2022-02-23
I trattamenti per il cambio di sesso diventano «abusi sui minori» in Texas
Lo ha stabilito il procuratore generale Ken Paxton, denunciando i pericoli per i giovani che derivano da bloccanti della pubertà e operazioni chirurgiche. Pratiche che in Italia sono finanziate dallo Stato.«I trattamenti per il “cambio di sesso” dei minori sono degli abusi e, come tali, debbono essere interrotti». Non si può certo dire che nei suoi pronunciamenti Ken Paxton, procuratore generale del Texas, difetti di chiarezza. In effetti, le 13 pagine del suo parere emesso lunedì - atto che non ha forza di legge, ma comunque interpretativo della normativa vigente - si leggono tutte d’un fiato e suonano come una netta condanna delle istanze Lgbt.La vicenda ha avuto origine da un’istanza del rappresentante statale Matt Krause, che chiedeva lumi sulla questione ed ha visto Paxton - il cui nome è balzato all’onore delle cronache anche recentemente per la causa a Facebook per il riconoscimento facciale, ritenuto lesivo della privacy - prendere una posizione molto dura. Che si sostanzia nell’accostamento ad «abusi» di tutte le procedure per il «cambio di sesso» dei minori: dalla somministrazione dei bloccanti della pubertà alla castrazione fino alla realizzazione chirurgica, attraverso i tessuti di altre parti del corpo, di peni e vagine. Il procuratore texano ha richiamato l’attenzione in particolare sul principale effetto dei poc’anzi citati trattamenti, che è la sterilizzazione di giovani che sperimentano un disagio e il cui consenso informato sarebbe, come tale, da prendere con grande cautela. «La sterilizzazione di minori e altre popolazioni vulnerabili senza un chiaro consenso», ha argomentato Paxton, «non è un fenomeno nuovo e ha storia inquietante. Storicamente attuate contro le minoranze, le procedure di sterilizzazione hanno danneggiato molte popolazioni vulnerabili, come afroamericani, minorenni, disabili ed altri». «Non c’è dubbio che queste procedure siano abusi ai sensi della legge del Texas, e quindi devono essere interrotte», ha concluso il procuratore richiamando la sezione 261.001 del codice della famiglia. Il pronunciamento sta suscitando parecchio clamore dato che, come ha sottolineato il Dallas morning news, l’approccio «affermativo» alla disforia di genere, quindi favorevole agli interventi di riassegnazione sessuale, è oggi appoggiato dalle principali sigle sanitarie del Paese, come l’American medical association, l’American psychiatric association e l’American academy of pediatrics.Al tempo stesso, non si può però considerare l’opinione resa da Paxton come un fulmine a ciel sereno. Basti pensare a quanto accaduto la scorsa estate quando, corrispondendo a una richiesta avanzata sul punto dal governatore Greg Abbott, il Texas department of family and protective services aveva già qualificato come «un abuso» sui minori «la mutilazione genitale di un bambino attraverso un intervento chirurgico di riassegnazione». L’idea che tutto ciò che comporti la sterilizzazione di un giovane affetto da disforia di genere debba esser preso con le molle non è dunque nuova in Texas; ma simili dubbi, si badi, non albergano solo in alcune istituzioni americane. Prova sia la decisione della Svezia che, nel maggio dello scorso anno, ha scelto di dire stop ai bloccanti della pubertà ai minori di 16 anni. Una svolta formalizzata in una nota del Karolinska hospital che definiva i trattamenti per bloccare lo sviluppo negli adolescenti affetti da disforia di genere come «controversi» in quanto connessi a potenziali «conseguenze avverse estese e irreversibili come malattie cardiovascolari, osteoporosi, infertilità, aumento del rischio di cancro e trombosi». C’è di più.Da ormai qualche anno la letteratura sull’argomento evidenzia come i giovani intenzionati a «cambiare sesso» provengano spesso da contesti problematici. Per esempio, un lavoro australiano uscito sulla rivista Human systems: therapy, culture and attachments, esito di una ricerca su un’ottantina di giovani di ambedue i sessi inviati ad una gender clinic, ha rilevato come costoro - oltre a provenire la maggior parte delle volte da famiglie divise - sperimentano in oltre il 62% dei casi ansia o depressione, in oltre il 40% delle situazioni alti livelli di disagi, ideazione suicidaria e autolesionismo e in oltre il 35% di casi disturbi comportamentali. Insomma, sono giovani con disagi profondi verso i quali, ecco il punto, la medicina sembra spesso avere un approccio ideologico. Quest’ultima deriva, non più tardi di qualche settimana fa, è stata denunciata nientemeno che dall’Economist, che ha segnalato ai suoi lettori che «l’ideologia trans sta distorcendo la formazione dei medici americani» che ormai asseconderebbero «acriticamente e indiscutibilmente» le istanze di «cambio del sesso». Secondo la celebre testata, il problema è che nessun accademico - tanto meno nell’America di Joe Biden, schierato in favore dell’agenda Lgbt fin dalla campagna elettorale - desidera finire nell’occhio del ciclone, al centro di polemiche o a rischio di provvedimenti disciplinari per aver criticato le rivendicazioni arcobaleno. Ecco che allora, nell’emettere il suo parere, Ken Paxton non è impazzito. Ha semplicemente affermato quello che pensano in tanti, ma nessuno osa più dire.