grillini e soprattutto quelle di Nicola Morra, presidente dell'Antimafia. Così facendo, Bonafede ha esautorato e costretto alle dimissioni il direttore del Dap, lasciandolo solo davanti all'opinione pubblica: ha fatto di lui il classico capro espiatorio. Ma sulle carceri, diciamolo chiaramente, Bonafede ha sempre dormito, a partire dal suo insediamento, il primo giugno 2018. Dopo 26 giorni si è limitato a nominare Basentini e poi lo ha confermato il 22 ottobre 2019. Ma sulle prigioni italiane, sul loro convulso sovraffollamento e sul loro vergognoso stato, non ha mai speso una parola. Anche all'inizio del 2020, quando pure le carceri scoppiavano (al 31 gennaio i detenuti erano 60.971, cioè 10.300 in più rispetto alla pur generosa "capienza regolamentare" di 50.692 letti, e 14.000 in più rispetto alla disponibilità effettiva di 47.000 posti), per mesi Bonafede ha preferito distrarre governo e Parlamento sul controverso blocco della prescrizione. Il ministro Bonafede - va ricordato – si occupava quasi esclusivamente di prescrizione già quando il 31 gennaio il suo governo deliberava lo stato d'emergenza per l'immanente epidemia di coronavirus. E alla fine di febbraio, quando Bonafede continuava a inseguire la riforma-bandiera dei grillini più manettari, i reclusi erano aumentati a 61.230. Uno dei livelli più alti nella storia del sistema penitenziario italiano.Ai primi di marzo, poi, quando nelle prigioni il crescente terrore per l'epidemia di Covid-19 avrebbe dovuto consigliare di placare gli animi dei reclusi con azioni prudenti e distensive, il ministero della Giustizia, cioè Bonafede, ha deciso al contrario improvvide restrizioni dei colloqui con i familiari e il blocco della concessione dei permessi-premio. Risultato: durissime proteste e addirittura rivolte, con 14 morti tra i detenuti per overdose da metadone, rubato nelle infermerie, una cinquantina di agenti feriti e almeno 20 milioni di danni alle strutture. A metà marzo, infine, Bonafede ha provato a svuotare le celle infilando due articoli obiettivamente insensati nel decreto "Cura Italia". Il ministro grillino ha stabilito potessero uscire dal carcere soltanto i condannati – quelli meno pericolosi - cui restassero da scontare meno di 18 mesi. Paradossalmente, Bonafede non ha inserito nella misura nessuno dei circa 15.000 detenuti in custodia cautelare. Ma, errore ancor più grave, ha ordinato che i condannati destinati a uscire, stimati tra 6 e 12.000, potessero tornare a casa soltanto se accettavano d'infilare alla caviglia il "braccialetto elettronico".Il problema è che di braccialetti elettronici non ce ne sono abbastanza, nonostante che per la loro fornitura lo Stato italiano, nei 19 anni dal 2001 a oggi, abbia speso oltre 200 milioni di euro. Non ce ne sono nemmeno malgrado l'ultima gara, nel 2017, abbia affidato a Fastweb l'incarico di consegnare 1.200 dispositivi al mese a partire dalla fine del 2018, al prezzo di 23 milioni. Evidentemente, anche nell'ultima fornitura qualcosa non ha funzionato a dovere. Così a metà aprile Bonafede s'è trovato costretto a chiedere al commissario straordinario Domenico Arcuri di trovare urgentemente 4.700 braccialetti elettronici, acquistandoli a una cifra aggiuntiva che fin qui è rimasta ignota. Non è dato nemmeno sapere se il povero Arcuri, già impegnato su mascherine e mille altri fronti, ci sia riuscito.Sul problema carceri, insomma, se oggi tutti gridano "abbasso Basentini", è innegabile che al livello politico e decisionale più alto il ministro Bonafede abbia inanellato una sequenza di errori e di sottovalutazioni che fa impallidire le responsabilità dell'ex capo del Dap.