
Il Rottamatore dice che si può andare avanti anche con un altro premier e stronca la manovra: peccato che l'abbia votata pure lui. Visto che il suo partito è inchiodato al 5%, l'unico modo per non scomparire è inventarsene ogni giorno una più grossa.Matteo Renzi ha un problema. Anzi, di problemi ne ha tanti a cominciare dai guai del padre per finire a quelli dei componenti del Giglio magico. Tuttavia c'è un problema che lo angustia più degli altri ed è il seguente. Se non si inventa almeno una polemica al giorno, l'elettore lo toglie di torno, nel senso che si dimentica di lui. Da quando ha sponsorizzato la nascita del Conte bis per poi fondare un partito tutto suo, l'ex presidente del Consiglio non è riuscito a scollarsi dal 5 per cento. Qualche sondaggista lo dà un po' sopra, qualche altro un po' sotto, ma è attorno a quella cifra che Italia viva galleggia, al punto che sarebbe meglio ribattezzare la creatura dell'ex segretario Pd «Italia vivacchia». Sta di fatto che ogni giorno, per dimostrare l'esistenza in vita del neonato partito, e di conseguenza la sua, Renzi deve inventarsi qualche cosa. Ogni giorno un'intervista ai giornali o un intervento firmato direttamente da lui, oppure un'apparizione tv o una diretta Facebook. La dura vita del leader impone tour de force che massacrerebbero chiunque, ma il povero senatore semplice di Scandicci, se vuole ritornare a Palazzo Chigi, non può sottrarsi all'obbligo. Dunque, anche ieri il nostro ha concesso un'intervista. Dopo aver occupato manu militari le pagine del Corriere, di Repubblica, della Stampa e delSole 24 Ore, Renzi è approdato su quelle del Messaggero. Fino a qui niente di straordinario, ma diciamo che ormai quasi si tratta di routine. Neppure il contenuto ci è apparso particolarmente innovativo perché, tanto per cambiare, Renzi ha attaccato Giuseppe Conte. Intendiamoci, ci sono mille ragioni per prendersela con il capo del governo, a cominciare dalle sue piroette per finire alle tante cose oscure che si rifiuta di chiarire. Però, se c'è una cosa per cui uno come Renzi non può attaccare il premier, questa è la manovra, perché se la finanziaria lacrime e sangue è stata fatta è anche per colpa del fondatore di Italia viva, il quale con il suo partito l'ha approvata. Le tasse sulle bibite, quelle sulla casa e sulla plastica, il taglio alle detrazioni (che equivale a far pagare più imposte) e l'abolizione delle agevolazioni sulle auto aziendali, che faranno schizzare l'Irpef dei dipendenti, non sono decisioni approvate dallo Spirito Santo o dal Maligno presidente del Consiglio. Sono provvedimenti adottati all'unanimità dal Consiglio dei ministri, di cui risulta facciano parte anche alcuni parlamentari renziani. Le cronache dei giorni scorsi riferiscono che la ministra Teresa Bellanova, capodelegazione di Italia viva dentro il governo, la notte della manovra abbia trascorso tutto il tempo a messaggiarsi con Renzi. Dunque ne dobbiamo dedurre che il via libera alla stangata fiscale sul ceto medio sia stato autorizzato dallo stesso ex presidente del Consiglio. Però ora che i numeri sono sul tavolo e si scopre che il governo ha infilato tasse ovunque, anche nei fustini dei detersivi e pure nel cestello dei fagiolini, Renzi gioca a fare il tassatore a sua insaputa, sperando di passare indenne attraverso l'ira dei contribuenti. Perciò anche ieri, sulle pagine del quotidiano romano, si è dissociato dalle tasse sulle auto aziendali e dalla plastic tax, guardandosi bene naturalmente dal far dissociare i suoi nel Consiglio dei ministri. Il trucco ovviamente è abbastanza scoperto. L'ex premier sta in maggioranza sperando però di guadagnare qualche voto facendo opposizione al governo che sostiene. Per dirla con il filosofo di Zagarolo, Stefano Ricucci, gli piace fare il frocio con il culo degli altri. In realtà a Renzi piace anche altro, ovvero la poltrona su cui siede Giuseppe Conte. Che l'attuale inquilino di Palazzo Chigi sia il suo più temibile avversario lo si capisce bene. Il fondatore di Italia vivacchia, infatti teme che il premier occupi lo spazio che lui si è messo in testa di presidiare, ossia il centro. Renzi vede Conte come un pericoloso concorrente, perché potrebbe soffiargli i moderati e perfino quel che resta di Forza Italia. È per questa ragione che ieri, nell'intervista al Messaggero, il senatore semplice di Scandicci fa capire che la legislatura arriverà alla sua naturale conclusione, ma lascia intendere che non è detto che ci arrivi con un governo presieduto da Conte. Nei suoi piani, l'avvocato del popolo è destinato a ritornare in fretta a fare il professore, perché più staziona ai vertici della Repubblica e più sarà difficile scollarlo dalla poltrona.L'uscita di Renzi naturalmente non è passata inosservata, ma ha scatenato le reazioni di Luigi Di Maio e pure di Dario Franceschini, i quali hanno fatto quadrato intorno a Conte. Naturalmente è un quadrato per modo di dire, perché sia l'uno che l'altro hanno le stesse mire di Renzi e vorrebbero liberarsi del presidente del Consiglio il prima possibile. Ovviamente anche loro per prenderne il posto. Sì, lo avrete capito: la nuova maggioranza è il solito vecchio nido di vipere. E questo ci fa pensare che nei prossimi mesi ne vedremo delle belle. Preparatevi.
Roberto Calderoli e Luca Zaia (Ansa)
Attilio Fontana e Luca Zaia siglano le pre-intese su Protezione civile, professioni, previdenza integrativa e sanità. Il Doge: «Subito 300 milioni agli ospedali». Roberto Calderoli: «Federalismo fiscale entro marzo o saltano 32 miliardi di Pnrr».
Diciotto novembre. Data storica. Un anno dopo l’intervento della Corte costituzionale che ha fermato, di fatto, l’entrata in vigore della legge Calderoli sull’Autonomia differenziata, sono arrivate le prime storiche pre-intese tra i governatori di Veneto e Lombardia con il ministro degli Affari regionali su quattro materie: Protezione civile, professioni, previdenza complementare e gestione finanziaria della sanità. Nella Costituzione c’è scritto che sono 23 le materie che possono essere affidate in gestione alle Regioni, ma 15 sono «protette» dai Lep, ovvero bisogna fissare i Livelli essenziali di prestazione prima di procedere alla devoluzione. «Entro la legislatura», saranno fissati i criteri per i Lep ha annunciato Roberto Calderoli ieri mattina a Palazzo Balbi, la sede della Regione Veneto, durante la firma dell’accordo con Luca Zaia.
Imagoeconomica
Il nuovo ad dei francesi, Olivier Gavalda: «Seguiamo con grande attenzione le possibili opzioni di fusione». La Bce potrebbe concedere l’autorizzazione a salire oltre il 20% e arrivare al 29%. Il governo preferisce un’operazione Banco-Monte dei Paschi.
Crédit Agricole guarda al mercato italiano come elemento chiave della propria strategia di crescita. Il nuovo amministratore delegato Olivier Gavalda arrivato a maggio ha dichiarato di seguire «con grande attenzione» le possibili opzioni di fusione tra la controllata Crédit Agricole Italia e il gruppo Banco Bpm. La banca francese, che ha poco meno del 20% del capitale di Banco Bpm e potrebbe essere autorizzato dalla Bce a superare la soglia sensibile e arrivare fino al 29%, sta infatti collaborando con advisor come Deutsche Bank e Rothschild per esplorare una possibile fusione con il gruppo guidato da Giuseppe Castagna.
Sergio Mattarella e Francesco Saverio Garofani (Imagoeconomica)
Garofani, consigliere di Mattarella, davanti a politici, funzionari e sportivi ha parlato della necessità di dare «provvidenziali scossoni» per evitare la vittoria del centrodestra. Bignami gliene ha chiesto conto ma invece della giustificazione dell’ex pd è arrivato un comunicato del Quirinale che vaneggia: «Attacco ridicolo». Ma qui di ridicolo c’è solo il tentativo di mettere il bavaglio al nostro giornale.
Nella terza puntata, il Maestro Riccardo Muti affronta il tema del carisma e dell’autorevolezza per i giovani direttori. E racconta la sua esperienza in Cina, Corea e Giappone, dove le orchestre hanno «occhi di fanciullo» e sono immuni a vizi e «bieche tradizioni».






