2022-10-26
Il banchetto del Pd è la fiera delle banalità
Alle prese con i contrasti interni, si aggrappano a slogan triti e ritriti pur di contestare il premier. Scivolone di Debora Serracchiani sulle donne. Enrico Letta rispolvera un po’ di antifascismo di maniera. Poi attacca la pace fiscale e arriva a dirsi «orgoglioso di Roberto Speranza».«Da Meloni un discorso di destra»: il capogruppo del Pd al Senato, Simona Malpezzi, scopre l’acqua calda e commenta così su Twitter il discorso del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Montecitorio. «Una proposta di governo che noi contrasteremo», aggiunge la Malpezzi, «la aspettiamo alla prova dei fatti: su ciò che sarà utile al Paese faremo un’opposizione costruttiva. Su diritti e lotta a diseguaglianze saremo inflessibili». La fiera delle banalità: questa la sintesi delle dichiarazioni degli esponenti dem rispetto al discorso della Meloni, ma del resto non c’era da attendersi nulla di diverso da un partito alle prese con i contrasti interni, con un congresso lunghissimo che sta già logorando i favoriti per la successione a Enrico Letta, stretto nella morsa rappresentata da un lato dalla opposizione collaborativa del terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi e dall’altro da quella radicale del M5s di Giuseppe Conte.Debora Serracchiani, capogruppo dem a Montecitorio, interviene in aula nel corso della discussione generale: «Desidero associarmi», esordisce la Serracchiani, «alle felicitazioni, signora presidente, per l’alta responsabilità a cui è stata chiamata. Una donna presidente del Consiglio è un fatto storico, ne siamo lieti. Coltivo la speranza che questo tetto di cristallo non rischi di rinchiudersi a causa di una politica che vuole le donne un passo indietro rispetto agli uomini e dedite essenzialmente alla famiglia e ai figli. Era lecito attendersi», aggiunge la Serracchiani, «più donne nel governo. Se questi timori dovessero trovare conferma, sappia che troverà un’opposizione fermissima in questi banchi e nel Paese». La Meloni, in sede di replica, si rivolge direttamente alla capogruppo del Pd: «Ho sentito dire», dice il presidente del Consiglio, «che io vorrei le donne un passo dietro agli uomini: mi guardi onorevole Serracchiani, le sembra che io stia un passo dietro agli uomini?». Gioco, partita, incontro.Le parole della Serracchiani non sono altro che un’insalata mista di slogan triti e ritriti, come se la campagna elettorale non fosse ancora finita: «Più che a un manifesto programmatico di legislatura», aggiunge la Serracchiani, «siamo di fronte a un manifesto ideologico: sarebbe stato più produttivo ed efficace un testo che indicasse come, con quali priorità, risorse e interventi questo governo si propone di guidare il paese fuori da una drammatica crisi». In realtà il discorso della Meloni è stato tutto incentrato proprio sulle priorità da affrontare, ma infierire sulla Serracchiani sarebbe ingiusto: si trova a rappresentare un partito fantasma, e dunque pronuncia un discorso ectoplasmatico.A proposito di ectoplasmi, ovviamente in termini politici: chi proprio non riesce a trattenere il livore nei confronti della Meloni è l’ex ministro della Salute, Roberto Speranza, eletto come capolista del Pd a Napoli, il cui commento al discorso del premier è sconcertante: «Spiace», afferma Speranza, «che Meloni non sia uscita ancora dalla campagna elettorale. Neanche una parola sui vaccini che sono stati il fattore fondamentale per chiudere la fase più dura. Ha forse ancora paura di scontentare i no vax che la hanno votata?».Il segretario del Pd, Enrico Letta, in sede di dichiarazione di voto, persevera difendendo l’indifendibile Speranza: «Ci spaventa», dice Letta, «la concretezza nel suo discorso, nel passaggio da brividi che ho sentito sul Covid e sulla salute. Siamo orgogliosi di avere nel nostro gruppo il ministro Roberto Speranza». Letta, come nella migliore tradizione del Pd, utilizza le istituzioni per lanciare segnali interni al suo partito: «Faremo fino in fondo», sottolinea Letta, «il nostro lavoro di opposizione. Venerdì (dopodomani, ndr) cominceremo il nostro congresso costituente, ma il nostro congresso costituente sarà parte dell’opposizione a voi». Il quasi ex leader dem annuncia il suo no alla riforma presidenzialista, e poi, con sprezzo del ridicolo, proprio nel giorno in cui Giorgia Meloni nella sacralità dell’aula ha condannato in maniera inequivocabile il fascismo, si lancia in una filippica su questo argomento: «Il 28 ottobre», sottolinea Letta, «il giorno dell’anniversario della marcia su Roma, noi andremo di fronte al monumento per Matteotti. Lei ha parlato molto di fare il proprio dovere e voglio citare quello che accadde un anno prima della marcia, nel luglio del ’21 a Sarzana. Vi fu un tentativo, una prova della marcia su Sarzana e venne bloccata dal sindaco e dal capitano dei Carabinieri. Bloccarono le squadracce guidate da quello che sarà l’assassino di Matteotti», aggiunge il segretario a scadenza del Pd, «fecero il loro dovere e in loro memoria e seguendo il loro esempio voi fate il vostro dovere come governo e noi come opposizione nell’interesse superiore dell’Italia e del nostro paese».Giusto per allontanare dal Pd i milioni di italiani sommersi dalle cartelle esattoriali, Letta attacca la pace fiscale proposta dal centrodestra: «Sul fisco abbiamo capito una sola parola, condoni, e non ci troverà su questo», sottolinea Letta, «non abbiamo capito che farete nei prossimi mesi. Non abbiamo capito cosa succederà alle bollette degli italiani, sul tema del disaccoppiamento e sul tetto del gas non abbiamo capito cosa succederà. Non abbiamo capito nulla di cosa sarà la legge di bilancio». Noi non abbiamo capito nulla di cosa intende fare il Pd, ma le facce dei presunti big in aula sono inequivocabili: un museo delle cere è assai più vivace.