2022-11-27
«La Consulta bocci l’obbligo vaccinale. C’è in gioco la libertà terapeutica»
Nel riquadro il giurista Carlo Iannello (Imagoeconomica)
Il giurista Carlo Iannello: «Mercoledì i giudici esamineranno l’ordinanza siciliana, secondo cui le iniezioni sono un beneficio per la società perché riducono i ricoveri. Con questa logica, però, diviene lecito imporre qualsiasi farmaco».Il 30 novembre, la Consulta si pronuncerà sulla costituzionalità della norma sull’obbligo di vaccinazione anti Covid. Tra le varie ordinanze di remissione - almeno 14 - spicca quella del Consiglio di giustizia amministrativa siciliano (Cga). Che, ci spiega Carlo Iannello, costituzionalista dell’Università Vanvitelli della Campania, «ha avuto certamente il merito di infrangere un orientamento granitico di rigetto di ogni questione di costituzionalità». Ma che nasconde anche un’insidia.Professore, ci spieghi.«Quest’ordinanza pone questioni molto serie, con riferimento alla sicurezza individuale dei vaccini anti Covid e, quindi, ai loro effetti avversi. È la premessa del ragionamento a preoccupare». Perché?«Il Cga riconosce “empiricamente” che i vaccini per il Sars-Cov-2 utilizzati in Italia non proteggono né dal contagio né dalla trasmissione del virus. Nonostante ciò, ritiene integrato il requisito del beneficio per la collettività, che la giurisprudenza costituzionale, amministrativa e della Corte europea dei diritti dell’uomo ha sempre individuato nel raggiungimento dell’immunità di gregge, quindi nel blocco del contagio».Che però, in questo caso, non è garantito.«Ecco. Ma il Cga osserva che, poiché il vaccino è in grado di difendere dalle forme gravi della malattia, esso riduce conseguentemente i ricoveri e la pressione sugli ospedali».E questa tesi la trova preoccupante?«Sì, perché altera la ratio liberaldemocratica e costituzionale dell’obbligo vaccinale».Addirittura?«Portando questa posizione alle sue logiche conseguenze, si dovrebbe concludere che ogni farmaco, che per essere approvato deve dimostrare di curare una patologia, potrebbe essere imposto come obbligatorio. Difatti, se correttamente utilizzato, ogni farmaco riduce la pressione sugli ospedali rispetto alla patologia per la quale è indicato».D’accordo, ma converrà che non tutte le patologie rappresentano un’emergenza sanitaria.«L’emergenza è una fattispecie giuridica precisa. La Corte costituzionale si è espressa con una copiosa giurisprudenza sulla questione, sancendo che in un’emergenza si può derogare alle leggi, ma non ai principi generali dell’ordinamento o ai diritti fondamentali. In ogni caso, l’emergenza non può essere mai contraria al buon senso».Che intende?«La razionalità liberaldemocratica dell’obbligo vaccinale si fonda sul principio di solidarietà. È per impedirgli di contagiare i fragili, allora, che si può precludere l’accesso a certi luoghi a chi non ottempera a quell’obbligo. Ma che senso ha escludere una persona, quando chi è incluso può infettare?».Se i giudici siciliani reputano soddisfatto il requisito del beneficio pubblico, dove sarebbe il loro dubbio di costituzionalità?«Nella questione degli effetti collaterali, che devono essere lievi e tollerabili. A loro avviso, sia il requisito del beneficio individuale che collettivo sono collegati alla riduzione delle forme gravi della malattia (non ci si ammala e gli ospedali non sono affollati)».Dunque, lei ritiene che seguire questo ragionamento legittimerebbe qualsiasi tipo di trattamento sanitario obbligatorio?«Sarebbe un pendio scivoloso. Si rischierebbe di deviare dalla volontà dei costituenti e dalla lettura corretta dell’articolo 32 della Carta».Sta dicendo che la Costituzione verrebbe di fatto modificata?«Il libro che ho scritto su questo argomento si intitola appunto “L’interpretatio abrogans” dell’articolo 32 della Costituzione. Immagini una situazione di forte disorganizzazione o di pesante sottofinanziamento del Sistema sanitario nazionale; essa potrebbe legittimare l’obbligo di un trattamento sanitario».L’articolo 32 cosa c’entra?«Nell’articolo 32, i padri costituenti posero un limite al potere, cioè un controlimite, che rafforza la libertà. Normalmente, le libertà sono garantite, salvo i limiti posti dalla legge. Solo nell’articolo 32, invece, si specifica che nemmeno la legge può violare la dignità umana». Quindi?«Affermare la costituzionalità dell’obbligo di queste vaccinazioni anti Covid scardinerebbe tale argine invalicabile posto dall’articolo 32 a presidio dell’autodeterminazione alle cure».Il 30 novembre, cosa si troverà dinanzi la Consulta?«Dovrà pronunciarsi su otto ordinanze. La maggior parte di esse non fa riferimento all’articolo 32, bensì agli articoli 3 e 4: diritto al lavoro e ragionevolezza della legge. I dubbi sollevati riguardano le conseguenze derivanti dal mancato adempimento dell’obbligo vaccinale: ad esempio, la sospensione dal lavoro dei sanitari senza retribuzione, o il caso di una psicologa lombarda, alla quale è stata negata la possibilità di esercitare la propria attività da remoto. Solo due ordinanze hanno a che fare con l’articolo 32».Una è quella siciliana. E l’altra?«L’altra è quella del tribunale di Padova. A differenza di quella siciliana, la quale modifica la razionalità classica dell’obbligo vaccinale, incidendo sul presupposto, questa svolge in maniera limpida il ragionamento tradizionale. Parte dalla constatazione che i vaccini anti Covid non bloccano né il contagio né la trasmissione del virus. Quindi, ne deduce che essi non integrano una politica di tutela della salute pubblica e non possono essere imposti. La protezione dalla malattia grave viene ricondotta alla sfera della cura individuale. Che, secondo il nostro ordinamento, non può mai essere obbligatoria». Bisogna augurarsi che passi questa linea?«Diciamo che, accogliendo la nuova razionalità proposta dal Cga, si aprirebbe una porta verso l’ignoto. Non è nell’interesse di nessuno».In sostanza, per lei sarebbe un azzardo costituzionale concentrarsi solo sul problema degli effetti avversi.«A tal proposito, vorrei segnalare una preoccupante sentenza di un giudice di Rovereto, molto simile a quella di un tribunale capitolino, secondo la quale, in un’emergenza, “un evento anche gravissimo come la morte o la grave malattia deve essere considerato normale e tollerabile”».Seriamente?«Capisce perché siamo su un pendio scivoloso? Con un’interpretazione del genere, si ammette il sacrificio individuale nel nome di un beneficio pubblico. Secondo il giudice capitolino, addirittura, la Corte costituzionale “dovrà” rivedere i propri orientamenti sulla questione della tollerabilità delle reazioni avverse. Perciò bisogna difendere quel controlimite, che impedisce la strumentalizzazione dell’individuo per finalità collettive».Prima di lasciare la presidenza della Consulta, Giuliano Amato si è abbandonato a esternazioni sui pericoli del «negare la scienza». Sergio Mattarella, due mesi fa, ha nominato come nuovo giudice costituzionale Marco D’Alberti, già consigliere giuridico di Mario Draghi, cioè del governo che ha scritto la norma sull’obbligo vaccinale. Dobbiamo preoccuparci?«Io sono fiducioso. La Corte costituzionale è l’organo messo a presidio anzitutto del principio personalista, la cui massima espressione è rappresentata proprio dall’articolo 32. Inoltre, i giudici costituzionali svolgono il loro lavoro in scienza e coscienza e hanno una profonda cultura umanistica, prima ancora che giuridica. Da ultimo, vorrei ricordare l’opinione espressa da Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Consulta, in occasione della presentazione del mio libro a Napoli».Sentiamo.«Cito testualmente: “La lettura di Iannello è conservativa e difensiva dell’articolo 32 della Costituzione”. Casavola è stato anche presidente del Comitato nazionale di bioetica».