2019-11-29
Il Bullo fa ancora finta di non capire. Purtroppo per lui, gli italiani no
Prima l'amico messo nel cda di un'azienda di Stato che gli presta 700.000 euro. Poi la maxi donazione da parte di un politico rilanciato in Parlamento. «Tutto in chiaro», dice il senatore. Certo, ma da chiarire c'è molto di più.Matteo Renzi continua a non capire. O meglio: continua a cercare di non far capire agli italiani quello che sta succedendo intorno a lui. La Procura di Firenze non vuole impedire che una fondazione faccia la fondazione e dunque faccia convegni o promuova iniziative culturali, come l'ex premier ripete a rullo. Semplicemente i pm cercano di capire se, con la scusa della fondazione, un furbacchione non abbia trovato il modo di finanziare la sua attività politica e magari i suoi affari in maniera illecita. L'ex presidente del Consiglio continua a dire che tutto è regolarmente tracciato e che ogni euro versato nelle casse della sua fondazione è documentato. Bene, ma questo lo davamo per scontato, perché se in Open fossero entrati soldi in nero i reati contestati sarebbero altri, ovvero evasione, frode fiscale, falso in bilancio e così via. Nessuno dunque mette in discussione il fatto che le donazioni di privati cittadini e aziende siano state annotate nei registri della Onlus del Giglio magico. Il problema, detto in soldoni, è se quei finanziamenti non servissero a sostenere Open, ma fossero soldi destinati a foraggiare l'attività politica di un partito o di una corrente. Perché, usando una formula di cui lo stesso Renzi abusa, giova ricordare che il finanziamento ai partiti è regolato da una legge voluta dal Pd allo scopo di rendere trasparenti i fondi destinati alla politica. Ora, se qualcuno inventa uno schermo, o una fondazione, per farsi dare quattrini da privati e aziende senza dichiararlo e, dunque aggirando le norme, commette un reato. E non c'entrano i giudici, i quali vorrebbero decidere come si fonda o non si fonda un partito: c'entra il codice penale, al quale anche lo statista toscano è chiamato ad attenersi.Anche perché se i finanziamenti sono in chiaro e diretti, ovvero non intermediati da scudi o fondazioni, si possono valutare eventuali conflitti di interessi o, per lo meno, eventuali azioni in Parlamento che abbiano qualche connessione con il sostegno finanziario ottenuto da questa o da quella forza politica. Se invece il giro di denaro avviene in maniera opaca, anche i conflitti restano nascosti. È chiaro il concetto? Io penso che sia chiaro a chiunque, anche se il senatore di Scandicci tende a fare un po' di confusione. La cortina fumogena alzata in questi giorni avvolge anche un'altra operazione nel mirino della magistratura, cioè l'acquisto della casa. Come è ovvio, chiunque è libero di comprarsi la villa dei suoi sogni, a patto però che abbia i soldi e cioè che non ricorra ad artifizi per ottenerli. Ora, restiamo ai fatti. Renzi all'inizio del 2018 dichiara di avere sul conto corrente 15.000 euro e, a quanto risulta, all'epoca aveva anche qualche rata da pagare sulle sue proprietà immobiliari. Tuttavia, a maggio La Verità scopre che sta acquistando una casa del valore di 1,4 milioni. Chiunque a questo punto si sarebbe fatto una domanda e cioè dove l'ex segretario del Pd (nel frattempo infatti aveva perso anche quella poltrona) avesse trovato i soldi. Ai quesiti Renzi replicò dicendo che al momento opportuno avrebbe spiegato la regolarità dell'operazione. E ovviamente, non dubitando della parola dell'ex premier, noi abbiamo aspettato il momento buono. Diciamo che c'è voluto del tempo, ma l'altro ieri è arrivata un'informativa dell'Ufficio antiriciclaggio. La nota segnalava una strana operazione: dal conto di una società riconducibile a Riccardo Maestrelli, imprenditore toscano noto per essere il proprietario di un albergo di Forte dei Marmi in cui ai tempi soggiornò la famiglia Renzi, era partito un bonifico da 700.000 euro a favore dell'anziana madre e poi questi soldi avevano proseguito il viaggio su un conto intestato all'ex presidente del Consiglio e alla moglie. «Il prestito di un amico», ha spiegato Renzi, «un finanziamento che è stato restituito in quattro o cinque mesi». Vero, infatti il solito ufficio che vigila sulle operazioni sospette, poi ha integrato la prima segnalazione con un'ulteriore nota, aggiungendo che i soldi sono ritornati nella proprietà della signora, perché su un altro conto attribuibile all'ex premier sono arrivati altri soldi, riconducibili alle attività di conferenziere e conduttore dello stesso Renzi e a pagamenti del fondo Algebris Uk del finanziere Davide Serra. Tutto in chiaro, tutto tracciato, spiega il fondatore di Italia viva. Certo. Anche il fatto che Riccardo Maestrelli, l'amico che stacca un assegno da 700.000 euro per tramite della madre, sia stato nel consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti immobiliare. Oh, ovvio, non c'è nulla di male nel fatto che un amico nominato nel cda di un ente dal governo Renzi poi conceda un prestito allo stesso Renzi. Così come non c'è niente di strano che un imprenditore come Gianfranco Librandi, un parlamentare eletto con un partito scomparso come Scelta civica e in cerca di una casa politica, finanzi con 800.000 euro la fondazione di Renzi, finendo poi candidato nel Pd dallo stesso Renzi. Chi non ha un amico che presta 700.000 a un tizio che appena pochi mesi prima ha dichiarato di essere squattrinato? E chi non trova un imprenditore intenzionato a fare carriera in politica pronto a sborsare 800.000 euro? Insomma, ritornando a Matteo Renzi che continua a non capire: gli italiani credo abbiano capito.