Aeronautica e Leonardo. Viaggio nell'università del combattimento aereo
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Siamo andati in Sardegna nella base di Decimomannu, che dallo scorso maggio ospita anche la sede della Ifts (International Flight Training School): un campus nella cui organizzazione è stato schierato il 212° Gruppo volo del 61° Stormo di Galatina, che addestra i nostri piloti e quelli di molte altre nazioni: Qatar, Giappone, Germania, Singapore, Austria, Canada, Arabia Saudita, Regno Unito.
Il club degli «8G»: otto G, otto volte la forza di gravità, l’accelerazione che subiscono e che devono dimostrare di saper gestire i piloti che vogliono superare il corso Ifts, ovvero i carichi ai quali il proprio fisico viene sottoposto.
Dagli aerei in legno a quelli digitali, la storia della base di Decimomannu: inaugurato nel 1939, l'aeroporto oggi intitolato al pilota - medaglia d'oro al valor militare - Giovanni Farina (1901–1942), fu utilizzato nella Seconda guerra mondiale come campo di protezione e decentramento per i bombardieri basati sul campo di Elmas.
M-346, dalla Russia alla Nato: soltanto due anni dopo la dissoluzione dell'Urss, era il 1993, l'Aermacchi (oggi Leonardo divisione velivoli), strinse un accordo di collaborazione con la russa Yakovlev per il nuovo addestratore in fase di sviluppo.
Lo speciale contiene quattro articoli.
La frase sul quadro appeso all’ingresso della palazzina adibita ai servizi spiega che cosa si fa in questa base dell’Aeronautica Militare: «Dove gli aviatori del mondo libero si addestrano per mantenere la pace». Siamo a Decimannu, quindici chilometri a nord di Cagliari, in quello che un tempo era noto come il Reparto sperimentale e di standardizzazione tiro aereo (Rssta). In poche parole il luogo dove i piloti italiani e quelli della Nato imparavano, e ancora oggi imparano, a sparare dagli aeroplani. Il centro si chiama Rssta dal primo luglio 1970, ma dal maggio scorso la stessa base, ma presso un edificio completamente nuovo, ospita anche la sede della Ifts (International Flight Training School), un campus nella cui organizzazione è stato schierato il 212° Gruppo volo del 61° Stormo di Galatina (Lecce), che svolge l’addestramento per i nostri piloti e per quelli di sempre più nazioni, poiché sono ormai una decina i Paesi che hanno scelto Ifts: Qatar, Giappone, Germania, Singapore, Austria, Canada, Arabia Saudita, Regno Unito, ad occupare i prossimi due anni di attività. Funziona così: Ifts, 130.000 metri quadrati all'interno della base, è una scuola militare che «fa sistema» con Leonardo, costruttore dei velivoli utilizzati, appunto gli M-346A e fornitore, mediante la società Ajt, una joint-venture costituita insieme con la multinazionale Cae, dei simulatori presenti nell'edificio chiamato Gbts (Ground Based Training System), ma anche del personale tecnico e degli istruttori a contratto. In tutto circa 300 persone. Leonardo gioca quindi anche il ruolo di «fattore abilitante», poiché occupandosi di vendite dei velivoli militari definite «g2g», che significa da governo a governo, può quindi accogliere e indirizzare presso Ifts anche le richieste per l’addestramento dei piloti che provengono da altre nazioni.
Dall’ingresso dell’aeroporto Giovanni Farina, sede della base, in un paio di minuti di automobile si raggiunge una vera e propria cittadella dell’addestramento nella quale, oltre alla palazzina Ifts, c’è un residence con camere, sale comuni e ogni servizio necessario per la permanenza dei militari che trascorro qui qualche mese per completare il loro percorso formativo. Bisogna infatti ricordare che il 61° Stormo di Galatina ricomprende anche il 213° e 214° Gruppo volo perché svolge la funzione addestrativa sotto il Comando Generale delle scuole dell'Aeronautica Militare per la Fase 2 (che individua su quale linea voleranno i neo piloti, se caccia, trasporto, elicotteri, droni), e per la Fase 3 (linea caccia). Il 212° Gruppo volo è quindi quello specializzato nella Fase 4 che opera con gli M-346 per portare i piloti a poter essere successivamente assegnati a Eurofighter o a F-35, comunque preparandoli per i caccia di quinta generazione. Una realtà che a parte Stati Uniti (con l’Euro-Nato Jet Joint Pilot Training di Sheppard, Texas, dove anche l’Italia invia i propri ufficiali piloti), e la Francia (con la scuola dell’Armée de l’Air), non possiede alcuna altra nazione occidentale. Con in più una caratteristica unica dello Ifts: la possibilità di simulare sia in volo sia a terra velivoli amici e nemici, ma anche bersagli, potendo far interagire l’allievo che siede nel simulatore con quello per aria e viceversa, grazie al fatto che tutti i 22 velivoli M-346A della flotta Ifts sono equipaggiati con un sistema elettronico dedicato a questa funzione che si chiama Aacmi (Autonomous Air Combat Manoeuvering Instrumentation). A questi si aggiungono anche 6 velivoli identici appartenenti alle forze aeree del Qatar e l'intera flotta si prevede possa totalizzare circa 8.000 ore di volo l'anno.
Il club degli «8G»
Otto G, otto volte la forza di gravità, l’accelerazione che subiscono e che devono dimostrare di saper gestire i piloti che vogliono superare il corso Ifts, ovvero i carichi ai quali il proprio fisico viene sottoposto. Un valore che, seppur mitigato dall’effetto della tuta anti-G, non tutti i piloti sono in grado di sopportare. Ci vogliono infatti, tecnica, forma e allenamento fisico. Ma è essenziale per poter svolgere il corso come l'accertare il livello di preparazione di ogni singolo allievo, che seppure arrivi già con il titolo di pilota militare, a seconda delle caratteristiche personali e del Paese di provenienza avrà capacità differenti, anche dettate dal tipo di velivolo sul quale è stato formato. Per esempio, in talune nazioni volano su velivoli turboelica e per questo hanno la necessità di imparare e abituarsi a quelli a getto. Ecco perché durante il primo mese di addestramento vengono verificati i pre-requisiti necessari, valutato il grado di preparazione sulle tecniche basiche che un pilota militare deve possedere (volo in formazione, strumentale, padronanza della lingua inglese, eccetera), per poi passare successivamente alle tecniche di combattimento uno contro uno, due contro uno, di attacco al suolo e altro ancora, venendo quindi anche sottoposti alla centrifuga che, appunto, li sottopone all'accelerazione di 8G. Il programma si sviluppa in 16 missioni di volo e 18 sessioni su simulatori di tre tipologie differenti perché progettati con scopi addestrativi diversi, terminato il quale, dopo un esame, viene rilasciato il certificato che attesta il superamento del corso, una sorta di «timbro di qualità» sul possesso dei requisiti previsti dalla «fase 4» del percorso di formazione. Gli istruttori sono dell'Aeronautica Militare ma possono anche essere dei civili, anche se è richiesto anche un background militare recente; la dottrina e il syllabus usati nel corso sono quelli della nostra Arma azzurra, così tra combattimenti aria-aria e aria-suolo, uso di bombe balistiche e a guida di precisione, tattiche e strategie di volo, gli allievi devono raggiungere il livello di preparazione richiesto, tutt'altro che scontato. C'è infatti un 3% circa dei 60 allievi di ogni corso che non raggiunge il livello richiesto. Non significa che la sua carriera sia finita, ma che probabilmente dovrà migliorare nella parte carente dell'addestramento. Nel momento in cui ogni allievo lascia la Ifts, viene inviato alla forza armata di appartenenza un fascicolo personale che riassume le valutazioni e le caratteristiche del pilota. Si ringrazia il personale Quinto Reparto AM, del 61° Stormo e il Tenente colonnello pilota Ivo F. per la preziosa collaborazione.
Come funziona il simulatore Sbt
Dagli aerei in legno a quelli digitali, la storia della base di Decimomannu
Inaugurato nel 1939, l'aeroporto oggi intitolato al pilota - medaglia d'oro al valor militare - Giovanni Farina (1901–1942), fu utilizzato nella Seconda guerra mondiale come campo di protezione e decentramento per i bombardieri basati sul campo di Elmas, nonché per le sortite sul Mediterraneo occidentale. Da Decimomannu decollarono i Siai-Marchetti 79 del 32° Stormo della Regia Aeronautica, quindi i velivoli aerosiluranti del 36° Stormo, ma dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il campo passò sotto il controllo americano e fu utilizzato per consentire le sortite aeree per la liberazione della Penisola. Gli alleati ne riconobbero la posizione strategica e la vicinanza con aree scarsamente abitate che le rendevano idonee a essere impiegate come poligoni di tiro, così nel 1954 la base prese la configurazione attuale, creata secondo gli standard Nato, per essere utilizzata come centro di addestramento del Comando Forze Alleate del Mediterraneo, e il 15 febbraio di quell'anno vi si costituì l'unità di addestramento al tiro aereo della Royal Canadian Air Force. Due anni dopo l'accordo tra Italia, Canada e Germania portò alla costituzione della Air Weapons Training Installation e nel 1960 iniziarono anche le operazioni di formazione dei piloti della Luftwaffe e della Marina tedesca, un sodalizio, questo, che durò fino al 2016. Dal primo luglio 1970 e fino a quella data, l'aeroporto assunse l'attuale denominazione di Reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo (Rssta), accogliendo anche personale e mezzi degli Stati Uniti e in seguito della Royal Air Force inglese. Dopo la fine della Guerra fredda le mutate esigenze strategiche portarono a una riduzione delle rappresentanze internazionali presenti, fino a ricomprendere soltanto Italia e Germania. La pista dell'aeroporto ha una lunghezza di 2.990 metri in grado di consentire anche l'atterraggio di grandi velivoli, la base ospita anche un Servizio radar, la sezione meteorologica e la base dell'80° Combat Search and Rescue (Ricerca e salvataggio) che fa capo al 15° Stormo, la 4° Sezione Elicotteri della Guardia Costiera e altri gruppi tecnici e logistici delle Forze armate. Dall'11 maggio 2023 è quindi sede dello Ifts.
M-346, dalla Russia alla Nato
Soltanto due anni dopo la dissoluzione dell'Urss, era il 1993, l'Aermacchi (oggi Leonardo divisione velivoli), strinse un accordo di collaborazione con la russa Yakovlev per il nuovo addestratore in fase di sviluppo. Tre anni più tardi, con il nome di Yak130, l'aeroplano cominciò i voli e nel 1997 fu valutato dall'Italia come possibile sostituto dell'Aermacchi MB-339, allora in servizio già da 18 anni e ancora del tutto analogico nei suoi sistemi principali. Emersero tuttavia divergenze tra i piani industriali delle due nazioni, le quali dopo una trattativa lunga proseguirono in modo indipendente lo sviluppo, e questo portò a ribattezzare lo Aem-130, designazione provvisoria italiana, in M-346. Ma anche a modificarlo profondamente adottando esclusivamente componenti ed equipaggiamenti di costruzione occidentale, portandolo in volo per la prima volta nel luglio 2004, per poi completare il primo volo supersonico il 18 dicembre dello stesso anno. Battezzato «Master», lo M-346 è dotato di due sistemi idraulici indipendenti, di un sistema di bordo per la generazione di ossigeno e di un software di controllo dei comandi di volo (fly by wire) che consente di programmare i limiti delle accelerazioni «G» e quindi può simulare diversi tipi di missioni e di aeromobili. Incluso un sistema automatico per il ritorno al volo orizzontale (Pars, da Pilot Activated Recovery System) al quale il pilota può ricorrere in caso di disorientamento spaziale (non si sa più la propria posizione in relazione all'orizzonte) o di perdita di controllo. Un'altra caratteristica sono i comandi «Hands on Throttle and Stick» (Hotas), ovvero il pilota controlla aeroplano e sistemi di combattimento senza staccare le mani dalla barra e dalla manetta. La strumentazione è completamente digitale e modulare, può essere configurata secondo i tipi di missione da svolgere ed integra lo «Embedded Tactical Training System, Etts», che permette di consente di simulare virtualmente la presenza nel cielo di velivoli alleati e nemici, operando anche mediante un collegamento (datalink) con stazioni a terra, inclusi i simulatori sia con altri aeroplani in volo. Oltre che in Italia, è stato esportato alle forze armate di Grecia, Israele, Qatar, Nigeria, Polonia, Singapore e Turkmenistan. Lungo 11,49 metri e con un'apertura alare di 9,72, viene spinto da una coppia di turbofan Honeywell F124-GA-200 da 2,8 tonnellate di spinta ciascuna, ha un peso massimo al decollo di 10,2 tonnellate, quindi dispone di un rapporto peso-potenza favorevole e, in configurazione senza carichi esterni, sale a oltre cento metri al secondo, volando per 1.890 km con una velocità massima in quota di 1250 km/h, ovvero Mach 1.
Al decollo stacca il ruotino anteriore a 120 kts (222 km/h), mentre all'atterraggio si presenta intorno a 130 kts (240 km/h). Nella variante da combattimento (M-346FA, da Fighter/Attack) può impiegare i missili a guida infrarossa Aim-9, bombe a caduta libera Mk-82 o a guida laser Lizard 2, ma anche altri tipi di armamenti.
Siamo andati in Sardegna nella base di Decimomannu, che dallo scorso maggio ospita anche la sede della Ifts (International Flight Training School): un campus nella cui organizzazione è stato schierato il 212° Gruppo volo del 61° Stormo di Galatina, che addestra i nostri piloti e quelli di molte altre nazioni: Qatar, Giappone, Germania, Singapore, Austria, Canada, Arabia Saudita, Regno Unito.Il club degli «8G»: otto G, otto volte la forza di gravità, l’accelerazione che subiscono e che devono dimostrare di saper gestire i piloti che vogliono superare il corso Ifts, ovvero i carichi ai quali il proprio fisico viene sottoposto.Dagli aerei in legno a quelli digitali, la storia della base di Decimomannu: inaugurato nel 1939, l'aeroporto oggi intitolato al pilota - medaglia d'oro al valor militare - Giovanni Farina (1901–1942), fu utilizzato nella Seconda guerra mondiale come campo di protezione e decentramento per i bombardieri basati sul campo di Elmas.M-346, dalla Russia alla Nato: soltanto due anni dopo la dissoluzione dell'Urss, era il 1993, l'Aermacchi (oggi Leonardo divisione velivoli), strinse un accordo di collaborazione con la russa Yakovlev per il nuovo addestratore in fase di sviluppo.Lo speciale contiene quattro articoli.La frase sul quadro appeso all’ingresso della palazzina adibita ai servizi spiega che cosa si fa in questa base dell’Aeronautica Militare: «Dove gli aviatori del mondo libero si addestrano per mantenere la pace». Siamo a Decimannu, quindici chilometri a nord di Cagliari, in quello che un tempo era noto come il Reparto sperimentale e di standardizzazione tiro aereo (Rssta). In poche parole il luogo dove i piloti italiani e quelli della Nato imparavano, e ancora oggi imparano, a sparare dagli aeroplani. Il centro si chiama Rssta dal primo luglio 1970, ma dal maggio scorso la stessa base, ma presso un edificio completamente nuovo, ospita anche la sede della Ifts (International Flight Training School), un campus nella cui organizzazione è stato schierato il 212° Gruppo volo del 61° Stormo di Galatina (Lecce), che svolge l’addestramento per i nostri piloti e per quelli di sempre più nazioni, poiché sono ormai una decina i Paesi che hanno scelto Ifts: Qatar, Giappone, Germania, Singapore, Austria, Canada, Arabia Saudita, Regno Unito, ad occupare i prossimi due anni di attività. Funziona così: Ifts, 130.000 metri quadrati all'interno della base, è una scuola militare che «fa sistema» con Leonardo, costruttore dei velivoli utilizzati, appunto gli M-346A e fornitore, mediante la società Ajt, una joint-venture costituita insieme con la multinazionale Cae, dei simulatori presenti nell'edificio chiamato Gbts (Ground Based Training System), ma anche del personale tecnico e degli istruttori a contratto. In tutto circa 300 persone. Leonardo gioca quindi anche il ruolo di «fattore abilitante», poiché occupandosi di vendite dei velivoli militari definite «g2g», che significa da governo a governo, può quindi accogliere e indirizzare presso Ifts anche le richieste per l’addestramento dei piloti che provengono da altre nazioni.Dall’ingresso dell’aeroporto Giovanni Farina, sede della base, in un paio di minuti di automobile si raggiunge una vera e propria cittadella dell’addestramento nella quale, oltre alla palazzina Ifts, c’è un residence con camere, sale comuni e ogni servizio necessario per la permanenza dei militari che trascorro qui qualche mese per completare il loro percorso formativo. Bisogna infatti ricordare che il 61° Stormo di Galatina ricomprende anche il 213° e 214° Gruppo volo perché svolge la funzione addestrativa sotto il Comando Generale delle scuole dell'Aeronautica Militare per la Fase 2 (che individua su quale linea voleranno i neo piloti, se caccia, trasporto, elicotteri, droni), e per la Fase 3 (linea caccia). Il 212° Gruppo volo è quindi quello specializzato nella Fase 4 che opera con gli M-346 per portare i piloti a poter essere successivamente assegnati a Eurofighter o a F-35, comunque preparandoli per i caccia di quinta generazione. Una realtà che a parte Stati Uniti (con l’Euro-Nato Jet Joint Pilot Training di Sheppard, Texas, dove anche l’Italia invia i propri ufficiali piloti), e la Francia (con la scuola dell’Armée de l’Air), non possiede alcuna altra nazione occidentale. Con in più una caratteristica unica dello Ifts: la possibilità di simulare sia in volo sia a terra velivoli amici e nemici, ma anche bersagli, potendo far interagire l’allievo che siede nel simulatore con quello per aria e viceversa, grazie al fatto che tutti i 22 velivoli M-346A della flotta Ifts sono equipaggiati con un sistema elettronico dedicato a questa funzione che si chiama Aacmi (Autonomous Air Combat Manoeuvering Instrumentation). 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Ma è essenziale per poter svolgere il corso come l'accertare il livello di preparazione di ogni singolo allievo, che seppure arrivi già con il titolo di pilota militare, a seconda delle caratteristiche personali e del Paese di provenienza avrà capacità differenti, anche dettate dal tipo di velivolo sul quale è stato formato. Per esempio, in talune nazioni volano su velivoli turboelica e per questo hanno la necessità di imparare e abituarsi a quelli a getto. Ecco perché durante il primo mese di addestramento vengono verificati i pre-requisiti necessari, valutato il grado di preparazione sulle tecniche basiche che un pilota militare deve possedere (volo in formazione, strumentale, padronanza della lingua inglese, eccetera), per poi passare successivamente alle tecniche di combattimento uno contro uno, due contro uno, di attacco al suolo e altro ancora, venendo quindi anche sottoposti alla centrifuga che, appunto, li sottopone all'accelerazione di 8G. Il programma si sviluppa in 16 missioni di volo e 18 sessioni su simulatori di tre tipologie differenti perché progettati con scopi addestrativi diversi, terminato il quale, dopo un esame, viene rilasciato il certificato che attesta il superamento del corso, una sorta di «timbro di qualità» sul possesso dei requisiti previsti dalla «fase 4» del percorso di formazione. Gli istruttori sono dell'Aeronautica Militare ma possono anche essere dei civili, anche se è richiesto anche un background militare recente; la dottrina e il syllabus usati nel corso sono quelli della nostra Arma azzurra, così tra combattimenti aria-aria e aria-suolo, uso di bombe balistiche e a guida di precisione, tattiche e strategie di volo, gli allievi devono raggiungere il livello di preparazione richiesto, tutt'altro che scontato. C'è infatti un 3% circa dei 60 allievi di ogni corso che non raggiunge il livello richiesto. Non significa che la sua carriera sia finita, ma che probabilmente dovrà migliorare nella parte carente dell'addestramento. Nel momento in cui ogni allievo lascia la Ifts, viene inviato alla forza armata di appartenenza un fascicolo personale che riassume le valutazioni e le caratteristiche del pilota. 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Da Decimomannu decollarono i Siai-Marchetti 79 del 32° Stormo della Regia Aeronautica, quindi i velivoli aerosiluranti del 36° Stormo, ma dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 il campo passò sotto il controllo americano e fu utilizzato per consentire le sortite aeree per la liberazione della Penisola. Gli alleati ne riconobbero la posizione strategica e la vicinanza con aree scarsamente abitate che le rendevano idonee a essere impiegate come poligoni di tiro, così nel 1954 la base prese la configurazione attuale, creata secondo gli standard Nato, per essere utilizzata come centro di addestramento del Comando Forze Alleate del Mediterraneo, e il 15 febbraio di quell'anno vi si costituì l'unità di addestramento al tiro aereo della Royal Canadian Air Force. Due anni dopo l'accordo tra Italia, Canada e Germania portò alla costituzione della Air Weapons Training Installation e nel 1960 iniziarono anche le operazioni di formazione dei piloti della Luftwaffe e della Marina tedesca, un sodalizio, questo, che durò fino al 2016. Dal primo luglio 1970 e fino a quella data, l'aeroporto assunse l'attuale denominazione di Reparto sperimentale e di standardizzazione al tiro aereo (Rssta), accogliendo anche personale e mezzi degli Stati Uniti e in seguito della Royal Air Force inglese. Dopo la fine della Guerra fredda le mutate esigenze strategiche portarono a una riduzione delle rappresentanze internazionali presenti, fino a ricomprendere soltanto Italia e Germania. La pista dell'aeroporto ha una lunghezza di 2.990 metri in grado di consentire anche l'atterraggio di grandi velivoli, la base ospita anche un Servizio radar, la sezione meteorologica e la base dell'80° Combat Search and Rescue (Ricerca e salvataggio) che fa capo al 15° Stormo, la 4° Sezione Elicotteri della Guardia Costiera e altri gruppi tecnici e logistici delle Forze armate. Dall'11 maggio 2023 è quindi sede dello Ifts. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="True" data-href="https://www.laverita.info/ifts-decimomannu-scuola-piloti-2666426062.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="m-346-dalla-russia-alla-nato" data-post-id="2666426062" data-published-at="1701627785" data-use-pagination="False"> M-346, dalla Russia alla Nato Soltanto due anni dopo la dissoluzione dell'Urss, era il 1993, l'Aermacchi (oggi Leonardo divisione velivoli), strinse un accordo di collaborazione con la russa Yakovlev per il nuovo addestratore in fase di sviluppo. Tre anni più tardi, con il nome di Yak130, l'aeroplano cominciò i voli e nel 1997 fu valutato dall'Italia come possibile sostituto dell'Aermacchi MB-339, allora in servizio già da 18 anni e ancora del tutto analogico nei suoi sistemi principali. Emersero tuttavia divergenze tra i piani industriali delle due nazioni, le quali dopo una trattativa lunga proseguirono in modo indipendente lo sviluppo, e questo portò a ribattezzare lo Aem-130, designazione provvisoria italiana, in M-346. Ma anche a modificarlo profondamente adottando esclusivamente componenti ed equipaggiamenti di costruzione occidentale, portandolo in volo per la prima volta nel luglio 2004, per poi completare il primo volo supersonico il 18 dicembre dello stesso anno. Battezzato «Master», lo M-346 è dotato di due sistemi idraulici indipendenti, di un sistema di bordo per la generazione di ossigeno e di un software di controllo dei comandi di volo (fly by wire) che consente di programmare i limiti delle accelerazioni «G» e quindi può simulare diversi tipi di missioni e di aeromobili. Incluso un sistema automatico per il ritorno al volo orizzontale (Pars, da Pilot Activated Recovery System) al quale il pilota può ricorrere in caso di disorientamento spaziale (non si sa più la propria posizione in relazione all'orizzonte) o di perdita di controllo. Un'altra caratteristica sono i comandi «Hands on Throttle and Stick» (Hotas), ovvero il pilota controlla aeroplano e sistemi di combattimento senza staccare le mani dalla barra e dalla manetta. La strumentazione è completamente digitale e modulare, può essere configurata secondo i tipi di missione da svolgere ed integra lo «Embedded Tactical Training System, Etts», che permette di consente di simulare virtualmente la presenza nel cielo di velivoli alleati e nemici, operando anche mediante un collegamento (datalink) con stazioni a terra, inclusi i simulatori sia con altri aeroplani in volo. Oltre che in Italia, è stato esportato alle forze armate di Grecia, Israele, Qatar, Nigeria, Polonia, Singapore e Turkmenistan. Lungo 11,49 metri e con un'apertura alare di 9,72, viene spinto da una coppia di turbofan Honeywell F124-GA-200 da 2,8 tonnellate di spinta ciascuna, ha un peso massimo al decollo di 10,2 tonnellate, quindi dispone di un rapporto peso-potenza favorevole e, in configurazione senza carichi esterni, sale a oltre cento metri al secondo, volando per 1.890 km con una velocità massima in quota di 1250 km/h, ovvero Mach 1.Al decollo stacca il ruotino anteriore a 120 kts (222 km/h), mentre all'atterraggio si presenta intorno a 130 kts (240 km/h). Nella variante da combattimento (M-346FA, da Fighter/Attack) può impiegare i missili a guida infrarossa Aim-9, bombe a caduta libera Mk-82 o a guida laser Lizard 2, ma anche altri tipi di armamenti.
Tiziano Renzi (Ansa). Nel riquadro, Luigi Dagostino
Luigi Dagostino, «re degli outlet», è accusato di bancarotta fraudolenta per il dissesto della Mall re invest.
Va a processo il «re degli outlet». È stato rinviato a giudizio l’imprenditore pugliese Luigi Dagostino, che è stato anche socio in affari di Tiziano Renzi, il papà dell’ex presidente del Consiglio Matteo. Dagostino è indagato per bancarotta fraudolenta ed è accusato di aver causato il dissesto della società Mall re invest. Secondo l’accusa, l’ex socio di Renzi senior ha sperperato oltre tre milioni di euro quando ricoprì il ruolo di amministratore unico della società dal 2014 e, poi, quando nel 2017 fu nominato liquidatore.
Le indagini della Procura hanno cercato di fare chiarezza a partire dal 2022, quando il tribunale dichiarò il fallimento della società. Gli inquirenti, infatti, hanno scoperto che, ben cinque anni prima della dichiarazione di fallimento, la società era già in «liquidazione volontaria». La Procura ha acceso i riflettori su alcune operazioni che avrebbero portato al dissesto della Mall re invest. Tra queste anche quella che avrebbe portato a «utilizzare» circa 41.000 euro «come pagamento a un fornitore non identificato».
Sotto la lente degli investigatori è finito inoltre un versamento di 226.000 euro emesso però per «operazioni inesistenti» che sarebbe stato effettuato da un’impresa ma per lavori mai fatti. Secondo l’accusa, la Mall re invest ha versato oltre 750.000 euro a un’altra società, la Dil invest, amministrata da Dagostino, in cambio di «una fattura falsa o parzialmente falsa, in quanto indicava una cifra per eccesso per un’attività di intermediazione».
Il dibattimento prenderà il via il prossimo marzo. I guai giudiziari per «il re degli outlet» non sembrano finire mai. Infatti, Dagostino lo scorso luglio era stato già condannato per «dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture false». Era l’inchiesta in cui erano indagati gli stessi genitori di Matteo Renzi, che furono però assolti. Lo scorso luglio la Corte di Appello di Firenze ha condannato l’imprenditore «amico dei Renzi» perché «le fatture erano oggettivamente false». Per l’accusa, in questa vicenda Dagostino aveva indotto in errore il nuovo amministratore della società Tramor perché - sempre secondo le indagini - gli fece utilizzare «documenti falsi». Per i pm, le fatture erano taroccate e non supportate da altra documentazione. Si trattava di «una strategia» ben architettata per mettere in atto la frode. Ma Tiziano Renzi e la moglie Laura Bovoli sono stati assolti in secondo grado perché «il fatto non costituisce reato», assoluzione che era stata confermata poi anche in Cassazione. Però, a leggere la sentenza dello scorso luglio che condannava Dagostino, per i giudici non c’erano dubbi che ci fosse un collegamento tra le due società che erano riconducibili ai genitori di Matteo Renzi.
Quelle società, sempre secondo i giudici, avrebbero emesso fatture false «grazie» a un accordo proprio con il «re degli outlet». Chi avrebbe emesso quelle fatture è stato assolto. Dagostino avrebbe fatto usare quelle fatture false ed è stato condannato. Questo dicono le sentenze. Ma ora l’imprenditore pugliese ha altri guai giudiziari a cui pensare.
Il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, risponde al Maestro Riccardo Muti e si impegna a lavorare con il ministero degli Esteri per avviare contatti ai più alti livelli con la Francia per riportare a Firenze le spoglie del grande compositore Cherubini.
Taxi, consulenze, personale: le società della Regione sforano ancora i limiti di budget.
A giugno scorso la Corte dei Conti era stata chiara: in Puglia le centinaia di società partecipate e controllate che hanno come principali azionisti gli enti pubblici pugliesi hanno costi e perdite molto pesanti. Nel resoconto era scritto che migliorava il costo del lavoro, ma cresceva in maniera impressionante il livello dei debiti che aveva superato i due miliardi di euro, e così la Regione governata da Michele Emiliano doveva pensare a un piano di risparmio, soprattutto su voci come noleggio auto, taxi e consulenze.
Fino ad oggi, però, nessun risultato. Forse la comunicazione non è stata così «forte» come fu la lettera che proprio l’allora governatore dem inviò a tutti i dirigenti e dipendenti della Regione, delle sue agenzie e società partecipate, invitandoli a interrompere i rapporti con il governo di Netanyahu «a causa del genocidio di inermi palestinesi e con tutti quei soggetti ad esso riconducibili che non siano apertamente e dichiaratamente motivati dalla volontà di organizzare iniziative per far cessare il massacro nella Striscia di Gaza».
Ora, dopo l’addio di Emiliano e l’arrivo del neo governatore Antonio Decaro, gli sprechi non sarebbero stati eliminati dalle sette società nel mirino, parzialmente o interamente controllate dalla Regione Puglia: Acquedotto spa, InnovaPuglia, Aeroporti di Puglia, Puglia valore immobiliare, Terme di Santa Cesarea, Puglia sviluppo e Aseco. Infatti, secondo il report approdato in giunta regionale nel corso dell’ultima seduta, è stato evidenziato che non c’è stata riduzione di spesa di funzionamento in nessuna di queste, anzi in tre hanno addirittura superato i limiti per consulenze (Puglia sviluppo, Acquedotto e Terme di Santa Cesarea), mentre il dato peggiore è sulle spese di acquisto, manutenzione, noleggio delle auto o di acquisto di buoni taxi. Quattro società non hanno comunicato alcun dato, mentre Aeroporti ha certificato lo sforamento. Nel dettaglio, Acquedotto pugliese, anziché contenere le spese di funzionamento, le ha incrementate di 17 milioni di euro rispetto al 2024. La giustificazione? Il maggior costo del personale «riconducibile al rinnovo del contratto collettivo nazionale», ma pure «l’incremento delle risorse in forza alla società, spese legali, assicurazioni, convegni, pubblicità e marketing, buoni pasto, costi postali non ribaltabili all’utenza nell’ambito della tariffa del Servizio idrico integrato».
Per quanto riguarda le consulenze, invece, Aqp sostiene che, essendo entrati i Comuni nell’assetto societario, nella fase di trasformazione sono stati necessari 639.000 euro per le consulenze.
Aeroporti di Puglia attribuisce l’aumento di spese all’organizzazione del G7, anche se l’incremento dell’8,44%, secondo la società, «è comunque inferiore all’aumento del traffico registrato nel 2024 rispetto al 2023 (+10,51%) e quindi dei ricavi. Spese superate, alla faccia del risparmio, anche per auto e taxi: 120.000 euro in più. Costi lievitati anche per InnovaPuglia, la controllata che si occupa di programmazione strategica a sostegno dell’innovazione: 12 milioni di euro nel 2024 a fronte dei 7 milioni del 2023, passando, in termini percentuali sul valore della produzione, dal 18,21% al 43,68%. Di Aseco, la società in house controllata da Aqp e Ager che si occupa di smaltimento di fanghi e frazione organica dei rifiuti urbani, non si hanno dati aggiornati al punto che è stata sollecitata dalla stessa Regione a comunicarli.
Insomma, secondo la Regione, se aumentano i costi vanno ridotti i servizi poiché il Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica prevede quella di contenere le spese di funzionamento individuando specifici obiettivi di spesa come quelli per il personale e quelli per consulenze, studi e ricerche. E la stessa Regione, che ha potere di vigilanza e di controllo, dove accerta «il mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi di contenimento della spesa» può «revocare gli incarichi degli organi di direzione, amministrazione e controllo nominati nelle società». La palla passa a Decaro.